The
Mothers
The Grand Wazoo
(Zappa Records)
Come largamente
noto, la splendida coppia di album – in un certo senso, per i motivi che
andiamo subito a dire, gemelli, anche se non esattamente coincidenti per
ciò che riguarda le loro risultanze estetiche – denominati rispettivamente
Waka/Jawaka e The Grand Wazoo trova il suo punto di partenza in un evento
tutt’altro che lieto. Dicembre 1971, Frank Zappa viene spinto da uno spettatore
salito sul palco del londinese Rainbow Theatre e cade dentro la buca dell’orchestra
(sulle prime ci fu chi lo ritenne morto). Serie fratture, trauma cranico,
danni alla laringe, pausa forzata.
Diamo
un’occhiata alla cronologia discografica del 1972. A marzo viene pubblicato
Just Another Band From L.A., album dal vivo registrato l’anno prima. A
luglio esce Waka/Jawaka, splendido album para-jazzistico quasi interamente
strumentale che per più di un motivo è possibile accostare al molto celebrato
Hot Rats. Quando in novembre appare The Grand Wazoo le cose sono già tornate
alla normalità, concerti effettuati in perdita inclusi. Facendo di necessità
virtù Zappa ha assemblato una formazione gigantesca che gira in settembre,
per poi ripiegare su un più modesto, ma sempre in perdita, tentetto. Il
fortunatissimo pubblico che assiste a questi concerti si trova quindi ad
ascoltare un repertorio in gran parte inedito, e che tale rimarrà per decenni,
bootleg esclusi, fino a che non vedranno la luce gli ottimi album che portano
il nome di Imaginary Diseases e Wazoo.
La prima
facciata di The Grand Wazoo è senz’altro quella più complessa. Qui il linguaggio
compositivo di Zappa raggiunge nuove vette, ben assistito da un suono di
studio nitido – di nuovo i losangelini Paramount, l’ottimo tecnico è ancora
Kerry McNabb – in grado di valorizzare gli arrangiamenti e la fantasiosa
e policroma strumentazione, che schiera fiati e percussioni in quantità.
Com’è logico, la sezione ritmica – Aynsley Dunbar alla batteria e… Erroneous
(all’anagrafe, Alex Dmochowsky) al basso – è la stessa di Waka/Jawaka,
il che consente al nuovo album di sfoggiare composizioni dall’aria jazzistica
ma servite da una ritmica che suona jazzistica… ma non proprio. Ritroviamo
con piacere timbri familiari: il piano elettrico di George Duke, il Mini-Moog
di Don Preston, la chitarra slide di Tony Duran, la tromba di Sal Marquez.
Zappa è ovviamente alla chitarra, e qui ci piace invitare l’ascoltatore
a prestare un po’ di attenzione supplementare all’importante ruolo che
le chitarre (elettriche che diremmo soprattutto semi-acustiche) svolgono
sull’album, con sottofondi e colori inusuali già all’epoca ma che diremmo
ancor più preziosi nell’era del plug-in, quando una certa sciatteria formale
ci ha abituato a soluzioni timbriche non di rado di grana grossa.
L’album
originale si apre con il brano di durata media intitolato For Calvin (And
His Next Two Hitch-Hikers). Apertura nitida con le chitarre in evidenza
ad arpeggiare, poi una delicata melodia vocale – ma prestiamo attenzione
ai timbri strumentali "incongrui" che le fanno da contrappunto
– lascia spazio a un lungo sviluppo orchestrale. Per chi scrive questo
è uno dei punti più alti mai raggiunti dallo Zappa compositore-arrangiatore,
con le percussioni, il trombone, il Mini-Moog, la sezione fiati, e il rullante
di Dunbar a formare un affresco di grande fascino (ed è strano a tratti
avere l’impressione che il brano "galleggi", ché tale è la maestria
di Zappa nel dosare i
"pesi" strumentali).
Segue la
lunga The Grand Wazoo, aperta da un bel solo di Zappa alla semi-acustica
filtrata dal pedale wha-wha. Entrata dei fiati, un tema che rimane impresso
nella memoria, giro rock-blues e un appropriato e nasale assolo di Tony
Duran alla slide. Una parte scritta dalla brusca chiusura lascia il passo
a due splendidi assolo: Bill Byers al trombone e Sal Marquez alla tromba
sordinata. Si noti la differenza di "grammatica" – rotonda e
di matrice essenzialmente Be-Bop quella di Byers, acidula e più "moderna" quella
di Marquez – e il modo in cui lo Zappa arrangiatore fornisce la cornice
strumentale più appropriata a valorizzare l’apporto dei due, con la batteria
di Dunbar più contenuta per Byers e più agile e secca per Marquez. Ripresa
del tema, breve assolo di Mini-Moog – qui Don Preston sembra fare riferimento
a un Hammond à la Jimmy Smith disturbato da problemi di intonazione – spinta
finale dei tromboni, chiusa.
Più
"rock" la seconda facciata, che si apre con la breve, scherzosa,
vocale (qui Zappa fa una riconoscibilissima apparizione) Cletus Awreetus-Awrightus,
arricchita da un breve assolo di piano di George Duke e da un’uscita spumeggiante
di Ernie Watts al tenore, con vivace contrappunto della sezione fiati.
Tanta frenesia
trova immediato refrigerio nell’introduzione di Fender Rhodes di George
Duke a Eat That Question, dalla bella esplorazione tematica svolta con
appropriato senso del "rubato". Esplosivo ingresso della ritmica,
cui fa seguito un assolo di Rhodes a ricordarci che splendido tastierista
è stato George Duke. La spinta impressionante di Dunbar e… Erroneous
porta all’assolo di Zappa all’elettrica con un efficace e musicale uso
dell’eco – e che sapienza in quel contrappunto chitarra/basso-batteria!
Il brano "perde quota", poi Zappa ribadisce il tema, e qui –
del tutto inaspettatamente – entra qualcosa che suona come una banda di
paese, con aria marziale completa di rullante con cordiera.
Appropriatissima
conclusione, Blessed Relief apre con una pigra introduzione per poi esporre
un tema dalla limpida melodia felicemente orchestrata. Assolo di flicorno
di Sal Marquez – si ascolti la lenta e delicata assolvenza del piatto di
Dunbar a introdurre l’assolo – e poi è la volta di Duke, di nuovo al piano
elettrico, con una performance delicata che fa da ponte all’assolo di Zappa,
qui di nuovo alla semi-acustica: ma mentre la sua introduzione a The Grand
Wazoo era scattante e briosa, qui le corde – e il wha-wha – sembrano pervase
da una certa riflessiva malinconia, con l’apparire di quei passaggi di "tarantella
lenta" tanto cari al musicista. Tema, e una coda strumentale arricchita
dai fiati dove sembra che la melodia si dissolva nell’aria.
Un paio
di notazioni sul CD. In maniera difforme dalla versione originale in vinile
e dalla prima edizione in CD, ma come la seconda, anche questa edizione
inverte la posizione del primo e del secondo brano.
A differenza
delle precedenti edizioni in CD, il suono di questa versione dell’album
è a dir poco strepitoso – i nostri più vivi complimenti a Doug Sax e associati,
che hanno curato la nuova masterizzazione. E dobbiamo aggiungere che di
tutti i CD di questa nuova infornata da noi ascoltati questo è l’unico
che suona "uguale all’LP", con solo un pizzico di basso in più.
Giusto per avere la possibilità di riascoltare un vinile che non ascoltavamo
da almeno un quarto di secolo abbiamo tirato fuori la nostra copia italiana
Discreet stampata WEA che sul deadwax porta la seguente indicazione: 15/9/75.
(Per chiudere,
un piccolo aneddoto di nessuna importanza. Avendo acquistato The Grand
Wazoo ancora fresco di stampa nel 1973 – una copia italiana, ci pare di
poter dire stampata dalla Ricordi – fummo colpiti dal modo
"avanguardistico" con cui iniziava il primo brano, con le voci
a metà frase "… Did they go?" e la chitarra a fare "wha-wha-wha-wha".
Fu solo alcuni anni dopo che un amico che aveva acquistato l’album in una
nuova versione ci comunicò che al nostro pezzo mancava un minuto buono!)
Beppe
Colli
© Beppe Colli 2012
CloudsandClocks.net
| Oct. 8, 2012