Colin
Stetson
New History Warfare Vol. 2: Judges
(Constellation)
(Laddove si narra di come che scrive abbia scoperto il miglior
album di rock per solo sassofono degli ultimi sessant’anni grazie al blog
di un noto pianista di jazz, e di tanto altro ancora.)
E’ ragionevole supporre che qualche lettore possa trovare le circostanze concernenti
la nostra tardiva "scoperta" dell’album New History Warfare Vol.
2: Judges, nonché del suo titolare, piuttosto bizzarre. Il fatto è che
la "conoscenza selettiva" che ormai da tempo caratterizza l’armata
scalza di coloro i quali hanno assunto l’immane compito di raccontare le
cose di musica nelle quantità che oggi consideriamo "normali"
(duecento recensioni al mese per un cartaceo, cinque al giorno per un web
magazine) rende l’informazione fornita non meno aleatoria dei compensi percepiti.
Ci sono ovviamente i sostenitori dell’approccio "lo ascolto e mi faccio
la mia idea" – ma come la mettiamo con il processo di selezione che
sceglie per noi i nomi sui quali dovremmo poi farci la nostra idea?
E così abbiamo appreso di Colin Stetson grazie a un post di Ethan Iverson
che testimoniava della bella tenuta di Stetson in concerto, e in subordine
del suo più recente album. Iverson è ovviamente il pianista del noto trio
jazz The Bad Plus, ma anche l’animatore di un blog cui non è certo estranea
la dimensione didattica di un musicista che non ha mancato di cogliere
uno dei punti deboli dell’odierna trasmissione delle conoscenze (e che
fa anche delle belle interviste). Iverson coglie il lato essenziale della "meccanica" di
Stetson: respirazione circolare e "multiphonics" in una dimensione
in solo apparentata a indie-rock ed "electronica" pur in veste
acustica.
Privi
di ricordi precisi, eravamo certi di avere già incontrato il nome di Stetson
da qualche parte. Una veloce ricerca in Rete ci consentiva di individuare
partecipazioni ad album di nomi quali Tom Waits, Arcade Fire, TV On The
Radio, Laurie Anderson, Lou Reed e Bon Iver.
L’ascolto
diretto di New History Warfare Vol. 2: Judges dice di lunghe e approfondite
frequentazioni jazzistiche: tutte le tecniche esecutive utilizzate da Stetson
(che diremmo grosso modo a metà strada fra i trenta e i quaranta) testimoniano
lo studio di quei nomi che oggi sono al contempo "classici e all’avanguardia".
E il sassofonista ci è risultato immediatamente simpatico, allorquando
ha prontamente ridimensionato i complimenti che intervistatori troppo gentili
avevano deciso di rivolgere alle sue innovazioni esecutive.
Riconoscibilissimo
nella "pronuncia", il jazz ci è parso quasi del tutto assente
nella dimensione compositiva di Stetson, almeno per quanto è dato ascoltare
su questo album. Molto più presente il minimalismo. Vedere menzionati in
sede di recensione i nomi di Peter Brötzman e di Albert Ayler ha quindi
destato in noi un certo stupore, almeno finché non ci siamo accorti che
erano quelli citati nel foglio di accompagnamento per la stampa: un manufatto
cui siamo stati costretti ad accedere dato che le belle tinte della copertina
del CD rendono difficilmente leggibili gran parte dei titoli, nomi e accreditamenti.
L’album
è stato registrato dal vivo in studio in tempo reale senza sovraincisioni,
l’eccezione maggiore essendo costituita dalle parti vocali femminili di
cui si dirà tra poco. Produzione di Shahzad Ismaily e Colin Stetson, registrazione
effettuata da Efrim Menuck nello studio Hotel2Tango a Montreal, missaggio
realizzato da Ben Frost nei Greenhouse Studios a Reykjavik.
Abbiamo
ascoltato l’album un paio di volte utilizzando le solite casse, ma quando
alcuni transistor del nostro amplificatore hanno dato forfait (un modo
come un altro di esprimere un parere?) abbiamo scelto di proseguire inserendo
la cuffia nella presa diretta del lettore CD. Già ben visibile nello spazio
della nostra stanza, l’uso di fonti multiple e di numerosi echi e riverberi
fatto su quest’album è venuto fuori prepotentemente nell’ascolto in cuffia,
rivelando così compiutamente la matrice "rock" di questa musica
e l’apporto di Ben Frost, tale da qualificarlo quale vero e proprio co-produttore
del lavoro.
Fortemente
tematici, procedenti per "accumulazione" più che per "variazioni
su tema", i brani dell’album sono stati registrati utilizzando due
dozzine di microfoni variamente disposti, inclusi alcuni dentro lo strumento
e uno, a contatto, posto sulla gola di Stetson (ricordi della "laringe
elettrica" di Brian Eno?). Coerentemente con questo approccio, il
missaggio non si propone qui di ricreare un’esperienza reale ma di crearne
una
"artificiale". L’ascoltatore si ritrova quindi a osservare dei
piani sonori che variano di continuo, dove il rumore delle chiavi percosse
può svolgere il ruolo di percussioni e il soffio nell’ancia assume proporzioni
"impossibili".
Una
veloce occhiata al dettaglio dell’album.
Awake
On Foreign Shores, per sax basso, con ambiente che appare con gradualità
(e più microfoni), e una breve frase melodica in chiusura.
Judges
ha il sax basso a interpretare un loop di synth, lo sbattere di chiavi
come percussioni, una melodia semplice, "folk", con voce nell’ancia
e microfono sulla gola. Prospettiva sonora multipla. Chiude Laurie Anderson
con due brevi frasi.
The
Stars In His Head (Dark Lights Remix) riporta alla mente il sequencer dei
Tangerine Dream, e certo molto minimalismo presente in tanto
"Krautrock" degli anni settanta. Bassi ostinati, sovracuti, sax
tenore.
All
The Days I’ve Missed You (ILAIJ I) è breve, semplice, e rimanda al brano
10.
From
No Part Of Me Could I Summon A Voice è quasi un quartetto d’archi, con
sax alto, e un coro di voci in sottofondo che gradualmente sale di volume.
A
Dream Of Water ha una narrazione di Laurie Anderson su un ostinato arpeggio
sassofonistico agli estremi dello strumento – è un sax tenore. Affiora
qui, come altrove sull’album, una dimensione "politica".
Home,
per sax basso, ha un arpeggio lento, una frase vocale acuta, con dimensione
"folk" accentuata dalle "percussioni".
Lord
I Just Can’t Keep From Crying Sometimes è un blues tradizionale affidato
a Shara Worden, con il sax basso a commentare la voce.
Clothed
In The Skin Of The Dead è minimalista, con arpeggio di sax tenore, e gradualmente
assume un’aria di samba.
All
The Colors Bleached To White (ILAIJ II), narrata da Laurie Anderson con
coro vocale di sottofondo, rimanda al brano 4.
Red
Horse (Judges ll) è quasi un hip-hop con scratching, chiavi percussive,
fiati e mani.
The
Righteous Wrath Of An Honorable Man ha il sax alto ed è minimale alla Terry
Riley.
Fear
Of The Unknown And The Blazing Sun vede Laurie Anderson a narrare sul lato
sinistro, rumori di sax basso con timbriche fuzz, e Shara Worden con un
canto gregoriano su più canali.
In
Love And In Justice ha un drone per sax basso, fischi, parti vocali, soffi
e fuzz.
Veniamo
alle conclusioni. Stetson è sicuramente un buon musicista, ma da parte
nostra vorremmo vedere questi brani eseguiti dal vivo per solo sassofono
"pulito". Il rischio è certamente quello di vedere un parente povero
di Braxton o Mitchell. Ma a nostro parere i trattamenti di Ben Frost – l’elemento
che diremmo potrebbe risultare cruciale per il gradimento di coloro i quali
considerano i Sonic Youth "avanguardia" – rischiano di essere una
stampella per un senso compositivo ancora decisamente embrionale (che avesse
ragione il nostro amplificatore?). Forse l’augurio migliore per Stetson,
ottimo strumentista, è di trovare un leader che lo faccia crescere (ma chi
pagherà il leader?).
Beppe
Colli
© Beppe Colli 2011
CloudsandClocks.net
| Aug. 1, 2011