Spirit
The Family That Plays Together
(Audio Fidelity)
Quale
album possa essere considerato "il migliore" nella produzione di un
gruppo o artista è faccenda perennemente dibattuta e che tale resterà almeno
finché rimarrà in vita chi prende sul serio simili questioni.
Barcamenandosi
tra diversi punti di vista, chi scrive non ha di solito troppe difficoltà nel
restringere la rosa a uno o due album. L’unico gruppo per il quale ciò ci
risulta praticamente impossibile è quello degli Spirit.
Detto
ciò, non abbiamo alcuna difficoltà ad ammettere che The Family That Plays
Together – il secondo album del gruppo pubblicato originariamente dalla Ode
alla fine del 1968 il cui missaggio originale compare adesso per la prima volta
da allora – è l’album degli Spirit che nel corso dei decenni abbiamo ascoltato
più di frequente, cosa che in un’accezione pragmatica del termine dovrebbe
qualificarlo come "il nostro preferito", e senz’altro quello che
conosciamo meglio.
Una
circostanza che se ci ha sempre spinto a cercare tra le nuove edizioni quella a
nostro avviso più soddisfacente (espressione che per il momento lasceremo non
meglio precisata) è stata anche fonte di perenne frustrazione, almeno fino alla
recente pubblicazione di questa edizione in SACD a due strati masterizzata in
modo eccellente da Steve Hoffman.
The
Family That Plays Together non è una semplice copia "riveduta e
corretta" dell’album di esordio, anche se mantiene intatte le
caratteristiche che avevano reso quell’album un indiscutibile classico.
"Maturazione"
è molto probabilmente la parola da usare. E questo vale soprattutto per Randy California, presente in modo strepitoso come
chitarrista sull’album precedente ma il cui apporto come autore e cantante era
stato quantitativamente minore. E proprio la cifra stilistica del Randy
California autore di canzoni, unitamente alla sua voce solista, costituisce la
vera novità di questo lavoro. Confermata la caratura eccellente dei suoi
assolo, come verrà argomentato al momento della presentazione dei singoli
brani.
Versatile e fantasioso al suo solito il batterista Ed Cassidy, è
l’altro jazzista del gruppo, John Locke, a ridefinire il suo ruolo: dosi abbondanti
di piano acustico, e l’utilizzo di un piano elettrico che suona molto diverso
dal Wurlitzer fino ad allora impiegato. Forse un Fender Rhodes o un diverso
modello di Wurlitzer?
Molto belle, e a tratti con funzione solista, le parti di basso di
Mark Andes, un tempo penalizzate dal formato vinile. Eccellente cantante e
autore, Jay Ferguson si conferma il fulcro del gruppo.
Accreditamenti dell’album originale. Produttore: Lou Adler. Parte
tecnica: Eric Wienbang, Armin Stiener. Arrangiamenti di archi e fiati: Marty
Paich.
Come già detto, la versione qui recensita è in formato SACD, con
uno strato ad alta risoluzione e uno a risoluzione di normale CD, che è quello
da noi ascoltato.
La prima
copia di The Family That Plays Together da noi acquistata, all’incirca
quarant’anni fa, era un’edizione Epic con etichetta arancione a busta singola,
curiosamente priva di copertina interna (una caratteristica comune a un certo
numero di album Epic Made In USA che acquistammo sigillati in quel periodo:
Jeff Beck, Donovan, Spirit…). Datare i dischi non è il nostro forte, quindi
non sappiamo se quella fosse la ristampa del 1972 che ci dicono esistere. Va da
sé che non abbiamo mai visto l’originale Ode.
A noi
quel missaggio asciutto e senza fronzoli è sempre piaciuto. Però il vinile
lasciava alquanto a desiderare. Acquistammo un LP della Edsel appena uscito –
del 1986, quando non possedevamo ancora un lettore CD – e il
"progresso" in termini di pulizia fu subito evidente. Però finivamo
sempre per ritornare al suono "secco" del vinile Epic, ché l’LP Edsel
sembrava essere stato addizionato con un pizzico di riverbero che rendeva le
facciate decisamente monotone da ascoltare. (Una caratteristica che ritrovammo
su alcuni LP della MCA stampati in Germania – Steely Dan, Steppenwolf – diremmo
in epoca pre-CD.) Ricordiamo di passata una versione (della Sundazed?) stereo
con vinile rumoroso e canale sinistro attenuato.
La doppia
raccolta Time Circle (1991) ci diede modo di ascoltare buona parte del
materiale apparso su The Family That Plays Together, ma in forma rimissata.
Curiosamente, la circostanza che l’indicazione di rimissaggio comparisse solo
per questo materiale non poteva non indurre il lettore a credere che il
materiale degli altri tre album appariva nel missaggio originale.
La
ristampa con inediti del 1996 ci presentò un nuovo missaggio e masterizzazione
opera di Vic Anesini. Incredibile a dirsi, ritornavamo sempre al nostro vinile
Epic. Troppi bassi, e alcune scelte di missaggio che trovavamo discutibili.
Evidenziare basso e chitarra ritmica in Silky Sam sembrava rimpicciolire la
voce di Jay Ferguson, rendendo più piccolo e meno poetico il racconto.
Sciagurata la decisione di tenere a pieno volume fino alla fine le voci su
Dream Within A Dream, laddove l’attenuazione del penultimo verso e la sua
successiva sparizione – come avviene sull’originale e sull’LP Epic – sono
coerenti con la natura "spettrale" del racconto. (E che strana
scoperta, apprendere dopo trent’anni che "Steppin’ on a watercolor"
era in realtà "Steppin’ off this mortal coil"!)
La nuova
versione su Audio Fidelity è quello che abbiamo sempre sperato esistesse ma non
esisteva. Il vecchio LP Epic può adesso riposare (in realtà l’abbiamo
riascoltato proprio ieri sera…).
Per chi è
ancora sveglio, ecco un veloce esame dei singoli brani.
I Got A
Line On You è la (piccola) botta commerciale del gruppo, e l’ingresso a pieno
titolo di Randy California cantante e autore. Brano allegro e brioso, con
pianoforte, chitarre e ottimi cori di Jay Ferguson. Ottimo basso, assolo di
chitarra "piccolo", e chitarra scatenata nel finale.
It Shall
Be, scritta da California e Locke, apre con un arpeggio di piano elettrico,
percussioni, basso, flauto, voci, archi. Segue una melodia vocale lieve, fiati,
"bending" del basso, archi… Tanto con poco.
Poor
Richard parte con un riff potente di basso (e piano). Voci corali con melodia
"beatlesiana". Assolo di due chitarre armonizzate, che chiudono con
un feedback "infinito" mentre un Hammond fa capolino.
Silky Sam
si apre con arpeggi chitarristici, basso, archi, poi un’esplosione corale a mo’
di ritornello. Il tempo di una partita a poker, poi il brano riprende. Bella
chiusa.
Drunkard
è un altro ritratto firmato Ferguson. Archi, viola, flauto. Un interludio
orchestrale dal sapore cinematografico, dissolvenza.
Darlin’
If richiama fatalmente il lavoro della Band. Ballad ben servita dalla voce di
California e dagli sfondi di Ferguson. Pianoforte, un bell’intermezzo per
chitarra arpeggiata e basso, ottima sezione d’archi a vestire.
It’s All
The Same apre con un effetto psichedelico, entra la batteria, riff. Parte
vocale altamente comunicativa, assolo di chitarra di rock-blues psichedelico,
(breve) assolo di batteria. Riff, ritornello, coda.
Jewish
apre in modo cadenzato, parte vocale declamata. Ottimo assolo per due chitarre,
unisono chitarra e basso (una parte molto delicata). Chiude come è partita.
Dream
Within A Dream è il primo dei tre contributi di Ferguson che portano l’album
alla sua strepitosa conclusione. Riff, ambientazione psichedelica
("Standing on a mountain top/She’s looking to the sea above her"),
ritornello spettacolare, si fa frenetica nel finale, con il rumore del plettro
che percuote le corde.
She
Smiles è una ballad acustica dolce-amara. Pianoforte, melodia pulita, bello
sviluppo melodico del ritornello.
Aren’t
You Glad apre con una figura melodica di pianoforte a fungere da riff, entra il
gruppo, chitarre "flautate", solista "blues" al’unisono con
la voce. Archi avvolgenti, assolo di chitarra con rumore di plettro e bending
espressivo, chiusa dell’assolo con feedback "infinito" e nota che
"scivola" sulla tastiera mentre ritorna il riff pianistico. Crescendo
finale con fiati e nuovo assolo di chitarra con bending e un tocco di wha-wha.
Un brano in grado di parlare in modo diverso ogni volta che lo si ascolta. (Non
differentemente dal testo: "Streets are yours, you’re feeling much
bolder/But Summer’s gone, we’re all a bit older/Now".)
Solitamente
non amiamo i brani aggiunti, massimamente su un album di un’epoca che progettava
con cura la fine delle facciate, e dell’album tutto. I brani qui contenuti –
gli stessi dell’edizione Sony del ’96, ma con nuova masterizzazione di Steve
Hoffman – offrono però diversi motivi di interesse. Precisiamo che Fog e Now Or
Nowhere, incise e missate al tempo della lavorazione dell’album, erano apparse
sul già citato Time Circle. I brani rimanenti erano invece stati missati da Vic
Anesini nel ’96.
Fog, di
Locke e Cassidy, anticipa i climi orchestrali-cinematografici di Clear.
Arpeggio, semplice melodia orchestrale, percussioni "esotiche", una
melodia chitarristica dal timbro "frippiano", archi.
So Little
To Say, di Ferguson, è una ballad vocale ritmata con pianoforte e una sez.
"B" melodica-orchestrale. Un brano che per certi versi anticipa molta
musica "soft" degli anni settanta. Coda con fiati e sezione
chitarristica, a metà strada tra i Blood, Sweat & Tears e i Doors di The
Soft Parade.
Mellow
Fellow, di Locke, parte con piano elettrico, percussioni, melodia per chitarra
solista, intermezzo melodico "doorsiano", eccellente assolo di
chitarra, assolo di batteria sorprendentemente ben organizzato con linea di
archi in sottofondo. Si torna alla frase pianistica per accordi e alla melodia
chitarristica.
Now Or
Anywhere, di Ferguson, è per certi versi un’anticipazione di climi rock-blues
più diretti e d’impatto che compariranno sui due album successivi del gruppo.
Piano e solista "rock", archi e fiati. Finale apocalittico con
chitarra solista, pianoforte, archi.
Space
Chile, di Locke, finirà, con diversa esecuzione "sintetica", su
Twelve Dreams Of Dr. Sardonicus. Qui apre con vibrafono, arpeggio pianistico,
piatti in phasing, melodia chitarristica. Stacco, nuova sezione, piano,
bell’assolo jazzato, stacco, assolo di batteria, poi uscita della chitarra
solista con il piano a dare gli accordi, un brano decisamente riuscito.
Beppe Colli
© Beppe Colli 2017
CloudsandClocks.net | Aug. 1, 2017