Vendite
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di Beppe Colli
June 13, 2010
Di tanto in tanto ci
capita di avvertire una certa curiosità a proposito delle cifre di vendita
dell’album x o del brano y, vecchi o nuovi che siano; purtroppo è una curiosità
che il più delle volte è irrimediabilmente destinata a rimanere insoddisfatta,
e non per mancanza di impegno da parte nostra: per quanto riguarda i titoli
del passato, fatta ovvia eccezione per i brani di maggior successo e per
i gruppi più famosi, le informazioni spesso latitano, e quelle disponibili
non sempre si rivelano degne di fiducia; per le cose più recenti ci sarebbe
Soundscan, ma qui il costo dell’abbonamento, perfettamente accettabile per
una pubblicazione di tipo professionale, si situa ben al di là delle capacità
di spesa – e delle concrete possibilità di utilizzo – di un semplice "ascoltatore
con la penna". Grande soddisfazione, quindi, quando informazioni attendibili
giungono sul nostro tavolo.
Tra nomi e gruppi a noi del tutto ignoti abbiamo recentemente
colto le cifre di vendita riguardanti l’album Nobody’s Daughter del gruppo
statunitense Hole: posto in classifica, #138; vendite delle settimana in
questione, 3.823 copie; variazione percentuale rispetto alla settimana precedente,
-44; settimane in classifica, 3; vendite totali, 32.560 copie. Qui è intuitivo
vedere che le vendite sono state scarse: la macchina pubblicitaria si è mossa
in forze, Courtney Love l’abbiamo vista dappertutto, la carriera passata
c’era, la notorietà pure, è quindi ovvio che le aspettative di vendita non
potessero essere queste.
In modo parimenti casuale abbiamo avuto recentemente la possibilità
di conoscere le vendite statunitensi dell’album di esordio di Randy Newman
al tempo della sua pubblicazione (1968). Nella sua recensione del secondo
album di Newman, 12 Songs, apparsa in data April 16, 1970 sulla rivista statunitense
Rolling Stone, Bruce Grimes così raccontava: "La Reprise ha poi rifatto
la copertina e ha regalato l’album a tutti quelli che hanno scritto per averlo;
a oggi le vendite non hanno superato le 4.500 copie". Un bel fallimento,
non c’è dubbio. Ma in quale cornice (quantitativa) collocarlo?
La ristampa in formati
multipli di una nuova edizione del celeberrimo album dei Rolling Stones intitolato
Exile On Main Street è stata senz’altro uno degli avvenimenti mediatici di
maggior spicco degli ultimi mesi, come l’esperienza di ogni lettore è facilmente
in grado di provare. Diremmo curiose le circostanze: ben consci del potere
finanziario della loro leggenda (è quella, dopotutto, che giustifica i prezzi
dei biglietti dei loro concerti), i Rolling Stones si erano però finora ben
guardati dal rendere un omaggio letterale al loro passato discografico, temendone
(giustamente) gli impietosi confronti; sorprendenti, quindi, l’attenzione
e lo sforzo messi in campo per presentare al pubblico il cofanetto di Get
Yer Ya-Ya’s Out (il tanto celebrato album dal vivo con l’asinello del 1969)
e quell’ingombrante monolite che risponde al nome di Exile On Main Street,
mentre viene già annunciata un’analoga operazione riguardante Some Girls.
Da parte nostra nutrivamo un certo scetticismo: chi, oggi,
non possiede almeno una copia di Exile On Main Street, quando non addirittura
un discreto gruppo di copie di edizioni multiple? Ovviamente abbiamo avuto
torto, come i risultati facilmente dimostrano. "Rolling Stones’ Exile
on Main Street tops UK chart", titolava in data 23 May 2010 il sito
della BBC (mentre c’era chi sottolineava che era dai tempi della morte di
Marc Bolan che un album di materiale già edito non giungeva al primo posto
in classifica – la settimana stessa dell’uscita!). Frattanto, in data 26
maggio, fonti statunitensi ci dicevano che "Exile on Main Street will
debut tomorrow at No. 2 on the US Billboard charts"; queste le cifre
riguardanti i primi tre posti: Glee Soundtrack 136.000 copie; Exile 76.000;
The Black Keys 73.000, con l’appendice di Exile Rarities (che debuttava al
no. 27) a vendere 15.000 copie.
Mentre ce ne stavamo
a riflettere sul possibile significato di tutto ciò, ci è stata segnalata
l’esistenza di nuove, e sorprendenti, cifre. La notizia è apparsa su un certo
numero di pubblicazioni, la fonte da noi consultata essendo l’articolo scritto
da Paul Resnikoff per Digitalmusicnews.com apparso in data Monday, May 17,
2010 con il titolo
"2% Of Music Purchases Make 91% Of Sales In 2009". L’attenzione
di tutti si è comprensibilmente concentrata su queste cifre: solo il 2.1%
degli album pubblicati nel 2009 è riuscito a vendere più di 5.000 copie,
e a questo gruppo è da ascrivere il 91% delle vendite totali. Ma quello che
non molti sembrano aver notato è il numero totale degli album pubblicati
nel 2009 (nonché le implicazioni derivanti da questa cifra): 98.000! Da cui
la domanda posta dall’autore dell’articolo: "Com’è possibile concepire
una carriera in un mercato super-saturo come l’odierno?". Appare infatti
subito evidente che le 5.000 copie dell’album di esordio di Randy Newman
del 1968 sono molto diverse dalle 5.000 copie di oggi.
Ma quanti erano gli album stampati dieci, venti o trent’anni
fa? Posto che esistono luoghi e modi per gli interessati, ci limitiamo qui
a riportare le cifre che un intervenuto al dibattito ha trascritto da un
volume di Robert Christgau: "Tra il 1988 e il 1998 il numero degli album
pubblicati è aumentato di dieci volte, per arrivare a una cifra che può essere
approssimativamente quantificata in 35.000".
Diremmo rispettabile il numero delle implicazioni che è possibile
ricavare da tutto ciò. Sceglieremo solo qualche esempio.
Alcuni mesi fa abbiamo
inviato un messaggio di posta elettronica contenente una domanda che suonava
all’incirca così:
"vorresti indicare qualche titolo di album che hai ascoltato negli ultimi
tempi e che hai trovato davvero entusiasmante?", i destinatari del messaggio
essendo una mezza dozzina di musicisti statunitensi che sappiamo ascoltatori
appassionati e dai gusti incredibilmente ampi. Dopo aver inviato il messaggio
ci siamo accorti di non aver specificato che ci riferivamo a cose nuove pubblicate
di recente, ma abbiamo deciso di non preoccuparci più di tanto: il contesto
esplicitamente esposto della nostra domanda ("capita talvolta di non
trovare nulla di nuovo che ci soddisfi, e quindi chiedere a chi ascolta di
più") avrebbe senz’altro indirizzato nella giusta direzione chi si apprestava
a rispondere. Dire che le risposte che abbiamo ricevuto ci hanno sorpreso
sarebbe un eufemismo: nessuno aveva indicato cose pubblicate di recente,
se non ristampe; c’era poi tutto un capitolo dedicato ai concerti (soprattutto
di musica classica contemporanea); qualcuno aveva aggiunto in coda
"se è a lavori nuovi che ti riferivi, allora purtroppo (…)".
(Chi per motivi di bottega volesse avanzare dubbi è pregato
di riflettere innanzitutto su un punto: non è possibile sostenere che i 2.000
album recensiti annualmente, che costituiscono un campione altamente autoselezionato
che incorpora le priorità merceologiche dei distributori presenti sul territorio
di un dato paese, costituiscano
"il meglio" di un universo di 98.000 album, 96.000 dei quali non
sono mai stati ascoltati. Speriamo che nessuno, e a maggior ragione i post-moderni,
si sogni di formulare capziose osservazioni di natura induttiva.)
Era da tempo che non
vedevamo Mick Jagger – e, in misura minore, Keith Richards – impegnarsi tanto
a fondo per promuovere un prodotto recante il marchio dei Rolling Stones.
Il lettore potrà facilmente trovare, se vorrà, tracce video e a stampa in
Rete.
E’ stato qualche mese fa che ci è capitato di leggere su un
forum un piccolo gruppo di commenti, in buona parte divertiti, a un’intervista
lì rappresentata da un link. Purtroppo il link in questione era di quelli
"a scadenza", ed era già scaduto; ma ci è parso di capire che il
testo riproducesse – in inglese – quanto appariva sul più recente numero
dell’edizione italiana di Rolling Stone. Leggendo, ci ha molto sorpreso l’atteggiamento
paziente di Jagger anche di fronte a un intervistatore che non sembrava possedere
nozioni solide quanto a rimissaggio e rimasterizzazione (sia concessa una
parentesi: bello vedere che in mezzo a tante amenità riesca ancora a venir
fuori, di tanto in tanto, qualcosa di concreto concernente la musica). E
bella la sua uscita (che citiamo a memoria) "ma oggi la rimasterizzazione
consente degli interventi paragonabili a un rimissaggio", da cui l’avvertimento: "potrei
avere rimissato l’album e non dirtelo".
L’intervista più interessante ci è parsa quella con Jagger
e Richards fatta da Alex Pappademas e apparsa su GQ in data April 16, 2010 con il titolo "Mick Jagger and Keith
Richards on Exile on Main St.".
Da qui un interrogativo: quale la migliore fonte di informazione
possibile per leggere di un album come Exile On Main Street nella sua forma
corrente, paragonata a quella già nota? Qui è questione di scelte: per quanto
ci riguarda abbiamo avuto il piacere di leggere un dibattito in Rete (sviluppatosi
nel tempo), giunto nella sua terza parte a circa 1.000 interventi. Ovviamente
chi nutre un interesse di tipo "generico" sarà meglio servito da
un articolo succinto su un quotidiano. Qui l’esempio migliore ci è sembrato
il pezzo di Neil McCormick apparso in data May 24th, 2010 sul blog del quotidiano
inglese The Telegraph con il titolo di "The Rolling Stones make the
charts sound human again". Perché diciamo
"migliore"? Perché McCormick, fatto il riassunto doveroso rivolto
a chi nulla sappia, correttamente individua la netta cesura esistente tra
il suono dell’originale, pur se in versione rimasterizzata, e quello dei
dieci
"inediti incompleti poi completati", già a partire dal livello
della voce; ed è un’argomentazione convincente che il lettore è invitato
a esplorare per intero.
Come ben sappiamo, il
numero delle cose che nel mondo moderno richiedono la nostra attenzione è
potenzialmente infinito. Da cui un’attenzione "puntillistica" che
trae beneficio dal confrontarsi con oggetti quanto più possibili
"semplici" la cui valenza (in questo caso, estetica) si presenti
in forma pre-digerita. Ma gli "oggetti del passato" non sono "semplici"
(e neppure quelli di oggi, se non quelli progettati come tali). Logico, quindi,
"tradurre" l’oggetto in una formula elementare che consenta al
fruitore di dedicare a esso il minimo indispensabile necessario a
"comprenderlo": pochi centimetri di inchiostro su una pagina, pochi
minuti occorrenti alla lettura.
Exile On Main Street è divenuto suo malgrado una perfetta
illustrazione di tutto ciò: "l’album inciso in un caldo e umido scantinato
del sud della Francia mentre il gruppo si abbandonava a ogni eccesso";
una definizione che in quanto entità fantasmatica è in grado di rivaleggiare
con la
"trilogia berlinese" di David Bowie e con la "trilogia del
fossato" di Neil Young.
Jagger ci è parso a tratti spiazzato dalla ferrea volontà
dimostrata da più di un interlocutore di leggere Exile On Main Street nei
termini di cui sopra, cocciutamente reiterati nonostante Jagger offrisse
prove concrete – calendario alla mano – che la realtà non era proprio quella
(e non è certo questa la prima volta che Jagger offre la "versione corretta").
E supporremmo che non debba essere stato facile per Jagger constatare che
non era la musica a interessare, ma la leggenda di un album "inciso
in un caldo e umido scantinato del sud della Francia mentre il gruppo si
abbandonava a ogni eccesso".
Ma cosa dovrebbe fare chi volesse sapere dove e quando è stato
registrato Exile On Main Street? Cosa avrebbero dovuto fare, e non hanno
fatto, i tanti che ne hanno parlato senza sapere quello che dicevano?
Step one: andare su un sito che ospita le cronologie concernenti
i Rolling Stones, per esempio timeisonourside.com.
Step two: cercare Exile On Main Street.
EXILE ON MAIN STREET
Recorded:
June 16-July 27, 1970: Olympic Sound Studios, London, England
October 21-Mid-November 1970: Rolling Stones Mobile Unit,
Mick Jagger’s home Stargroves, Newbury, England
June 7-October 1971: Rolling Stones Mobile Unit, Keith Richards’
home Nellcôte, Villefranche-sur-mer, France
December 1971: Sunset Sound Studios, Los Angeles, USA
Overdubbed & mixed:
December 1971-February 1972: Sunset Sound Studios, Los Angeles,
USA
March 24-25, 1972: Wally Heider Studios, Los Angeles, USA
© Beppe Colli 2010
CloudsandClocks.net | June
13, 2010