Scott
Rosenberg’s Skronktet West
EL
(Spool)
L’etichetta canadese Spool si è finora articolata in due serie
distinte: Point, dedicata alla composizione, e Line, dedita all’improvvisazione.
EL inaugura una nuova serie, ARC, dedicata al Post-Rock. Il che ci è
apparso oltremodo bizzarro, dato che l’album in questione non mostra
in alcun modo elementi da noi nemmeno lontanamente riconducibili a questa
pur vaga denominazione. EL è invece un disco di purissimo jazz,
sia pure "moderno" – diciamo nell’accezione braxtoniana? E
in effetti non sono stati pochi i momenti in cui l’ascolto ci ha riportato
alla mente il Braxton in quartetto di metà anni settanta (per
capirci, quello su Arista), da certi temi ripetuti/contratti a certi
impasti timbrici con il clarinetto in bella evidenza.
Il percussionista Gino Robair è l’elemento con il cui lavoro
chi scrive ha la maggiore confidenza; ricordiamo anche due promettenti
CD in solo di qualche anno fa incisi dal contrabbassista Morgan Guberman;
mentre questa è certamente la prima volta che ci imbattiamo nel
leader del gruppo Scott Rosenberg, compositore, sassofonista e clarinettista;
nell’altro clarinettista Matt Ingalls; e nel chitarrista John Shiurba.
Date le coordinate di cui si è detto, il gruppo funziona bene,
dimostrando un affiatamento certamente non occasionale. Buone le composizioni
di Rosenberg, abbastanza aperte da non farci sentire presi per mano
ma sufficientemente rigorose da non farci eccessivamente percepire la
responsabilità dell’alea (ovviamente questa non è musica
da tema – assolo – tema). Belli molti impasti timbrici sassofono – clarinetto
o a due clarinetti; eccellente il ruolo coloristico di Robair, ad esempio
negli archetti di Shrrr o nella pocket marimba di Sdppd + Prruer (ma
non c’erano altri titoli a disposizione?).
Due soli appunti. Innanzitutto avremmo preferito note di copertina più
utili (note compositive, o una discografia) al posto del proclama ideologico
del leader: considerata l’identità di chi compra simili CD siamo
sul "pregare ai convertiti". Più seriamente: l’album
offre bei momenti per tutta la sua durata, ma arrivati a due terzi dell’ultimo
brano viene tirato fuori un riff tenebroso che pare preso pari pari
da un vecchio album degli Univers Zero, con effetti estetici davvero
repellenti. Perché?
Beppe Colli
© Beppe Colli 2003
CloudsandClocks.net | May 4, 2003