Rake-Star
Some
Ra
(Spool)
Compositore,
arrangiatore, pianista e pionieristico sperimentatore su tastiere elettroniche
(Clavioline, Ondioline) e sintetizzatore (Moog); filosofo, mistico,
visionario; leader di formazioni dall’ampio organico e teorizzatore
pratico dell’indipendenza (oltre un centinaio gli album pubblicati sull’etichetta
autogestita Saturn); amante della tradizione, dello sperimentalismo
e dell’improvvisazione; punto focale di celeberrimi concerti dove a
una solidissima parte musicale veniva disinvoltamente affiancato un
apparato scenico e costumistico che combinava elementi di rituale religioso
e tocchi da "vaudeville da un’altra galassia". Date queste
caratteristiche, non sorprende poi troppo che il lavoro di Sun Ra sia
stato accolto con più di una punta di scetticismo anche in quei
territori dell’avanguardia jazz che sulla carta avrebbero dovuto costituire
il suo ambiente d’elezione (ben diversa l’accoglienza riservatagli da
quei fumatissimi giovani che negli anni sessanta e settanta, in Europa
e negli Stati Uniti, collocarono i suoi album accanto a quelli dei Pink
Floyd e delle zappiane Mothers Of Invention).
Sterminata
e per molti versi confusa, nel corso degli anni novanta la discografia
di Sun Ra è stata oggetto di un riuscito tentativo di sistematizzazione
da parte dell’etichetta Evidence. Il neofita può ben iniziare
da titoli quali The Magic City e Atlantis e da lì proseguire,
magari con l’aiuto di Space Is The Place, la bella biografia di John
F. Szwed. Com’è ovvio, nessuna "formalizzazione", nessuna
"scuola" per un lascito musicale così personalizzato,
mentre di tanto in tanto l’ondivago interesse dei media ha puntato i
suoi riflettori su Sun Ra – il personaggio, beninteso, lasciando in
ombra il musicista.
Una
piacevole sorpresa, quindi, la pubblicazione di questo Some Ra, riuscitissimo
omaggio registrato dal vivo al Bayou Blues And Jazz Club di Ottawa il
6 aprile dello scorso anno. Rake-Star è il nome di un’ampia formazione
(sedici elementi, ballerina inclusa) in grado di spaziare con uguale
appropriatezza – e creare il medesimo senso di coinvolgimento – da composizioni
di Sun Ra a cose quali la I Dream Too Much di Jerome Kern (resa con
appropriata disinvoltura vocale) a composizioni originali ma "nello
stile di" – quest’ultima una scommessa ad alto rischio, ma che
diremmo senz’altro vinta. A giudicare dalle foto di copertina, l’apparato
visivo avrebbe senz’altro meritato un DVD; una registrazione senza pecche,
perfettamente in grado di restituire gli intricati arrangiamenti, è
buon motivo di consolazione.
La
formazione presenta una folta schiera di strumenti a fiato (ottoni e
ance), chitarra, fisarmonica, violoncello, violino, percussioni ed effetti.
E ci sono tre (!) contrabbassi, ben in evidenza nell’assolo di Spectrum.
Tutti elementi in grado di combinarsi con appropriatezza e fascino creando
riff esuberanti e sapienti chiaroscuri. Stante l’alta qualità
degli arrangiamenti e la confidenza con il materiale di Sun Ra, il limpido
senso delle proporzioni impedisce il sovraffollarsi delle fonti sonore.
Viene restituito il procedere per riff e il rapporto tra solista e collettivo,
il distendersi degli arpeggi dei fiati, quel procedere dal sapore a
un tempo ardito e tradizionale.
Davvero
difficile scegliere nell’ora abbondante di materiale. Perfettamente
appropriata l’apertura di Space Is Still The Place, Pt. III, ottimi
l’ensemble e gli assolo (tromba e sax tenore) di Somewhere In Space/Angels
And Demons At Play come pure il baritono e i bassi di Spectrum, il medley
Cobalt/Satellites Are Spinning, l’intero gruppo su Discipline 33, il
medley finale di Don’t Do (del trombonista Rory Magill, che diremmo
senz’altro un ottimo autore) e We Travel The Spaceways.
Beppe
Colli
©
Beppe Colli 2004
CloudsandClocks.net
| June 29, 2004