Problemi
& Prospettive
#3
Il passato
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di Beppe Colli
June 11, 2014
Pur consapevoli di
formulare un’asserzione pericolosamente vicina a uno stereotipo, dobbiamo
ammettere che la frequentazione ravvicinata di riviste e quotidiani del Regno
Unito ci conferma l’antica predilezione della gente di lassù per lo stilare
"classifiche": un passatempo nazionale dalle possibilità di applicazione
pressoché infinite, da "le dieci scene più emozionanti dei film di James
Bond" a "i dieci panorami più suggestivi della Cornovaglia".
Ricordiamo che la consuetudine di stilare liste è
trasmigrata sulle riviste musicali degli Stati Uniti – paese dove in precedenza
era pressoché sconosciuta – solo in tempi recenti, parallelamente al fenomeno
che ha visto giornalisti provenienti dalla Perfida Albione chiamati a dirigere
importanti testate statunitensi, con immediata diffusione di questo
particolarissimo morbo.
Non fummo quindi granché stupiti, qualche anno fa, nel
notare la massiccia e vivace partecipazione di pubblico – parliamo di diverse
centinaia di lettori entusiasti – a uno dei mille quesiti posti dal quotidiano
The Guardian. Dobbiamo confessare di non riuscire più a ricordare l’esatta
formulazione, ma il quesito era certamente questo: segnala una o più canzoni il
cui tema è il rimpianto per il primo amore o per una esperienza amorosa
particolarmente importante ma risalente a un passato lontano. Non ricordiamo se
l’indicazione del decennio fosse già prevista o se essa venne fuori ex post.
Scorrendo le centinaia di canzoni segnalate e prendendo nota
dell’anno in cui erano state incise ci accorgemmo che l’attribuzione ai vari
decenni dava luogo a una distribuzione immediatamente percepibile: moltissime
canzoni che trattavano questo argomento risalivano agli anni cinquanta, e il
loro numero aumentava ancora negli anni sessanta, per poi decrescere nei
settanta, subire un ulteriore e deciso calo negli anni ottanta e giungere
pressoché allo zero negli anni novanta; seguiva poi una leggera ripresa nel
decennio successivo, ma il fenomeno sembrava affine al ben noto "rimbalzo
del gatto morto" – e ugualmente vitale.
Può non sembrare una grande rivelazione. Ma il fatto che i
rispondenti fossero una piccola moltitudine consentiva di avere un quadro che
andava molto al di là di quello che un singolo, pur esperto della materia,
sarebbe mai stato in grado di asserire. E il quadro era chiaro: il rimpianto
per un episodio molto importante situato nel passato quale tema delle canzoni
tendeva a scomparire con il passare dei decenni. Le interpretazioni possono
essere molteplici, ma il fatto è chiaro.
(Le canzoni venute in mente a chi scrive? Un brano dei tempi
della British Invasion, Bus Stop degli Hollies; e uno più "moderno" –
su scala "boomer": è una canzone di trent’anni fa – quale The Boys Of
Summer di Don Henley.)
Come molti hanno
notato – la nostra non è un’osservazione di particolare merito – a dispetto del
fatto che quella odierna è largamente considerata un’epoca dedita a coltivare
il presente in modo quasi ossessivo il numero degli "oggetti" del
passato che oggi ci circondano e che si prestano a un’immediata fruizione è
semplicemente stupefacente.
Chi per motivi anagrafici ha difficoltà a fare confronti
diretti tenderà probabilmente a considerare la situazione odierna come l’ovvia
normalità. Da parte nostra ricordiamo che in un passato non lontano la
"scomparsa" degli oggetti era un fatto normale, e come tale neppure
percepito se non in casi di particolare importanza per un soggetto determinato.
Per fare un esempio, a metà degli anni settanta non era affatto scontato
trovare in un negozio album di gruppi che solo alcuni anni prima avevano
dominato le classifiche di mezzo mondo: Doors, Creedence Clearwater Revival e
Chicago. L’esistenza del "catalogo" vedeva poi delle specifiche
varianti nazionali, alcune delle quali davvero drammatiche, sì che solo
conoscenze personali e viaggi in terre lontane tanto simili a pellegrinaggi erano
in grado di turare i buchi più vistosi delle collezioni personali.
Non mancavano aspetti paradossali. Trovare album di artisti
"minori" quali Stooges, Tim Buckley e i Velvet Underground –
invenduti, giacevano lì da tempo immemore – era più agevole di trovarne di nomi
quali Doors e Rolling Stones, venduti e non più ristampati. E cosa c’era di più
bizzarro del concetto di "ristampa" per una musica che cambiava
incessantemente a velocità sostenuta?
E’ sufficiente
riflettere per imbattersi in aspetti paradossali e in problemi di difficile
soluzione – a partire dalle questioni riguardanti il compenso dei musicisti. E’
certamente fantastico poter accedere al filmato del famoso concerto del 1970
dei Creedence Clearwater Revival alla Royal Albert Hall – ma proprio il fatto
che esso sia tanto largamente disponibile in modo gratuito e in eccellente
forma acustico-visiva ne rende decisamente improbabile una stampa ufficiale da
poter acquistare tramite i normali canali. E’ bello avere la possibilità di
vedere e sentire gruppi leggendari quali Soft Machine ed Henry Cow colti sul
palco nel pieno del loro fulgore, ma sorge il quesito se il facile accesso a
queste vette indiscusse di un periodo per molti versi più favorevole dell’oggi
alla sopravvivenza di forme di musica "sperimentale" che portavano
l’etichetta di rock non abbia quale effetto collaterale indesiderato quello di
spegnere sul nascere la scintilla che poggia su basi ben più friabili.
Di pari passo con ogni
discussione riguardante oggetti passati c’è quella riguardante l’età dei
fruitori, con tutta la prevedibile schiera di aspre polemiche. Campo
sterminato, evidenza aneddotica, conclusioni impossibili.
Sappiamo bene che luoghi quali il forum moderato da Steve
Hoffman "tagliano" molto all’ingresso, e tuttavia l’esempio che
stiamo per fare ci pare nonostante tutto altamente indicativo.
Alcuni mesi fa, in modi disinvolti che non facevano presagire
la valanga che sarebbe seguita, si è dato inizio a una discussione riguardante
i Rolling Stones – per certi versi provocatoria, dato che il forum in questione
è considerato un bastione della beatlemania. Moderatore della discussione
quello che con il tempo si è rivelato essere un avvocato operante a Chicago (e
prossimo alle nozze) di età inferiore ai trentacinque anni, la valanga ha
contato decine di migliaia di interventi e centinaia di migliaia di
visualizzazioni. Partita in sordina, poi divisa in capitoli, la discussione ha
visto assente solo la generazione di chi ha colto gli Stones dal vivo nella
prima metà degli anni sessanta (per intenderci, quella di Lester Bangs, Richard
Meltzer, Robert Christgau, Nick Tosches, Greil Marcus), comunque degnamente
sostituita da filmati e testimonianze d’epoca. Dalla seconda metà dei sessanta
in poi una quantità enorme di materiale audio e video, e una pluralità di
prospettive, anche da parte di chi è nato dopo l’uscita di Some Girls, e ancora
più avanti.
Simili discussioni – e simili comunità "virtuali"
– rendono possibile la creazione di "oggetti" di ricchezza enorme
tali da rendere del tutto inutili quelle "lenzuolate" a bassa
specializzazione che molti giornali si ostinano ancora a pubblicare. Chi
volesse un esempio facilmente accessibile potrà visualizzare le pagine di
Wikipedia (ci affrettiamo a precisare che ci riferiamo alla versione in lingua
inglese) concernenti il singolo dei Beatles con i brani Strawberry Fields
Forever e Penny Lane.
Ciò detto, sorge
spontanea una domanda: dove sono le discussioni riguardanti gli Henry Cow e i
Soft Machine? Che è una bella domanda.
Triste ma forse veritiera, l’eventualità che la trattazione
di questi gruppi – possibile in tempi in cui imperava il commercio – sia
diventata impossibile oggi, quando quasi tutto ha di necessità da svolgersi
sotto l’insegna del volontariato. Il che sarebbe un bel paradosso.
Se facciamo un conto alla buona supponendo un soggetto
attivo ogni centomila copie vendute, per quanto riguarda i Led Zeppelin – dati
i cento milioni di copie vendute (certificazione RIAA per i soli Stati Uniti,
la cifra totale stimata oscillando dal doppio al triplo) – avremo mille
soggetti attivi.
Ma le possibilità odierne della Rete consentono di
assemblare in una discussione coerente persone disperse su tutto il globo,
com’è ovvio che sia per musiche che si presentano come altamente minoritarie.
(Per offrire un termine di paragone, i Cluster vengono ricordati solo in quanto
hanno inciso con Brian Eno, e anche Eno visto su scala globale è un
"minore".)
A questo punto è obbligatorio riflettere su una questione
molto scomoda: potremmo dire che la domanda "dove sono le discussioni
sugli Henry Cow?" andrebbe rimpiazzata da quella che recita "come
passo il mio tempo?".
Sembra oggi
indubitabile che tra i nomi del passato quelli che ancora godono di una sicura
presa commerciale sono i Beatles, i Rolling Stones, i Led Zeppelin e i Pink
Floyd.
Per quanto riguarda i Led Zeppelin ignoriamo quale sarà il
conto finale delle vendite delle ristampe dei primi tre album del gruppo
recentemente comparse sul mercato nella consueta varietà tipica di oggi:
vinile, CD, cofanetti, file digitali ad alta risoluzione (hi-res).
Il già citato forum moderato da Steve Hoffman ospita al
momento in cui scriviamo tre discussioni distinte per formato, con quelle
riguardanti le versioni in CD e in vinile a viaggiare intorno a mille
interventi e sessantamila contatti cadauna, quella riguardante i file in hi-res
a circa un terzo. Va notato che queste discussioni si svolgono oggi in modalità
molto diverse che in passato, e tali da diminuire fortemente la quantità di
soggettivismo prima tipica. Fatto salvo il gradimento di ognuno, la possibilità
di rendere visibili i brani mediante campionatura (con le conseguenti
possibilità di mostrare che versioni credute diverse sono in realtà uguali, o
viceversa) aiuta a mettere con i piedi per terra discussioni che si volevano
necessariamente confinate nell’ambito di una valutazione soggettiva.
E se molti sono gli interventi di una o due parole, o quelli
che si interrogano sulle diverse possibilità di risparmiare un po’ di soldi
ricorrendo a questa o quella modalità di spedizione, non pochi sono gli
interventi che presuppongono uno smanettare al computer e una frequentazione
attenta di quanto poi viene illustrato.
E’ tempo di tornare al
punto di partenza di questa discussione: il poll del Guardian sul rimpianto per
un amore passato.
Potremmo dire che la molteplicità incessante degli stimoli
rende oggi poco plausibile sviluppare un rapporto "esclusivo e
duraturo" con un oggetto tale da ricordarne l’esistenza in un tempo
successivo. E in effetti l’odierno "vivere immersi nel presente"
sembra la modalità di relazione più tipica. Se volessimo indulgere a un tono
apocalittico potremmo dire di un fastidio a raccontare di cose alle quali si è
assistito, e non per una carenza di attenzione nei confronti dell’evento – che
sarebbe "il problema di ieri" – ma perché raccontare una cosa di ieri
ci priva di minuti che potrebbero essere impiegati a godere di una cosa adesso
– che sarebbe il fenomeno detto "l’eterno presente".
Asciugandoci il sudore, ci chiediamo se esiste oggi un
ambito nel quale conta ancora la memoria e l’apprendimento viene tenuto in
debito conto. Diremmo che esiste, e sono – ta-da! – i videogiochi. Per
essere chiari, tutta quella classe di esperienze nelle quali fare tesoro delle
esperienze passate aumenta le nostre capacità future di successo.
Potremmo fare riferimento a un film quale Groundhog Day di
Harold Ramis, protagonista Bill Murray, in aria di Zen. Un esempio più
pertinente sarebbe forse Edge Of Tomorrow, proprio in questi giorni sugli
schermi.
Va da sé che uno schema utilitaristico di comportamento
sembra fare a pugni con la fruizione ludica e "disinteressata" che è
data dall’apprezzamento di una musica.
Che dire?
© Beppe Colli 2014
CloudsandClocks.net | June 11, 2014