Jean-Luc Ponty
King Kong

(World Pacific/Liberty)

E’ sempre alquanto strano – diremmo soprattutto, anche se non esclusivamente, per chi c’era – dover constatare che un album per il quale non sarebbe stato un tempo inusuale adoperare l’aggettivo di "leggendario" (un complimento che nel caso concreto non abbiamo difficoltà a definire sovradimensionato, anche se non c’è dubbio che esistono crimini ben peggiori) risulta oggi sconosciuto ai più. E qui il punto chiave è ovviamente "un tempo", ché "la musica di massa" – o, se vogliamo, "lo spirito del tempo" – da allora ha preso altre strade, sì da non contemplare tra i propri antecedenti album come King Kong. Un album che – pur se all’interno di una cornice che potremmo definire di "musica per pochi", anche se non per pochissimi – si presentava come avente tutti i caratteri della "collaborazione storica".

Astro nascente di uno strumento, il violino, allora non molto frequentato dalla tradizione jazz (curioso notare che è proprio in questo periodo che la strumentazione tipica dei gruppi rock si allarga a dismisura, inglobando sassofoni e violini in quantità), Jean-Luc Ponty è tra i primi a praticare l’idioma che potremmo definire "fusion" o, se preferiamo, "jazz-rock", come ben dimostrato dall’album elettrico del ’69 intitolato The Jean-Luc Ponty Experience With The George Duke Trio.

Per contro, a quel tempo Frank Zappa è già una figura centrale della musica "rock", bizzarro e controverso iconoclasta di fama mondiale. Ma c’è molta sostanza dietro quell’immagine, come gli album pubblicati sul finire degli anni sessanta, Uncle Meat in testa, rendono evidente anche a chi non era riuscito ad andare oltre l’immagine e i testi del gruppo di Zappa, The Mothers Of Invention. E come il celeberrimo Hot Rats – album solista che per la prima volta mette in evidenza in modo palese l’originalità e la versatilità del Frank Zappa chitarrista – si incarica di dimostrare.

Se dobbiamo prestar fede alle note di copertina scritte per l’album dall’allora notissimo critico di jazz Leonard Feather, l’impulso iniziale per l’incontro tra i due venne dal produttore discografico Richard Bock, della World Pacific. Incuriosito dalla musica di Zappa, Bock gli fece visita nello studio dove Zappa incideva Hot Rats, facendogli successivamente ascoltare qualcosa di Ponty. E fu così che il violinista si trovò a suonare su It Must Be A Camel, lo splendido brano posto in chiusura di quell’album.

Nasce qui l’idea di una collaborazione ad ampio raggio. Come ben noto, Hot Rats fu registrato nel luglio-agosto del ’69, e King Kong subito dopo, anche se le stampe originali in nostro possesso – come pure la prima versione su CD, a cura della Blue Note – non portano alcuna data. Fonti in Rete vogliono oggi l’incisione dell’album come avvenuta il 6 e il 7 ottobre, in quei Whitney Studios, nella californiana Glendale, già ben noti a Zappa.

Dovette certo trattarsi di session "svelte" e a basso budget (una testimonianza dal sapore piccante tipicamente zappiano è costituita dal titolo del lungo, ambizioso e complesso brano che occupa quasi per intero la seconda facciata dell’album, Music For Electric Violin And Low Budget Orchestra), da cui è ragionevole supporre una preparazione millimetrica, spartiti inclusi.

Tre brani – quelli maggiormente "composti" e dallo sviluppo più "controllato" – si avvalgono della batteria e delle percussioni di Arthur D. Tripp, III (è l’Art Tripp già componente dei Mothers Of Invention) e dell’eccellente contrabbasso di Buell Neidlinger, che ricordiamo quale propulsione del pianista Cecil Taylor in storiche incisioni dei primi anni sessanta.

I tre brani dallo sviluppo maggiormente "jazzato" – non ce ne vogliano i fan di questa musica, si intende qui dire "il tema e via" – vedono invece una ritmica composta dalla batteria di John Guerin e dal basso elettrico, che diremmo fretless – "Fender bass", dicono le note di copertina – di Wilton Felder (i fan di Joni Mitchell ricorderanno senz’altro i suoi "levare" di sapore "latino" su due celeberrimi album di metà anni settanta della cantautrice canadese, Court And Spark e The Hissing Of Summer Lawns).

Presenza fissa sui brani "jazz" – e musicista di una certa fama sino ai giorni nostri – Ernie Watts è a sax alto e tenore, mentre sugli altri brani questi strumenti sono (logicamente) appannaggio dell’allora braccio destro di Frank Zappa, ed ex dei Mothers Of Invention, Ian Underwood.

Ma la sorpresa dell’album è senz’altro il pianista – acustico ed elettrico – che porta il nome di George Duke: ottimo sia in accompagnamento che in assolo, creativamente "jazzato" all’acustico e appropriatamente "funky" al Fender Rhodes, Duke entrerà di lì a poco – pur se per breve tempo – nella nuova formazione dei Mothers, per poi ritornare stabilmente e diventare una delle figure di spicco delle apprezzatissime formazioni zappiane della prima metà degli anni settanta.

L’apertura è per King Kong, già su Uncle Meat. Assolo di piano elettrico di George Duke  (che sembra fare anche riferimento all’assolo di Don Preston su Little House I Used To Live In, da Burnt Weeny Sandwich), con ottimo "appoggio" del contrabbasso di Neidlinger. Assolo di violino, e tema, con bella coloritura del vibrafono di Gene Estes.

The Idiot Bastard Son, da We’re Only In It For The Money, sfoggia violino e sassofoni. Un inizio orchestrale, poi assolo di violino con un bel ¾ di John Guerin, con ottima cassa, e vivace e complesso apporto del basso di Wilton Felder. Il brano dà largo spazio a Ponty, poi un finale orchestrale, con il sassofono in evidenza.

Segue Twenty Small Cigars, allora inedita (già incisa al tempo di Hot Rats, verrà poi inclusa su Chunga’s Revenge), qui con un inizio che riporta alla Round Midnight di Thelonious Monk. Spazzole di John Guerin, assolo di violino di Ponty con Duke a dare gli accordi. Bella transizione, scritta, di violino e sassofono che riporta al tema.

How Would You Like To Have A Head Like That è il contributo compositivo di Ponty. E’ un brano semplice e di marcato sapore "funky" con in evidenza il basso di Wilton Felder. Lungo assolo di violino, assolo di tenore, la sezione ritmica – John Guerin in testa – è maggiormente a suo agio durante l’assolo di piano elettrico di George Duke, che intelligentemente ripete più volte una cellula ritmica. Splendido assolo di chitarra di Zappa – il suo unico contributo strumentale all’album è sull’unico brano non suo – qui alla semiacustica, con i classici gruppetti fitti alternati alle corde "stirate" e il più classico e "zappiano" uso del pedale wha-wha.

La seconda facciata è occupata quasi per intero da un lungo brano a episodi, il già citato Music For Electric Violin And Low Budget Orchestra. Nonostante sia giocoforza composito (come avremo modo di vedere tra un istante, vengono ripresi due temi zappiani già eseguiti su album dei Mothers Of Invention) l’insieme possiede una sua coerenza, sviluppandosi per quasi venti minuti senza minimamente annoiare. Conduzione di Ian Underwood per undici musicisti.

Inizio con arpeggio del fagotto suonato da Donald Christlieb, poi una melodia per oboe – è Gene Cipriano – mentre si aggiungono gradualmente gli altri fiati e il violoncello. L’insieme risulta non poco varesiano – e diremmo ovviamente, data la nota predilezione di Zappa per "Edgar Varèse, idol of my youth" – a metà strada tra le parti orchestrali di Lumpy Gravy e certe arie da 200 Motels. Percussioni, batteria, flauto (è Jonathan Meyer, più volte in evidenza), violino, e pizzicato con l’oboe in primo piano;

a partire da 5′ un bel momento "bluesy" con il violino di Ponty in primo piano ben sorretto dal pianoforte di Duke, che poi si concede un breve assolo con gran bel sostegno del contrabbasso di Neidlinger; il tutto va poi a sfociare nella ripresa del tema di The Duke Of Prunes, brano già noto per l’esecuzione fattane su Absolutely Free;

segue un’aria "avant-garde" con – a 11′ 19" e 12′ 37" – un sassofono non accreditato, che diremmo essere quello di Underwood;

curioso ascoltare a partire da 13′ 15" un momento che sembra rimandare all’Anthony Davis "Third Stream" di un decennio dopo;

da 15′ 07" si può ascoltare la ripresa di A Pound For A Brown On The Bus, anch’esso originariamente su Uncle Meat, con violino, flauto, contrabbasso, percussioni e pianoforte; bell’assolo finale di violino su un tempo cadenzato "jazz" della ritmica;

la chiusura del brano è un momento corale quasi "alla Gershwin", poi una cadenza solista di violino e chiusa.

Un’esecuzione sciolta e spiritosa di America Drinks And Goes Home, anch’essa proveniente da Absolutely Free, chiude l’album, in bel contrasto con il lungo e complesso brano che l’ha preceduta; scattante assolo di pianoforte di George Duke, buon lavoro di Ian Underwood a sax alto e tenore; accelerazione finale, con il tema che acquista un che di bandistico, da circo.

Dobbiamo ammettere di esserci molto divertiti – e a volte anche un po’ commossi – nel riascoltare quest’album, che – per abbondare in chiarezza – non è a nome di Zappa, e non fa quindi parte del lotto di ristampe di quest’anno. Più volte ristampato da etichette diverse e con varie formule, l’album ci risulta disponibile (non è nostra intenzione propiziare aste su eBay). Da parte nostra abbiamo rivisitato l’album originale in vinile Made in U.K. della Liberty (che diremmo quello che meglio restituisce la cubatura dello studio e una dinamica oggi poco comune nella musica registrata) e la versione in CD della Blue Note dei primi anni novanta.

Beppe Colli


© Beppe Colli 2012

CloudsandClocks.net | Dec. 3, 2012