Phish
Live At Alpine Valley, 2010 (DVD-V
+ CD)
(JEMP)
Forse (ma
mai come qui il condizionale è d’obbligo; e forse è davvero il caso di
fare i debiti scongiuri) i Phish sono tornati stabilmente tra noi. E nel
modo che per lo storico quartetto del Vermont è il più classico: con un
buon album, Joy (2009), che come al solito non ha venduto granché; e con
una serie di concerti come sempre affollatissimi ma che stavolta il gruppo
ha effettuato in numero sensibilmente inferiore rispetto al passato, forse
allo scopo di evitare un prematuro burn-out. In parallelo, proseguono le
attività soliste dei quattro.
Da sempre
decisi sostenitori di un’autogestione teorico-pratica messa in atto con
coerenza e chiarezza di intenti tutt’altro che comuni, i Phish si trovano
oggi in una posizione invidiabile: quella di chi può contare su un seguito
notevolissimo proprio mentre il progresso tecnico mette a disposizione
gli strumenti atti a poter gestire un filo diretto dove passano informazioni
e dati di tutti i tipi. In questo senso potremmo definire l’ottimo Live
At Alpine Valley, 2010 quale documento indirizzato principalmente ai tanti
fan la cui passione per il gruppo, a dispetto di una partecipazione declinata
in modi tecnologicamente più tradizionali, non è per questo meno accesa.
Sbarazziamoci
subito dei dettagli tecnici. Il materiale contenuto in questo piccolo box
è stato registrato e filmato nei giorni 14 e 15 agosto dello scorso anno
nel
"Legendary Alpine Valley Music Theatre" situato a East Troy, nel
Wisconsin. Un posto enorme, come chiunque potrà verificare di persona. Ottima
resa video e audio (sia stereo che 5.1). Il box contiene due DVD-V e due
CD. Quasi tre ore di durata, il concerto del 14 agosto è contenuto sia nei
DVD-V che (quasi integralmente) nei CD. Il materiale video è integrato da
un’ora abbondante di estratti provenienti dall’esibizione del 15. Qualche
occhiata al pubblico, ma l’attenzione è qui rivolta a quanto accade sul palco.
Da sinistra:
le tastiere di Page McConnell, la postazione chitarristica di Trey Anastasio,
la colonna bassistica di Mike Gordon, la batteria di Jon Fishman, che dopo
tanto tempo torna a occupare quella posizione così inusuale ma che evidentemente
rende più agevole guardarsi e comunicare. McConnell e Fishman sono sempre
gli stessi, Gordon ha il volto imperscrutabile di una statua dai colori
Zen, e Anastasio… sembra un po’ più vecchio ma decisamente più in salute,
se è chiaro il concetto.
Andiamo
alle conclusioni. L’esibizione è ottima, il gruppo sembra davvero rinato.
Intesa telepatica, performance strumentale solidissima, un’enorme capacità
di affrontare (credibilmente) gli stili musicali più disparati. Al piano
acustico, all’organo Hammond, al classico Hohner Clavinet D6 (e non può
mancare il cristallino piano elettrico Fender Rhodes), McConnell è perfetto
nel fornire contrappunti alle linee melodiche della chitarra di Anastasio
(che è sempre una Paul Languedoc, ma un esemplare nuovo). Anastasio ha
ancora quella diteggiatura che ben gli conosciamo, e una capacità inesausta
di suonare fresco (e si ascolti la varietà con la quale fa scaturire gli
armonici con il plettro, da Garcia a Zappa). Sarebbe criminale sottovalutare
le onnipresenti (ma mai invadenti) linee di basso di Gordon. Mentre è solo
la naturalezza con la quale Fishman suona le cose più strane e diverse
che potrebbe indurci a tratti a dare per scontata la sua presenza.
Con i Phish
non è mai due volte lo stesso concerto, ed è per questo che non ci sentiremmo
di attribuire una valenza definitiva alla quasi totale mancanza di quei
momenti
"space rock" che vedono protagonisti i sintetizzatori di McConnell,
qui poco usati (li diremmo: un vecchio Yamaha CS70 e un più recente monofonico
della Moog, il Little Phatty – ovviamente la versione limitata con i profili
in legno e le ruote illuminate in azzurro). Come vedremo tra un istante,
la varietà del materiale è enorme: da cover dei Los Lobos e Little Feat a
esecuzioni di precisione millimetrica di vecchie pagine di complessità "prog",
da ballate dal sapore meditativo a quei momenti "assurdi" firmati
Gordon. Musica che richiede tanto anche in senso muscolare, come provato
dal ruotare di polsi e dallo stirare di dita prima del bis (che è la dylaniana
Queen The Eskimo, qui cantata da Gordon).
Il primo
set del primo concerto apre con una Tube molto funky, con il Clavinet in
evidenza. Segue la breve The Oh Kee Pa Ceremony, dai sapori country. E’
poi la volta della scanzonata Suzy Greenberg, con belle uscite soliste
di chitarra e pianoforte. Funky Bitch ha la voce di Gordon, un solo di
Hammond e uno di chitarra. Reba vive appropriate complessità, con arpeggi
a incastro di chitarra e pianoforte, ispirati unisono e un bell’assolo
di Anastasio. Bella sorpresa, la breve e "metallica" Fuck Your
Face, con Gordon alla voce. Alaska ha un groove pigro molto "Southern
rock". Stesse atmosfere per la familiare Back On The Train. Taste
è fin qui l’episodio più emozionante, con assolo stratosferico di Anastasio.
Segue una bella cover di When The Circus Comes dei Los Lobos ben interpretata
da Anastasio. Poi Lawn Boy, Sparkle e Gumbo ci conducono a un’ottima esecuzione
di Run Like An Antelope.
Immaginiamo
che il caffé servito nel retropalco dell’Alpine debba essere di quelli
forti, perché quello che torna dopo un breve intervallo è tutto un altro
gruppo. I Phish partono sparatissimi con una The Sloth che è prog nel senso
degli High Tide, si infilano a testa bassa nei diciassette minuti di Down
With Disease, che decolla per poi sfociare nell’atmosfera immobile di What’s
The Use, con la chitarra ai limiti del feedback (si noti la finezza con
la quale Anastasio spegne gradualmente il volume della chitarra utilizzando
il mignolo della mano destra). Cambiano i climi, ma non la carica, per
Scent Of A Mule, con inserto
"greco", e Mike’s Song, con ottimo assolo di chitarra. La malinconica
Dirt è una di quelle ballad dal sapore quasi funereo che completano l’immagine
del gruppo: voce e chitarra di bella sensibilità, parte solista di basso,
pianoforte sottile. Si torna al funk con una ripresa di Sneakin’ Sally Thru
The Alley, con Clavinet e basso con il wha-wha. Poi una buona versione di
Weekapaug Groove, con bel solo di chitarra. Chiude la complessa ballad chiamata
Bug, con efficaci "stiramenti" di corde.
Ma il bello
deve ancora arrivare (!), con gli estratti del concerto del giorno successivo.
Se AC/DC Bag è molto ben eseguita, la On Your Way Down già Little Feat,
con McConnell alla voce e all’Hammond, è strepitosa, con Anastasio a sparare
armonici degni di uno Zappa "single coil" degli anni ottanta
(e si osservi il volto felice di un uomo sobrio qual è McConnell verso
la fine del suo assolo di Hammond). C’è una esecuzione cristallina di Divided
Sky, con un momento da "fuori i fazzoletti" da affiancare all’esecuzione
di The Lizards che chiudeva IT. Seguono la recente Stealing Time From The
Faulty Plan e una esecuzione pressoché perfetta della classica David Bowie,
con impeccabile crescendo.
Si cambia
DVD-V. Apre l’eccellente "cool funk" di Ghost, con Clavinet e
pianoforte, con buone parti vocali. Segue un bel lavoro di ensemble per
la ben nota Theme From The Bottom. Com’è logico, Big Black Furry Creature
From Mars fornisce appropriata levità.
Beppe
Colli
© Beppe Colli 2011
CloudsandClocks.net
| Mar. 24, 2011