Phish
IT (DVD-V)
(Elektra)
A
volte la vita fa davvero degli strani scherzi: verosimilmente messo
in cantiere allo scopo di testimoniare l’ottimo stato di salute di un
gruppo appena ricostituito cogliendolo in quello che da sempre viene
considerato il suo habitat naturale, il documentario intitolato IT si
è del tutto inaspettatamente ritrovato ad assolvere la funzione
di epitaffio; e per capire quanto la fine sia giunta inattesa è
sufficiente ascoltare la musica contenuta in questo doppio DVD-V (decisamente
agile a dispetto di una durata di quattro ore e mezza) registrato il
2 e il 3 agosto del 2003 a Limestone, nello stato del Maine, nel corso
del festival da cui prende il nome.
Come
largamente noto, alla fine del 2000 i Phish avevano deciso di concedersi
una pausa di durata indeterminata – l’ormai famoso "extended hiatus"
– allo scopo di ricaricare le batterie; ferma restando la possibilità
che i quattro non tornassero mai più a suonare insieme. Il gruppo
si lasciava dietro una nutrita discografia dai molti picchi, ma soprattutto
un lungo cammino concertistico atipico e assolutamente controcorrente
dove quello spirito di improvvisazione già coltivato in musica
veniva riversato nella strutturazione di "eventi speciali"
che ambivano essere "intimi" a dispetto delle loro dimensioni. Registrato il 30 settembre del 2000, il DVD-V Live In Vegas era senz’altro
una buona – seppur forzatamente limitata – introduzione a quanto di
speciale c’era stato in quei concerti. Due anni dopo, una ricostituzione
che oggi è fin troppo facile dire prematura (forse è più
indicato definirla senza speranza?) a dispetto dell’eccellente Round
Room, album che nel presentare un gruppo capace di ricercare attivamente
situazioni rischiose è senz’altro preferibile alla fine "cronologica"
di Undermind.
Girato
in alta definizione, e molto ben registrato, IT è stato poi missato
– sia in stereo che in formato 5.1 – da uno stimato specialista in materia:
Elliot Scheiner. Andato in onda lo scorso agosto sulla rete "pubblica"
statunitense denominata PBS, il documentario vero e proprio (un’ora
e mezza di durata) alterna lunghi spezzoni di brani eseguiti dai Phish
a brevi interviste ai membri del quartetto e a pittoresche ricognizioni
sul luogo del festival. Facile dire senz’altro riuscito il tentativo
di illustrare – in modo agile ma non omissivo – quel che contraddistingue
il gruppo a beneficio di un pubblico che non necessariamente è
quello dei fan più accaniti. La musica viene fuori benissimo,
si tratti di brani mossi quali 46 Days, Birds Of A Feather e Chalk Dust
Torture o di spezzoni di jam, di tirati rock’n’roll quali la ripresa
della loureediana Rock And Roll o di strutture intricate quali quelle
presenti nei classici You Enjoy Myself e David Bowie. Senz’altro efficace
la chiusa di The Lizards, ancorché in una versione abbreviata
dal montaggio.
Lo
spezzone intitolato Sunk City offre uno spaccato sull’aspetto più
propriamente scenografico/concettuale del festival, mentre l’episodio
intitolato The Tower ci introduce all’elemento "sorpresa su grande
scala" che tanto sta a cuore al gruppo. Intervistati sul come e
il perché del loro lavoro, i quattro si dimostrano piacevolmente
in difficoltà per quanto riguarda l’aspetto verbale ma con le
idee assolutamente chiare – e di un gruppo la cui idea di "eleganza
da grande occasione" è rappresentata da un giubbotto nuovo
e da capelli ben pettinati non può certo esser detto che non
mette la musica al primo posto.
Il
secondo disco, dalla durata di due ore e mezza, è invece composto
da soli spezzoni musicali – e qui le canzoni vengono riproposte in maniera
integrale. Tutte le caratteristiche che da sempre rendono pressoché
unici i Phish – il polistilismo, un grande affiatamento, l’elasticità,
il rischio – sono qui rappresentate al meglio. Regia sempre attenta
all’aspetto musicale – primi piani di dita e di sguardi d’intesa – per
esecuzioni lunghissime e spesso decisamente emozionanti. I titoli sono
quelli che ci aspetteremmo: classici come Reba, Limb By Limb, Chalk
Dust Torture, David Bowie e The Lizards (quest’ultima con un bellissimo
assolo di piano), e brani tratti da Round Room – Waves, Seven Below,
Pebbles And Marbles. Tecnicamente molto strana la resa di Seven Below,
laddove l’audio è in ritardo di circa due secondi rispetto al
video.
Resta
il rincrescimento per la fine di un’avventura che per scala, tempo e
luogo costituiva un vero esemplare unico. Un rincrescimento che la visione
di IT rende ancor più motivato, anche se un album come Undermind
ci aveva detto che le delicate dinamiche del gruppo dovevano essersi
un po’ gualcite. E una visione che diremmo assolutamente consigliata
a tutti, e in special modo a chi ama la techno – perché non si
vive di solo silicio – e a chi ha amato il "progressive" ed
è ora disilluso – passione e cura certosina non sono mai appannaggio
di un solo "genere".
Beppe Colli
© Beppe Colli 2004
CloudsandClocks.net | Oct. 26, 2004