Phish
Fuego

(JEMP)

Solo logico interrogarsi sui possibili motivi alla base del silenzio discografico dei Phish dopo la pubblicazione di Joy (2009), i cinque anni trascorsi dall’uscita di Undermind (2004) corrispondendo al periodo in cui il gruppo si era di fatto sciolto. Le cronache live dicevano di un ottimo stato di salute, come il "combo" audio-video intitolato Live At Alpine Valley, 2010 era stato agevolmente in grado di dimostrare. Con solo qualche lavoro solista di non gran peso (Trey Anastasio e Mike Gordon) a smuovere le acque, nel 2013 il gruppo aveva festeggiato il trentesimo anniversario con un tour estivo.

Poi la notizia che un nuovo album – titolo provvisorio: Wingsuit – era in fase di progettazione. Produttore scelto: Bob Ezrin. Un po’ sorpresi, si rifletteva. Ezrin ha un curriculum lungo e vario che giunge ai giorni nostri. Facile estrapolare Alice Cooper, Lou Reed, Peter Gabriel, i Pink Floyd pre e post Roger Waters e David Gilmour da solo.

I Phish avevano presentato il nuovo album quasi per intero nel corso dell’abituale "travestimento" del concerto di Halloween, il 31 ottobre, alla Boardwalk Hall di Atlantic City, nel New Jersey. Le cronache dicono di un pubblico in parte perplesso per la presenza di un set di inediti a prendere il posto della riproposizione di un album leggendario, com’era stato costume del gruppo.

Il giudizio su Fuego dipenderà ovviamente da ciò che ciascuno si aspetta o desidera. Da parte nostra, tolta di mezzo una lagnanza che potrebbe rivelarsi largamente minoritaria riguardante l’assenza di quelle cose in stile "rock tortuoso" che a nostro parere sono parte imprescindibile del mosaico Phish (si pensi a Tweezer, su A Picture Of Nectar), il giudizio è positivo, con un’avvertenza: l’album è stato messo perfettamente a fuoco solo quando ci è stato possibile ascoltarlo a discreto volume e in perfetto silenzio, il che non sempre è possibile. Questo non perché l’album sia particolarmente difficile – è vero semmai il contrario – ma perché la produzione di Ezrin si estrinseca in un lavoro certosino di echi e disposizioni spaziali, con largo impiego di cori (ci arriviamo tra un momento), tutte cose che necessitano di essere percepite con chiarezza.

Si potrebbe sostenere che Ezrin ha avuto successo dove altri prima di lui avevano fallito, ma questo vorrebbe dire non tenere conto del materiale che il gruppo ha messo sul tavolo. Su Round Room (2002) Bryce Goggin aveva saputo cogliere brillantemente i quattro musicisti intenti a riprendere una conversazione precedentemente interrotta. Pur con qualche effetto di troppo, Undermind (2004) aveva visto Tchad Blake fare i conti con un gruppo nuovamente in stato di crisi. Mentre la guida di Steve Lillywhite aveva reso possibile il gradito ritorno di Joy.

Fuego ci mostra un gruppo uguale a se stesso, e però diverso. Paradossalmente, data la natura tipicamente "di studio" del lavoro di Ezrin, si potrebbe sostenere che l’album ci mostra i Phish come sono dal vivo – cioè a dire, in una dimensione paritaria: quella che i moderni mezzi di amplificazione rendono possibile ottenere, sol che lo si voglia (qui il già citato Live At Alpine Valley, 2010 è in grado di parlare forte e chiaro). Sulle prime è facile rimanere stupiti da quella che, a paragone del passato, potremmo definire una minore presenza di Anastasio. In realtà Anastasio c’è, ma qui il punto focale della musica cambia spesso, con l’assolo di chitarra (ce ne sono di splendidi) e la riconoscibilissima vocalità del musicista a essere elemento tra molti.

L’album è stilisticamente assai vario, riuscendo ad accogliere senza forzature certe propensioni "pop" con fiati e cori tipiche dell’Anastasio più recente e "creazioni di gruppo" – si pensi ad alcuni episodi di The Story Of The Ghost – assai composite. Se è ovvio segnalare un lavoro sui suoni che consente di presentare ogni episodio al meglio, va parimenti messo in risalto l’attento lavoro svolto dal gruppo in fase di pre-produzione, come dimostrato da parti strumentali che certamente non sono lì per caso.

Registrazioni effettuate in luoghi diversi – c’è anche la gradita sorpresa di ritrovare i celeberrimi Fame Recording Studios di Muscle Shoals, Alabama – ma soprattutto a Nashville, città che da molti anni, complice lo stato di crisi degli studi storici di New York e Los Angeles, è diventata il luogo ideale per la registrazione della "musica suonata". Vengono usati il Ronnie’s Place e gli Anarchy Studios, il secondo dei quali essendo quello scelto da Ezrin anche per missare il tutto. Lunga la lista dei tecnici, non breve quella delle voci aggiunte e dei suonatori di fiati.

Brano di apertura, con i suoi nove minuti abbondanti Fuego è l’unico episodio di lunga durata. Ma il suo compito è quello di fare da ponte tra i concerti presumibilmente visti nel frattempo e l’apparizione dell’album. Registrato il giorno precedente la presentazione del materiale nel già citato concerto di Halloween, e nello stesso luogo, il brano è un "quasi dal vivo" – si colgono qua e là dei montaggi, si percepisce un trattamento vocale – di grande impatto emotivo.

Fuego apre con una melodia "misteriosa" con basso e piano, poi la batteria, quindi un incedere che diremmo "marziale". Giro armonico dal sapore quasi "metal", voci "a cappella", raddoppio di velocità, batteria!, organo Hammond, e poi… ‘m-waaaah…, un assolo di chitarra "di gola", con bel crescendo del basso. Ritorno della melodia "misteriosa", stacco di chitarra, voci multiple echizzate. Il secondo assolo di chitarra è tipico, ma piazzato basso, con ottimo contrappunto del piano, come avviene spesso dal vivo. Si spegne, con ottimo piano, basso, e rullante.

The Line apre bene con basso, Hammond, rimshot e hi-hat, la voce di Anastasio, piano elettrico Fender Rhodes, e un’aria tra il reggae e il calypso. Bella entrata di voci multiple in contrappunto al ritornello. Morbida coda strumentale.

Devotion To A Dream parte cadenzata (alla Chalk Dust Torture), con piano, basso, la voce di Anastasio, il contrappunto di un coro quasi bluegrass, una parte di chitarra garbata, Hammond ad accordi. Un brano molto "west coast" con più di un pizzico di Jerry Garcia nell’assolo di chitarra finale, ben sorretto dal pianoforte.

Scritta dal solo Page McConnell, Halfway To The Moon è un bel pezzo in levare, con ottimo gioco di hi-hat chiuso/semi-aperto, basso, pianoforte, e un bel giro di accordi che somiglia a tante cose vecchie del gruppo ma che suona sorprendentemente fresco. Bell’assolo di piano, e un coro di "arredamento" nella ripresa. Chitarra appropriatamente in secondo piano. Bella coda intensa.

Winterqueen offre sottili modulazioni del filtro del sintetizzatore, un arpeggio di chitarra pulita, una progressione di accordi, e la voce rilassata di Anastasio. C’è una bella entrata di fiati su un piatto ride cadenzato più basso a fare da contrappunto alla chitarra lieve, nettamente avvertibili le sordine sulle trombe.

Sing Monica è il classico brano che funge(rebbe) da singolo, a più voci, quasi i Kinks, allegro, con Hammond in appoggio. Bella accelerazione nell’inciso, che sfocia in una disinibita parte di chitarra.

Firmata Gordon/Murawski, 555 è un funky-soul con fiati dalle parti di New Orleans, tra i Little Feat e gli Steely Dan. Voce di Mike Gordon, c’è ovviamente il Clavinet, un mid-tempo con coro "call and response", chitarra con wha-wha, Hammond più fiati. Bell’assolo di chitarra "wha" con un suono che sembra filtrato da un VCF della Oberheim, alla Zappa di metà anni settanta, ben avvolto da Hammond e fiati. Da gustare lo stacco finale sulla tastiera dell’Hammond (vero).

Waiting All Night ha un inizio "bossa", tastiera liquida, basso, bel gioco rimshot/ride, una "soul ballad" a più voci di grande sensibilità. Chitarra discreta, poi Anastasio a entrare su una tonalità alta. Bella slide più tastiere, poi una coda vocale.

Wombat è un classico pezzo "macedonia", come certe cose su The Story Of The Ghost. Funky, con tempi composti, linee a incastro, voci multiple, chitarra spiritosa, e un effetto "scratching". In finale voci femminili, una robusta sezione fiati, e il Clavinet "spaziale" di Page McConnell.

Sorprendente, in chiusura, Wingsuit. Entrata ipnotica-oppiacea, tastiere, chitarra, un piano elegante. Piatto ride, basso, rullante con cordiera, la voce di Anastasio, e un coro dal sapore fortemente beatlesiano. Di nuovo l’aria ipnotica, Anastasio, il pianoforte, gli effetti di synth, il coro beatlesiano. Netto stacco con un inciso dal colore vocale beatlesiano/floydiano, corale. Torna l’inciso, crescono i sintetizzatori (chissà se il polifonico è ancora l’Alesis Andromeda). C’è una pausa, un giro di piano, la batteria "grossa", giro di chitarra, stacco, e un’entrata collettiva maestosa con chitarra alla David Gilmour/Phil Manzanera. Chiude misterioso il sintetizzatore, con diversi LFO a creare battimenti.

Beppe Colli


© Beppe Colli 2014

CloudsandClocks.net | July 15, 2014