Gary Peacock/Marilyn Crispell
Azure

(ECM)

Gran bella sorpresa ritrovare il piano di Marilyn Crispell intento a dialogare con il contrabbasso di Gary Peacock, e proprio quando ci eravamo ormai convinti che le strade dei due musicisti fossero destinate a non incontrarsi più, con Peacock impegnato nel celebre trio che lo vede accanto a Keith Jarrett e a Jack DeJohnette, e la Crispell sempre fedele a un’esplorazione artisticamente feconda ma che suo malgrado si ritrova oggi a vivere lontano dai riflettori.

La batteria dello scomparso ma indimenticabile Paul Motian completava il trio che aveva segnato il debutto della Crispell su ECM: dedito alla riproposizione della musica di Annette Peacock, l’album intitolato Nothing Ever Was, Anyway (1997) era parso nel contempo voler ripensare la lezione del pianismo di Paul Bley, anche se poi la stessa Crispell – nelle note di copertina da lei stessa scritte per Amaryllis (2001), l’acclamato seguito di quell’album – aveva dichiarato che "(…) la rivelazione di queste session è venuta quando Manfred" (Eicher) "ha suggerito che suonassimo dei brani free lenti". (…) "La rivelazione di questa musica è stata che la libertà non è un concetto che può essere ritenuto esclusivo di uno stile particolare di musica improvvisata".

Poi, com’è noto, il trio aveva visto la sua personalità mutare, con Mark Helias a prendere il posto di Peacock sull’altrettanto riuscito Storyteller (2003).

Anticipando le conclusioni, diremo Azure album che non tradisce le attese. Ben registrato, con il contrabbasso forte e chiaro nella sua dimensione dialogica: passati fortunatamente quei tempi che vedevano le vibrazioni del quattro corde provenire da un’altra stanza o sprofondare nel rumore del vinile, siamo ormai certi del fatto che lo strumento non deve forzatamente essere relegato al ruolo di "accompagnamento".

Composizioni e improvvisazioni vengono divise equamente, come pure lo spazio dei due brani incisi in solitudine, intitolati (chi lo avrebbe mai detto?) Bass Solo e Piano Solo: densi e concentrati, dicono molto in poco tempo. Una caratteristica, quest’ultima, che potrebbe essere riferita a tutto l’album, laddove i singoli brani sembrano durare più di quanto asserito dal minutaggio.

Il lavoro si apre con una composizione della Crispell intitolata Patterns. E’ un tema che potrebbe ricordare alla lontana certe esplorazioni di Muhal Richard Abrams, soprattutto nella ripresa, a 6′ ca., in vista della fine. Sviluppo dialogico non torrenziale ma controllato. Bella e lunga parte "swingata" del contrabbasso, con il piano a contrappuntare. Chiusa del contrabbasso in solitudine. Fatto un po’ strano, il CD si apre con quello che per certi versi è il pezzo più arduo e scuro dell’intero lavoro: una considerazione pragmatica, la nostra, che è certamente aliena alla visione artistica dei musicisti ma sulla quale ci siamo ritrovati a meditare; da qui l’invito all’ascoltatore meno avvezzo a questi climi a non farsi scoraggiare e a continuare l’esplorazione.

Goodbye – è ancora la Crispell – è una stupenda "ballad": come con l’apertura delle nubi, spunta un raggio di sole. Il suono è più chiaro, "poetico", ma il materiale non è per questo accessibile: ci sono voluti diversi ascolti prima che ci accorgessimo che quello che sulle prime ci era parso essere un accompagnamento del contrabbasso alla parte di piano era in realtà composto di parti scritte suonate dal contrabbasso e poi "echizzate" dal piano.

Firmato Peacock/Crispell, Leapfrog risulta "saltellante" come da titolo, con svolgimento denso.

Waltz After David M, della Crispell, è un pezzo jazzato decisamente accessibile. Introduzione che definiremmo "in stile Paul Bley", un tema che sarebbe perfetto anche eseguito da una fisarmonica. Bella esecuzione pianistica che va a incastonare un lungo assolo di contrabbasso.

Lullaby, di Peacock, ha un tema complesso e composito: introdotto dagli accordi di piano, poi una frase melodica del contrabbasso, poi una frase eseguita all’unisono (che alle orecchie "rock" di chi scrive pare avere un che di hopperiano), il tutto ripetuto più volte. Assolo di contrabbasso sugli accordi, poi assolo di piano. Bel brano, rimane l’impressione di un titolo forse poco appropriato.

The Lea, di Peacock, ha un’apertura del solo contrabbasso, poi il tema è eseguito dal piano, con il contrabbasso a fare variazioni. Breve ma densa.

Firmata Peacock/Crispell, Blue è il pezzo più jazzato e swingante, e quello che forse ci aspetteremmo da un disco di jazz in duo. Essenziale, con economia di mezzi, c’è forse un ricordo della Blue Note degli anni sessanta?

Puppets, di Peacock, ha un’apertura di piano, poi il contrabbasso con l’arco, un lungo episodio (Paul Chambers? Richard Davis?). Lo slide su una nota bassa segna l’ingresso di una breve frase di piano, si chiude.

Azure, di Peacock/Crispell, è una "ballad" placida, serena e ariosa. Lenti arpeggi, creazione comune, un procedere in parallelo. "Tremolo" a due mani, pedale

Beppe Colli


© Beppe Colli 2013

CloudsandClocks.net | June 26, 2013