Laura Nyro
More Than A New Discovery
(Rev-Ola)
Erano
già trascorsi cinque anni dalla prematura scomparsa di Laura Nyro (avvenuta
nel 1997 per un tumore alle ovaie) quando la Sony (l’etichetta che detiene
i diritti relativi al catalogo della Columbia Records) annunciò l’inizio
di un programma di ristampe degli album incisi dalla cantautrice. Un programma
selettivo, per tappe, che da parte nostra – pur tenendo in debito conto
l’importanza del valore promozionale di fattori quali la presenza di eventuali
inediti, nuove note di copertina e una nuova (e migliore?) masterizzazione
digitale – non ritenevamo certo indispensabile. Il perché è presto detto:
con l’unica, e importante, eccezione riguardante Nested (pubblicato nel
1978, è l’ultimo degli album che hanno reso grande la Nyro), ristampato
per brevissimo tempo in CD solo in Giappone, quanto può ritenersi essenziale
nel catalogo della musicista era già apparso in formato digitale. Certo,
migliorie sono sempre possibili; ma dobbiamo confessare il nostro scetticismo
al riguardo.
Ragionando
in termini di rarità avremmo scommesso che il primo titolo a essere ristampato
sarebbe stato ovviamente Nested (un album che tra l’altro già in versione
vinilica aveva sofferto in ragione di un suono decisamente cupo). In alternativa
c’era la prevedibile strada cronologica, con l’esordio di More Than A New
Discovery che, apparso originariamente su etichetta Verve nel 1967, era
poi stato ristampato dalla Columbia nel 1973 con una nuova copertina floreale
con il titolo di The First Songs.
E invece
no: il primo lotto apparso comprendeva infatti Eli And The Thirteenth Confession
(1968), New York Tendaberry (1969) e Gonna Take A Miracle (1971). La scelta
aveva una sua innegabile logica: il primo titolo (e primo album su Columbia)
aveva mostrato la Nyro esprimersi con maggiore libertà, sciolta dalle costrizioni
in termini di orchestrazione, arrangiamento e regolarità di tempi che tanto
l’avevano limitata sull’album di esordio; il secondo l’aveva vista intenta
ad ampliare i confini della canzone, processo che aveva prodotto risultati
difficilmente eguagliabili; mentre sul terzo la musicista aveva recuperato
parte del repertorio che tanta influenza aveva avuto su di lei negli anni
dell’apprendistato.
Restavano
fuori More Than A New Discovery e, curiosamente, anche l’ottimo Christmas
And The Beads Of Sweat (1970). Nessuna traccia di Smile (1976), album che
aveva segnato il ritorno discografico della Nyro dopo cinque anni di assenza,
né tanto meno di quel Season Of Lights (1977, doppio in Giappone, singolo
nel resto del mondo) che di quel ritorno era stato testimonianza concertistica.
Per non parlare di Nested. Due anni dopo era invece apparso un CD contenente
un bel concerto dal vivo in gran parte inedito: Spread
Your Wings And Fly – Live At The Fillmore East May 30, 1971.
E qui la storia – almeno per quanto riguarda le edizioni curate
in proprio dalla Sony – sembra destinata a concludersi. Non è certo difficile
indovinare il destino "di nicchia" di quel trittico pubblicato
ormai da sei anni; né un futuro altrettanto di nicchia, se non peggio,
per quanto restava ancora nel cassetto. La strada prescelta pare essere
quindi quella della licenza "caso per caso"; cosa che se da un
lato consentirà di procurarsi album altrimenti irreperibili (ma sarà vero?
veloci ricerche in Rete ci dicono di una perenne disponibilità già a partire
dalle primissime edizioni) eliminerà in partenza ogni possibilità di trattamento
organico della materia.
E questa è storia di oggi: Nested pare essere stato finalmente ristampato
da un’etichetta statunitense (creata ad hoc?), ma al momento in cui scriviamo
ci risulta di difficile reperibilità; mentre l’album di esordio ha visto
una (discussa) ristampa da parte dell’etichetta Made in UK chiamata Rev-Ola.
Ed è una storia che per amor di chiarezza va raccontata in due parti distinte.
(Chissà che succederà il giorno in cui cose quali i CD, i nastri master
e anche il concetto di "originale" non ci saranno più. E come
lo passeremo il tempo, noi sfaccendati?)
More
Than A New Discovery è un esordio discografico che con espressione oggi
forse retorica potremmo definire "di quelli destinati a rimanere storici".
Riteniamo che qui come non mai valga il fattore "contesto" (fermo
restando il diritto, e la possibilità, di ciascuno di trovare l’album gradevole,
interessante, di ispirazione, commovente e quant’altro mediante il solo
ascolto non mediato): sono passati infatti più di quarant’anni, ed è giocoforza
che timbri, arrangiamenti e stilemi assumano significati e valenze altamente
variabili. Da parte nostra indicheremmo quale svelto termine di paragone
l’album di Barbra Streisand prodotto da Richard Perry intitolato Stoney
End, laddove la cantante riprende tra l’altro Hands Off The Man (Flim Flam
Man) e Stoney End apparse proprio su More Than A New Discovery (e anche
Time And Love da Eli And The Thirteenth Confession, oltre a Just A Little
Lovin’ e No Easy Way Down contenute sul celebre album di Dusty Springfield
intitolato Dusty In Memphis): siamo già nel 1971, eppure crediamo che a
un ascolto comparato effettuato "al buio" sarà l’album della
Streisand ad apparire "più vecchio", in primis per un approccio
vocale più rigido, meno "funky". E ciò nonostante su More Than
A New Discovery manchi l’altra caratteristica distintiva della Nyro: il
suo pianoforte, che in quell’occasione la produzione le impedì di suonare
(motivo per cui i successivi album su Columbia recavano tutti la fiera
dicitura: Laura Nyro – Accompanying Herself On The Piano).
Perché
qui dobbiamo essere chiari: un conto è – per ignoranza, o marchette – dire
di due noterelle orecchiate e mal suonate che "assomigliano a…";
un altro trovarsi davanti a un esordio discografico dove una ragazza di
diciannove anni largamente autodidatta influenzata da Doo-Wop, Motown,
Bacharach &
David e Goffin & King (e jazz, classica e i musical di Broadway) riesce
non solo a elaborare una sintesi, ma a elaborarne una tanto personale da
diventare a sua volta stile.
Va da
sé che all’epoca le interpretazioni della Nyro risultavano di difficile
e selettivo fascino. Da cui una popolarità arrisa innanzitutto alle sue
canzoni, riprese in modo maggiormente piano da nomi quali The Fifth Dimension,
Blood, Sweat & Tears e la già citata Barbra Streisand; mentre la popolarità
più
"underground" della Nyro è ben rappresentata dalla bella versione
di Save The Country fatta da Julie Driscoll, Brian Auger And The Trinity
sul celebre Streetnoise. Ma è nell’interpretazione dell’autrice che vanno
innanzitutto gustati il brio di Wedding Bell Blues e California Shoeshine
Boys, i duetti di Blowing Away, il mood di Billy’s Blues e He’s A Runner,
e le perle (tanto diverse, ma ugualmente coinvolgenti) Buy And Sell e And
When I Die.
Se per
tutti gli anni settanta non fu impossibile trovare gli album Columbia originali
della Nyro, la cosa non era altrettanto facile per quanto riguardava il
suo album di esordio su Verve. L’unica edizione facilmente reperibile era
la ristampa Columbia del 1973 (con diversa copertina) intitolata The First
Songs. Ed era una ristampa dal suono curioso, con un basso molto più pimpante
di quello che appariva sugli album successivamente incisi dalla musicista.
All’epoca decidemmo che il tutto fosse da attribuire a quello che la copertina
indicava quale Remix Engineer: Jack Ashkinazy.
Le cose
si complicarono ancora un po’ allorquando venimmo a sapere che l’album
Verve era stato pubblicato non una, ma due volte: la seconda con un ordine
delle canzoni uguale a quello a noi familiare dalla ristampa del ’73 (ma,
ovviamente, con altra copertina e diverso missaggio), e con i testi delle
canzoni stampati sul retro dell’album (come la già citata ristampa della
Columbia) al posto delle note di copertina (che sapevamo esistenti ma che
non avevamo mai visto) della prima edizione. La maggior parte delle fonti
da noi consultate data ambedue le edizioni Verve al 1967, solo qualcuno
pone la seconda al 1969.
A questo
punto sorge un problema: quale edizione riproduce la stampa su Rev-Ola?
La questione è stata oggetto di un discreto dibattito in Rete (graziamo
il lettore dei particolari), dibattito che ci è subito parso assolutamente
incomprensibile non appena abbiamo avuto modo di ascoltare la nostra copia.
In termini di sequenza dei brani questa è indubbiamente la prima edizione,
mentre il retrocopertina non riproduce né la prima edizione (mancano le
note) né la seconda (mancano i testi) – e nessuna delle due, ovviamente,
aveva le note della Rev-Ola del 2008.
Colpo
di scena: le nuove note di copertina danno l’uscita originale dell’album
al 1966 (e fin qui…), e l’incisione al … 1965! (E qui diremmo proprio
che non ci siamo.)
OK, come
suona? Diremmo bene, o molto bene, con la seguente avvertenza: non abbiamo
mai ascoltato la (le?) versione(i?) Verve degli anni sessanta. Il confronto
è stato fatto con la versione rimissata in vinile del 1973 e con la versione
in CD della Columbia (l’unica), che riproduce quella del vinile in una
nuova masterizzazione.
Cercando
di ricostruire in via ipotetica la logica di chi operò il rimissaggio,
abbiamo sempre ritenuto che l’intenzione fosse di mettere in maggiore evidenza
la voce e la ritmica (basso elettrico, batteria e percussioni) mettendo
al contempo in secondo piano quegli elementi che, apprezzabili come "colore" qualora
usati con parsimonia (armonica, oboe, cornetta, archi, voci), potessero
contribuire a far suonare eccessivamente datato il tutto a un ascoltatore
del 1973. Ma più che tramite un rimissaggio al banco diremmo che il risultato
fu ottenuto soprattutto mediante un uso selettivo dell’equalizzazione;
da cui quei fastidiosi picchi distorti sulla voce quando sovraccarica il
microfono presenti in più di un brano; picchi che – se ben sopportabili
sull’album in vinile – divennero davvero fastidiosi nell’edizione in CD
(dedichiamo questa notazione a coloro i quali sostennero al tempo che una
più estesa risposta in frequenza sugli alti avrebbe rivelato particolari
inediti nelle incisioni d’epoca – e non si può certo dire che avessero,
letteralmente, torto…).
La voce
è adesso più "dentro", avvolta da voci e strumenti. Con tutta
evidenza, crediamo che essa sia più in linea con gli standard dell’epoca.
Gli strumenti
"solisti di contorno" sono adesso più presenti, e non disturbano
(per motivi anche economici, le session originali non esagerarono). Paragonato
a quello delle precedenti edizioni, il livello sonoro è di molto superiore,
ma senza distorsioni apprezzabili. Se il suono complessivo risulterà stancante
alla lunga è cosa a proposito della quale ovviamente non sapremmo esprimerci
oggi. Si sente una lunghezza, che diremmo "moderna", ed eccessiva
soprattutto nelle code, dei riverberi, e certo qualche programma no-noise
deve avere ovviato a rumori del nastro e a corruzione dell’ossido, ma non
lo diremmo superiore all’effetto di riedizioni presenti (e apprezzate) sul
mercato in questo senso paragonabili, da Dusty Springfield a Scott Walker.
E comunque, sentire la "s" tenuta sul finale di Billy’s Blues,
o la "d"
sul finale di Buy And Sell è un bel sentire.
Beppe Colli
© Beppe Colli 2008
CloudsandClocks.net | Apr. 22, 2008