Thelonious
Monk
Thelonious
Monk Quartet With John Coltrane At Carnegie Hall
(Blue
Note)
Forse
il più ambizioso e riuscito tra quelli da lui finora realizzati,
il doppio That’s The Way I Feel Now (1984) fu l’album-tributo che il
"produttore-come-regista" Hal Willner volle dedicare a Thelonious
Monk, il "Genius Of Modern Music" scomparso due anni prima.
Indubbiamente stellare, il cast dei partecipanti vedeva jazzisti di
chiara fama (Carla Bley, Johnny Griffin, Barry Harris, Steve Lacy, Elvin
Jones, Gil Evans), "rockisti sui generis" (NRBQ, Donald Fagen,
Was (Not Was), Todd Rundgren, Joe Jackson, Chris Spedding) e "francamente
inclassificabili" (Dr. John, Gary Windo, John Zorn, Schockabilly)
intenti a confrontarsi con le composizioni del pianista. Composizioni
alle quali un linguaggio angolare, un lirismo asciutto e la pronuncia
strumentale ben poco ortodossa di Monk avevano precluso ogni speranza
di pronta accettazione e le cui qualità fortemente innovative
sono forse più agevoli da cogliere nella durata concisa delle
incisioni realizzate a cavallo tra i quaranta e i cinquanta poi raccolte
nei due volumi intitolati Genius Of Modern Music e nei due album di
solo piano incisi negli anni cinquanta, Thelonious Himself (che curiosamente
include anche una Monk’s Mood eseguita in trio con John Coltrane e Wilbur
Ware) e Alone In San Francisco.
Decisamente
inquietante interrogarsi oggi sull’identità dei possibili partecipanti
"non jazzisti/avanguardisti" a un ipotetico secondo volume
di That’s The Way I Feel Now. Le composizioni di Monk sono notoriamente
molto difficili da eseguire correttamente (è famosa la circostanza
in cui – era l’album Brilliant Corners, che vedeva la partecipazione
di musicisti del calibro di Sonny Rollins e Max Roach – mai nessuna
esecuzione fu buona dall’inizio alla fine, da cui un certosino lavoro
di montaggio da parte del produttore Orrin Keepnews), anche se è
vero che la sola destrezza strumentale non garantisce di per sé
risultati entusiasmanti (Six Monk’s Compositions (1987), l’album monkiano
inciso da Anthony Braxton alla fine degli anni ottanta, non è
certo un buon esempio di affinità elettive all’opera). Se le
esecuzioni "accettabili" del repertorio monkiano sono (purtroppo)
molto comuni, è quasi paradossale notare che il migliore interprete
monkiano è stato un sassofonista, lo scomparso Steve Lacy (e
qui, tra un mare di titoli, indicheremmo le incisioni di gruppo della
fine degli anni cinquanta, Reflections e The Straight Horn Of Steve
Lacy, e i bellissimi album per solo sax soprano di trent’anni dopo,
Only Monk e More Monk); e che i frutti forse più prelibati sono
apparsi in Europa: ci riferiamo all’estetica "olandese" di
Misha Mengelberg e della sua Instant Composers Pool (un riferimento
discografico obbligato è il CD della fine degli anni ottanta
intitolato Two Programs – The ICP Orchestra Performs Nichols – Monk);
curioso notare quanto la prima versione di Epistrophy che compare su
Thelonious Monk Quartet With John Coltrane At Carnegie Hall somigli
a quella da noi ascoltata alcuni anni fa nell’esecuzione di un quartetto
composto da Misha Mengelberg, Michael Moore, Ernst Glerum e Han Bennink.
La
pubblicazione di Thelonious Monk Quartet With John Coltrane At Carnegie
Hall è fatto importante per due ordini di motivi (diamo qui per
scontata l’importanza di Monk e Coltrane): il primo è che, nonostante
una frequentazione non breve, i due incisero pochissimo insieme (solo
alcuni brani registrati tra il 1957 e il 1958 e apparsi sugli album
Thelonious Monk And John Coltrane e Monk’s Music, oltre al già
citato Monk’s Mood su Thelonious Himself), e quindi ogni nuova apparizione
è sempre la benvenuta; il secondo motivo è che l’esibizione
venne all’epoca registrata in maniera cristallina, cosa che consente
di godere dell’interscambio strumentale del quartetto senza sforzo alcuno.
Ben curato anche da un punto di vista grafico, il libretto del CD affianca
alle notizie più strettamente documentali sei (piccoli) saggi
critico-biografici che consentiranno all’ascoltatore di fornire alla
musica un’appropriata cornice.
La
performance del quartetto è datata 29 novembre 1957. L’occasione
era una serata a scopo benefico che vedeva anche la presenza di artisti
quali Billie Holiday, Dizzy Gillespie, Ray Charles, Chet Baker e Sonny
Rollins. Due gli spettacoli, come da programma riprodotto sul libretto:
il primo alle venti e trenta, il secondo a mezzanotte (e non è
difficile notare quanto le due esibizioni del gruppo risultino diverse
tra loro, per clima ancor prima che per repertorio). L’estate del 1957
aveva visto il quartetto impegnarsi in un lungo ingaggio al Five Spot
Café; lì un Coltrane dapprima esitante (e non ancora il
leader innovativo destinato a influenzare così profondamente
tutto il jazz a venire) giunse gradualmente a prendere confidenza con
il repertorio del pianista, che con tutta evidenza ben padroneggiava
all’epoca di questo concerto: si ascoltino i temi, e gli assolo, tutti
eseguiti con scioltezza.
Gli
arpeggi della bella Monk’s Mood costituiscono un’ottima apertura; molto
bella anche l’esecuzione di Crepuscule With Nellie, brano tra i più
lirici di tutta la produzione monkiana; Coltrane è appropriatamente
scattante nelle più mosse Evidence, Nutty e nella conclusiva
Epistrophy. Ascoltare Monk è un vero piacere: per una volta il
pianoforte è di ottima qualità, e diremmo che la verve
degli accompagnamenti ne risente piacevolmente. Ottima la ritmica, con
il contrabbassista Ahmed Abdul-Malik a fare appropriatamente da perno
e l’ottimo Shadow Wilson – benissimo registrato – a fornire contrappunti
al piano su cassa e rullante; si ascolti anche il suo ottimo lavoro
ai piatti su Epistrophy. La seconda esibizione è tipica di un
orario più tardo, quindi jazzisticamente favorevole al prolungarsi
degli assolo; si ascoltano qui con non poco piacere Bye-Ya, Sweet And
Lovely, Blue Monk e una versione più breve di Epistrophy.
Beppe
Colli
©
Beppe Colli 2005
CloudsandClocks.net
| Oct. 6, 2005