Luciano Margorani/Luca Pissavini/Chris Cutler
Kleine Welten

(Bunch Records)

Siamo pressoché certi di esserci imbattuti per la prima volta nel nome di Luciano Margorani una trentina d’anni fa grazie al RéR Quarterly, la mai sufficientemente rimpianta combinazione di LP in vinile e "rivista evoluta" instancabilmente curata da Chris Cutler. Leggere il nome dell’illustre batterista quale parte della formazione che appare su quest’album ci ha dato per certi versi la sensazione di vedere un cerchio che va a completamento. E se è ovvio che questa non è certo la prima volta che i due si ritrovano a suonare insieme – qui basta ricordare quell’album di canzoni a suo modo figlio dell’esperienza News From Babel che è Pseudocanzoni (2008) – pure l’apporto di Cutler a questo lavoro non può che essere descritto, per motivi che saranno più chiari tra un istante, quale "fondativo".

Chitarrista di solide capacità tecniche, Margorani può essere situato senza forzature lungo il continuum che va dall’improvvisazione di Derek Bailey da un lato a quelle esperienze che siamo soliti per comodità situare sotto il nome-ombrello di Rock In Opposition dall’altro, le posizioni lungo il continuum appartenenti ai singoli lavori dipendendo ovviamente dal carattere degli stessi.

Il quadro non sarebbe però completo se non citassimo influenze formative quali Robert Fripp dei King Crimson e Gary Green dei Gentle Giant, tracce dei quali sono agevolmente riscontrabili, pur se in quantità variabili, fin nel presente di Margorani.

Ci era piaciuto, qualche anno fa, l’esordio del "power trio" che andava sotto il nome di Fracture, formazione che a nostro avviso si riagganciava ai primi Massacre di Fred Frith, Bill Laswell e Fred Maher. Lì la chitarra di Margorani si univa al basso di Luca Pissavini e alla batteria di Andrea Quattrini. Curiosi di ascoltare il seguito della storia, eravamo rimasti delusi da Fracture II, dove un cambio batteristico aveva prodotto un’eterogeneità di approcci che il trio non era riuscito a ricondurre a un risultato coerente.

(Sperando di non creare troppa confusione segnaliamo un lavoro piccolo e garbato quale Home Is Where The Art Is, che Margorani ha registrato "in the moment" un paio d’anni fa insieme alla musicista statunitense Elaine diFalco, lavoro che a oggi non ci risulta essere disponibile al pubblico.)

Come da note di copertina, la genesi di Kleine Welten – il tutto è dedicato alla serie di dipinti di Vasilij Kandiskij che porta questo nome – è la seguente. Tre anni fa a Chris Cutler è stato chiesto di inventare sei "tappeti ritmici", cosa che il musicista ha fatto con l’apporto tecnico del fidato Bob Drake (e, se le nostre orecchie non ci ingannano, con un approccio che non ha disdegnato qui e là l’uso della sovraincisione).

Nell’aprile dello scorso anno Pissavini e Margorani hanno sovrapposto i loro strumenti alle performance di Cutler, ma con una particolarità: che mentre ambedue hanno improvvisato liberamente (e separatamente) sulle parti di Cutler, nessuno dei due ha ascoltato quel che l’altro faceva, con interessanti incursioni nell’ambito della "xenochrony" zappiana.

Ricordato che Cutler possiede un evoluto e coltivato senso della forma, ci pare di poter dire che i due "ragazzi italiani" si sono rivelati all’altezza dei nostri desiderata.

Il risultato finale è senz’altro interessante, con una spigolosa e grintosa gradevolezza che potrebbe allargarne non poco il pubblico potenziale: "It’s only Rock in Opposition, but I like it!".

L’album è diviso in sette quadri, quasi tutti di durata che diremmo contenuta. Ci ha stupito sulle prime vedere che la durata totale dell’album è mezz’ora, ma un’attenta frequentazione ci dice di una stringatezza formale che rende quella scelta una durata ottimale.

Proviamo qui di seguito a dare una descrizione di massima, avvertendo il lettore che i nomi da noi citati sono intesi a dare un ancoraggio descrittivo, non a dichiarare una mancanza di originalità di quanto suonato.

Kleine Welten I. Inizia Margorani in solitudine, con echi del Fripp di Fracture! Glissando del basso, poi a 15" entra Cutler. Batteria funambolica, diremmo con sovraincisioni: rullante, tom, piccole percussioni, hi-hat. Rullate, armonici di chitarra a 2′ 39", poi a 2′ 54" un tempo marziale che diremmo parente stretto del 12/8 di King Kong cui fa eco una chitarra con delay, e un contrappunto efficace del basso fretless. Chiusura: hi-hat, rullante e cassa.

Kleine Welten II. Assolvenza, batteria e chitarra frithiana entrano a 47". Basso in sottofondo, rullante e percussioni, note lunghe di chitarra. Basso "cantato" da 2′ 40", batteria funambolica, chitarra con echi, basso infine frenetico. "Soundscape" finale della chitarra, e (diremmo) loop del basso.

Kleine Welten III. Tempo "danzante" di Cutler, basso melodico, chitarra "esile" a esporre un tema melodico. Pausa, a 1′ 06" viene stabilito un tempo, poi a 1′ 18" un tema che rimanda al Frith di Gravity risolto in modo originale. "Xenochrony" interessante tra chitarra e basso, che qui ha un ruolo attivo. Tamburello?

Kleine Welten IV. Rullante con cordiera in evidenza, basso vivace e propulsivo, la chitarra a procedere per accordi. Tamburello, e "walking bass". Idee "spaiate" a volontà.

Kleine Welten V. Accordi di chitarra, poi ingresso del basso e della batteria su tempo dispari, c’è una specie di "funky" a 16", con rullante e un bell’hi-hat suonato aperto/chiuso, poi il ride percosso nella campana al centro del piatto. A 53" ca. un’esposizione "fratturata", un ottimo hi-hat frenetico, la chitarra su accordi ritmati, il basso fusion, si fissa il tempo, e un’aria frippiana a 2′ ca. Tema fratturato a 2′ 50" – è Fripp! – poi a 2′ 59" per un istante fa capolino Frank Zappa. In finale chitarra sempre sugli accordi, ma più distorti che in precedenza.

Kleine Welten VI. Strano a dirsi, l’attacco ci ha ricordato gli Aristocrats! A 27" arpeggi frippiani, e una ritmica quasi Can, con il basso a ricordarci Holger Czukay e la solista a presentare uno strano ma musicale mix di Robert Fripp e Michael Karoli.

Kleine Welten VII. Questo brano è basato su un loop di hi-hat di Cutler, su cui si stagliano una progressione di accordi e una solista sovraincisa a dipingere una melodia. Basso parco di note. Un cambio di marcia benvenuto, e una chiusa decisamente appropriata.

La recensione propriamente detta si conclude qui, ma dato che oggi ci sentiamo in vena di dare consigli diremo quanto segue:

a) i lettori che sono giunti fin qui sono invitati ad ascoltare questo lavoro, e diremmo soprattutto coloro i quali hanno letto per la prima volta molti dei nomi da noi citati nel corso della recensione;

b) anche se l’estate è prossima e i giochi forse sono già fatti, invitiamo i promoter europei a imbastire una ventina di date con questo "power trio", formazione in grado di interessare se non proprio folle oceaniche almeno… diremmo duecento a data;

c) invitiamo Margorani a offrire in streaming gratuito il già citato album con la diFalco, male non farà;

d) invitiamo il trio a effettuare quelle date che i promoter citati al punto b) non mancheranno di offrire; se un batterista come Cutler è in grado di spingere i due "ragazzi italiani" ben oltre i confini della loro "comfort zone", questo trio potrebbe dare al batterista l’occasione di essere ascoltato al di fuori di quell’ambito prossimo alla classica contemporanea che ci pare la sua frequentazione più assidua negli ultimi anni.

FIN

Beppe Colli


© Beppe Colli 2015

CloudsandClocks.net | Apr. 23, 2015