Jacob Koller
Music For Bowlers
(Ropeadope/Tangram7s)
Nato
e cresciuto nello Stato dell’Arizona, Jacob Koller è pianista e compositore
dal curriculum già vario e interessante, potendo vantare collaborazioni
– sul palco e in studio – con una serie di musicisti tra i quali segnaliamo
Mark Dresser e Terence Blanchard. Registrato in una classica configurazione
pianoforte/contrabbasso/batteria (gli altri strumenti essendo rispettivamente
suonati da Chris Finet e Corey Fogel, tecnicamente dotati e dall’approccio
fantasioso e versatile, oltre che dal curriculum di tutto rispetto), Music
For Bowlers è l’esordio di Koller come leader di questo trio.
Ma che
tipo di pianista e compositore è Koller? Qui diremmo che le note di accompagnamento
al CD, che presentano la formazione quale un "High-Energy Jazz Piano
Trio", a ben vedere non facciano un bel servizio né al CD né alla
musica di Koller, ambedue più vari e interessanti di quanto questa stretta
definizione potrebbe far supporre; anche se crediamo di poter facilmente
intuire i motivi che possono aver indotto a una formulazione di questo
tipo.
Ovviamente
potremmo tirare in ballo nomi quali Cecil Taylor, Anthony Davis e Marilyn
Crispell e sostenere che di jazz pur sempre si tratta. Ma andando allo
specifico di Music For Bowlers, è indubbio che il bouquet dei colori è
assai composito. E se pare lecito sostenere che è l’ombra di Paul Bley
quella che fa capolino nell’atmosfera generale di Hidarite e nel tema di
Ice Fishing, altrove (in certi grovigli ostinati della mano sinistra, o
in una composizione quale Inconvenient Coincidence) quella che sembra di
poter scorgere è la lezione di Conlon Nancarrow. Impossibile non dire delle
sezioni "ripetitive" che abbondano sull’album.
L’attacco
di Koller alla tastiera dimostra una lunga frequentazione della musica
classica. E diremmo venir da lì anche il procedere per sezioni contrastanti.
C’è poi tutta una serie di momenti che vede salire al proscenio la questione
dell’indipendenza della mano sinistra nei confronti della destra, impegnate
in contrappunti ritmici complessi e – diremmo – alquanto inusuali per un
"jazz trio" come comunemente inteso. (Qui un plauso va a Michael
Krassner, che ha prodotto e missato l’album con la collaborazione del tecnico
Otto D’Agnolo. La disposizione nello spazio e la differenziazione timbrica
tra le mani è molto d’aiuto per poter seguire la musica con piacere.)
L’album
ha inizio con un ostinato di contrabbasso, cui fa seguito una frase ripetuta
sulla gamma bassa del pianoforte; a quel punto il batterista esegue un
disegno ritmico sui piatti che, "riempito" di note, diventa la
parte di mano destra di piano che si aggiunge al resto; ci siamo appena
abituati che la batteria "allarga" l’esecuzione ai tamburi, con
il piano a seguire; si chiude con un frenetico unisono ritmico tra la gamma
alta del piano e il rullante. Il tutto in 2’30".
L’album
ha una durata a nostro avviso ottimale: poco meno di quaranta minuti. E’
non poco denso, ma non claustrofobico, e ha una bella progressione logica.
All’iniziale
Knit To Own, di cui s’è appena detto, fa seguito Nello: inizio di contrabbasso,
poi batteria e mano sinistra sul piano; fraseggio arioso della mano destra,
poi un riagganciarsi ritmico delle parti che sfocia in qualcosa che ci
ha per un attimo riportato alla mente gli Univers Zero. Decisamente orchestrale
la chiusa di batteria e percussioni sul finale del brano.
La già
citata Hidarite si muove su coordinate da "piano ballad" giocata
sui mezzi toni, con echi di Paul Bley, un basso essenziale e delle percussioni
che diremmo timbricamente non poco atipiche per una "piano ballad".
Con i
suoi oltre 10′ di durata, Gig For Gag (un gioco di parole su Tit For Tat?)
è l’unico brano lungo dell’album. Si apre con un ostinato della mano sinistra,
poi contrabbasso e batteria, tema. Il brano prosegue per figure iterative
e per contrappunti, con interludi per sola ritmica, per poi sfociare sui
trilli della zona acuta della tastiera. A circa 5′ il tempo si ferma su
trilli quasi da carillon.
La breve
e (forse) nancarrowiana Inconvenient Coincidence è l’unico brano che ci
ha lasciato tutto sommato indifferenti. Decisamente meglio l’ancora più
breve New Goods.
Composita
ma logica, Quing ha una bella figura iterativa iniziale e poi una graduale,
ed entusiasmante, accelerazione di tutto il trio, con fraseggio contratto
della mano destra. A partire da circa 3’30" fa il suo ingresso una
scala
"orientale", con il contrabbasso che è poi suonato con l’arco,
per un insieme che ci ha riportato alla mente koto e zither.
La chiusura
tutto sommato ortodossa di Ice Fishing ha un bel tema che suona un po’
come una via di mezzo tra Duke Ellington e Paul Bley. Batteria con le spazzole,
e basso "gonfio" (forse un po’ troppo?).
In conclusione,
ascolto decisamente consigliato; diremmo anche a quei musicisti che, a
onta di buone capacità tecniche, sembrano soffrire di una visione poco
chiara dell’insieme.
Beppe Colli
© Beppe Colli 2008
CloudsandClocks.net | Feb. 27, 2008