King Crimson
Ladies Of The Road
(DGM)
Mentre
la fine del 1971 era ormai vicina, il mondo (piccolo, ma non tanto da non
contare) del rock "difficile & di qualità" attendeva con
curiosità crescente l’imminente pubblicazione del quarto album di studio
dei King Crimson (titolo annunciato: Islands), formazione anglosassone
la cui enorme portata innovativa era stata purtroppo eguagliata da una
travagliata esistenza.
Originalissimi,
ostici ma di grande impatto potenziale, i King Crimson erano sembrati sbucare
dal nulla. Dopo una serie di applauditissime esibizioni, alcune delle quali
di grande prestigio (su tutte la partecipazione al megaconcerto estivo
effettuato dai Rolling Stones ad Hyde Park), e avendo scelto la rischiosissima
strada dell’autoproduzione, nell’ottobre del 1969 il gruppo aveva dato
alle stampe il suo album di esordio, destinato a un’immediata celebrità
già a partire dall’indimenticabile immagine di copertina.
In The
Court Of The Crimson King aveva offerto capacità tecniche prodigiose, una
strumentazione fantasiosa e un approccio compositivo che si distaccava
non poco da quanto era allora moneta corrente. Michael Giles aveva presentato
un approccio batteristico altamente originale, immediatamente influente
ben al di là dei confini nazionali. Fra Mellotron, flauti e sassofoni,
la chitarra non era certo lo strumento maggiormente in evidenza; faceva
eccezione il brano d’apertura, 21st Century Schizoid Man, laddove nello
spazio di poche battute l’assolo dell’illustre sconosciuto Robert Fripp
ridisegnava per sempre lo spazio delle possibilità dello strumento.
Proprio
l’evidente costruzione dei brani, e una presunta "fredda cerebralità",
avevano suscitato l’indifferenza, quando non l’aperta ostilità, di una
buona parte del pubblico rock (certo non era d’aiuto l’abitudine di Fripp
di suonare seduto su uno sgabello: quanto di meno "rock" potesse
esistere). Ed è un problema che, pur nel mutare delle circostanze, si ripresenterà
sempre.
Grande
successo, applaudito tour statunitense (ne sono ottima testimonianza i
due CD di Epitaph, pubblicati a quasi trent’anni di distanza dagli eventi),
e improvviso abbandono dei ¾ della formazione. Fripp riesce a rimettere
in piedi la baracca, imbarca il pianoforte di Keith Tippett (le cui scattanti
movenze alla tastiera nel brano Cat Food avranno un impatto non inferiore
a quello dell’assolo che tre anni dopo, e su un ben diverso palcoscenico,
garantirà una popolarità eterna al Mike Garson "tayloriano" del
brano di David Bowie Aladdin Sane), e nel 1970 pubblica il molto lodato
secondo album dei King Crimson, In The Wake Of Poseidon.
Ma l’album
è (solo?) una creazione di studio di un gruppo in realtà inesistente. Grande
attesa, quindi, per il nuovo quartetto che incide Lizard. Ma la formazione
si sfalda prima ancora dalla pubblicazione dell’album, che contiene senz’altro
la musica più ostica incisa dai King Crimson fino a quel momento. Musica
di altissima qualità: Fripp accoglie il pianoforte di Tippett, e con lui
alcuni esponenti del "nuovo jazz inglese"; largo spazio ai fiati
di Mel Collins, che aveva già ben figurato su In The Wake Of Poseidon;
e poi Mellotron a volontà, gran variare di stili, un prezioso oboe, e un
Fripp il cui approccio chitarristico è qui alquanto diverso da quanto si
era soliti attendersi da lui.
Riconfermato
Collins, arrivano Ian Wallace alla batteria e Boz (Burrell) alla voce:
esasperato dalla mancanza di alternative, Fripp gli insegnerà (!) a suonare
il basso. E’ questo il quartetto che, con qualche azzeccata "partecipazione
straordinaria" (Harry Miller al contrabbasso, di nuovo Keith Tippett
al pianoforte, Mark Charig alla cornetta), produrrà Islands. All’epoca
l’album non convinse quasi nessuno: troppa eterogeneità del materiale,
mancanza di direzione, una certa "normalità" della sezione ritmica
(e non era chiaro se il materiale fosse stato cucito a misura di capacità
tecniche non troppo brillanti o se era stata la sintonia a mancare). Sia
chiaro: presi ciascuno per sé, cinque brani su sei sono molto buoni, con
punte di ottimo; è che l’insieme manca di coerenza. Fripp tira fuori approcci
inediti allo strumento, e Collins ha modo di dimostrare la sua prodigiosa
versatilità su un buon numero di fiati.
A questo
punto il gruppo va in tour negli Stati Uniti, e poi si scioglie. E questo
sarebbe il meno. Esigenze contrattuali impongono l’uscita di un album dal
vivo: addolcito dalla pubblicazione in una collana a medio prezzo (cortesia
ovviamente sconosciuta in Italia), Earthbound suonava come il peggiore
dei bootleg (negli Stati Uniti non uscì proprio in ragione della scadente
qualità sonora). Ma era la musica a lasciare perplessi: qualcosa poteva
essere salvato, e l’assolo frippiano di The Sailor’s Tale era da antologia;
ma che ci facevano vocalizzi scat, tempi funky, un sax tenore che suonava
come un incrocio tra John Coltrane e King Curtis su un disco dei King Crimson?
(Su brani come Peoria, lungi dall’essere il leader, Fripp sembra un ostaggio.)
Qui si chiude il capitolo King Crimson.
Ma non
proprio. Già ai tempi, qualche bootleg dalla registrazione precaria (ma
dopo Earthbound…) aveva mostrato il quartetto intento a rileggere pagine
antiche e ben figurare. Ovviamente la Rete e il digitale ampliano di molto
le possibilità di fruire al meglio di materiali d’epoca. Ovvio che la ditta
King Crimson faccia tesoro delle nuove possibilità creando il King Crimson
Collectors’ Club, che ha già offerto quattro volumi dedicati a concerti
dal vivo della formazione di Earthbound. Ladies Of The Road è invece un’edizione
speciale regolarmente disponibile (e quella da noi esaminata, targata 2007,
dovrebbe essere la seconda edizione).
Ottima
registrazione, e pluralità di fonti, per il primo dei due CD. Tutto il
gruppo figura al meglio, Boz ha già messo da parte molte esitazioni, Ian
Wallace esce fuori bene, Mel Collins fa un figurone e Fripp, pur spesso
impegnato a sorreggere armonicamente il tutto alla chitarra e al Mellotron,
ha dei momenti da antologia. La notissima Pictures Of A City è ben eseguita,
con largo spazio per un assolo di Mel Collins. Viene bene anche The Letters,
anch’essa con un buon assolo di Collins. Convincente Formentera Lady, qui
in versione abbreviata. Fripp esce con un brillante assolo su The Sailor’s
Tale, ben coadiuvato da tutto il gruppo. Mellotron in grande evidenza (due!)
per Cirkus, con Fripp a occuparsi delle parti di archi e Collins a riprodurre
quelle dei fiati orchestrali; il sassofonista fa comunque delle belle uscite
al sassofono (vero) – e più volte ci siamo sorpresi a pensare quanto il
Collins
"storico" sia stato sottovalutato.
La Groon
già facciata B di Cat Food, e poi lunga riproposta su Earthbound, riceve
qui un’esecuzione svelta, con assolo di Collins e impianto generale decisamente
e stranamente simile a quello di Earthbound (il pezzo). Groon segna già
una virata verso climi decisamente "americani", puntualmente
confermati dall’esecuzione del brano di Donovan Get Thy Bearings. Non manca
in finale 21st Century Schizoid Man, cui fa seguito un frammento di In
The Court Of The Crimson King in un curioso arrangiamento.
E il
secondo CD? Con bella provocazione, è interamente dedicato agli assolo
di chitarra e di sassofono tratti da varie esecuzioni di 21st Century Schizoid
Man. Come suona? Incredibilmente stimolante, e tutt’altro che monotono,
pur se qui la fedeltà è qualche gradino sotto rispetto al materiale del
primo CD. Riconosciuti nel brano 5 gli assolo della versione presente su
Earthbound, già al primo ascolto emerge chiara la struttura prodotta dall’opera
di montaggio dei diversi frammenti. Emergono di tanto in tanto dei crescendo
chitarristici che puntano decisamente in direzione di The Sailor’s Tale.
Strano vedere affiorare su 4 (e per più di qualche istante) delle arie
scalari non troppo dissimili dal primo Zappa, dalle parti, per intenderci,
di Nine Types Of Industrial Pollution. Anche qui Collins fa una buona figura,
ma diremmo che sul secondo CD è Fripp la personalità di spicco.
Beppe Colli
© Beppe Colli 2007
CloudsandClocks.net | Oct. 4, 2007