Mike Keneally + Metropole Orkest
The Universe Will Provide
(Favored Nations)
Crediamo
che Mike Keneally non la prenderà a male se diciamo quanto fosse
cambiato il nostro atteggiamento nei confronti di The Universe Will
Provide nel lasso di tempo intercorrente tra l’annuncio del progetto
e il nostro ricevere il CD qualche giorno fa. Un lasso di tempo durante
il quale il nostro stato d’animo cambiava non poco, da una aspettazione
gioiosa a uno stato di timorosa perplessità. La ragione è
presto detta: pur se in passato non tutti i dischi di Keneally ci erano
piaciuti allo stesso modo (e non tutti con la stessa prontezza) – cosa
perfettamente comprensibile data la spettacolare eterogeneità
del materiale che Keneally ha registrato – non c’era stato un solo album
che chi scrive non avesse infine apprezzato. Totalmente difforme il
nostro atteggiamento nei confronti di Dog, il più recente lavoro
keneallyano, per motivi di cui s’è detto in maniera decisamente
esaustiva in corso di recensione. Da qui i nostri dubbi: avevamo forse
caricato Keneally di aspettazioni che si rivelavano ora esagerate? O
erano i nostri gusti che stavano divergendo – per non più convergere?
Partiamo dalla conclusione: The Universe Will Provide è un ottimo
album che consiglieremmo senza eccezioni a una fascia di ascoltatori
molto più ampia dell’abituale cerchia dei fan.
Dopo
una prima esecuzione avvenuta al Paradiso di Amsterdam l’8 giugno
dello scorso anno, il disco è stato registrato e missato in Olanda
lo scorso settembre. Il repertorio contenuto nel disco ha molto in comune
con quanto eseguito in concerto, ma sono state apportate alcune aggiunte.
Il suono è decisamente chiaro ma oltremodo coinvolgente, a mo’
di disco rock, senza quella freddezza digitale che chi scrive associa
il più delle volte al sistema Pro Tools – sistema sul quale l’album
è stato effettivamente registrato: complimenti! La seconda sorpresa
è stata la Metropole Orkest, formazione a noi assolutamente sconosciuta
e che – chissà per quale motivo – immaginavamo somigliare all’Ensemble
Modern. Alla prova dei fatti la Metropole si rivela invece dotata di
una pulsante sezione ritmica (basso elettrico e batteria) di sapore
rock che non sfigurerebbe su un album solo di Keneally; belli anche
i fiati, dal sapore jazz in sezione, in grado di sfoderare sassofoni,
trombe e tromboni che fanno più volte la loro bella figura in
solo.
Il
repertorio è in massima parte inedito – ma anche il fan che conosce
a memoria album quali hat. e Boil That Dust Speck troverà molto
di nuovo in Worrywart Spoonguy e Bullies. L’album è di piacevole
ascolto, fatto tanto più prodigioso sol che si consideri la sua
estrema complicatezza. E’ però una complessità nascosta,
non d’impedimento a una piacevolezza "a pelle" fin dal primo
approccio. Ci ha stupito trovare non pochi punti di contatto con il
Frank Zappa "orchestrale" – diciamo di certi pieni orchestrali
e di un lavoro d’archi che ricordano non poco 200 Motels, e di certi
ottoni pimpanti non poco Grand Wazoo. Cosa che è forse possibile
addebitare al fatto che questo è il primo lavoro per orchestra
realizzato da Keneally, che nel corso della sua produzione solista aveva
lasciato per strada le più appariscenti tracce zappiane. Ma è
fattore che non vorremmo evidenziare oltre misura: la musica è
inconfondibilmente keneallyana, e molti passaggi potrebbero essere presenti
su un suo normale disco rock; Mwah2, con delicata chitarra acustica
e bell’interscambio tra questa e il pianoforte, potrebbe agevolmente
trovare posto su Wooden Smoke.
Il
Keneally chitarrista è spesso in bell’evidenza – si ascoltino
le già citate Bullies, efficace chiusura, e Worrywart Spoonguy.
Ma gli ascolti rivelano un interscambio fecondo, sulle prime poco appariscente,
con l’orchestra – si veda quale buon esempio l’assolo di All Of Them
Were Quiet, rispecchiato dall’esuberanza swing dei fiati. Fiati che
si districano con bella disinvoltura nell’intricata Archaic Peace Strategies
e che insieme a un violino dalle movenze blues che ricorda non poco
Sugar Cane Harris/Jean-Luc Ponty animano la sezione improvvisata di
una delle vette dell’album, Four Slices Of Toast (a partire da 5′);
e sono un sax tenore, una tromba e un trombone (più basso e batteria)
che non avremmo immaginato parte di una formazione orchestrale.
Lodata
l’orchestra e il suo direttore, Jurjen Hempel, una menzione speciale
è dovuta alla vecchia conoscenza Chris Opperman, che con Keneally
è autore delle fantasiose e intricate orchestrazioni. L’unico
punto debole del disco è la copertina, davvero banale da un punto
di vista grafico e assolutamente reticente sul piano informativo. Ma
qui sopperisce la Rete.
Un breve P.S. a proposito di Parallel Universe, appendice piacevolmente
interessante a The Universe Will Provide. Disponibile solo tramite il
sito keneallyano, Parallel Universe è un progetto che Keneally
ha assemblato partendo da quattro fonti principali: i file utilizzati
per preparare le partiture; la registrazione del concerto effettuato
al Paradiso di Amsterdam; estratti dal lavoro di studio; estratti dal
sonoro di riprese video. Queste quattro fonti vengono assemblate e anche
sovrapposte, con esiti originalissimi e di autonoma dignità rispetto
al progetto principale e con un procedere che ci è parso concettualmente
(e a volte letteralmente: si ascolti Roomius da 6′ a 6’45") non
poco vicino allo zappiano Lumpy Gravy. Indispensabile per gli appassionati,
Parallel Universe è comunque una stimolante finestra per l’ascoltatore
attento che voglia indagare il modus operandi del musicista statunitense.
Beppe Colli
© Beppe Colli 2004
CloudsandClocks.net | Sept. 25, 2004