Mike
Keneally
Wing Beat Fantastic
(Exowax)
"Songs
written by Mike Keneally & Andy Partridge": questo il sottotitolo
di Wing Beat Fantastic, il tanto atteso CD contenente i frutti della collaborazione
tra il musicista statunitense e il leader dell’ormai disciolto e molto
amato gruppo inglese denominato XTC. Quanto l’album fosse atteso è testimoniato
dal gran numero di recensioni – favorevoli è dir poco, ma quello che ci
preme qui sottolineare è la tempistica – i cui estratti ci è capitato di
trovare sul sito di Keneally al momento di controllare se il nuovo album
fosse effettivamente uscito: abituati come siamo a vedere le recensioni
dei suoi lavori aumentare di numero con gradualità questo è certo un fatto
nuovo, che diremmo testimoniare il diverso peso mediatico attribuito ai
due musicisti da parte di chi scrive di musica (ed è una valutazione che
non ci pare necessariamente corrispondere al vero se parliamo di spettabile
pubblico pagante, ma tant’è).
Come succintamente
descritto dalle note di copertina del CD (resoconti più particolareggiati
di quanto accaduto possono essere letti sul sito di Keneally), il materiale
contenuto nell’album è stato concepito nel corso di due distinte occasioni
– una nel 2006, l’altra nel 2008 – di pari durata: una settimana, con le
session ideative a svolgersi nella casa di Partridge, a Swindon, l’incisione
vera e propria essendo avvenuta nel 2011 e nel 2012 in California a cura
del solo Keneally ma con la "consulenza transatlantica" di Partridge.
A ciò si affianca materiale concepito e realizzato in vari momenti in solitudine
da Keneally. Sbirciando in Rete (l’album è uscito il 24 luglio), ci è parso
di leggere tra le righe un leggero disappunto in merito all’assenza vocale
e strumentale di Partridge, che i fan con ogni evidenza avrebbero voluto
presente, ma che non lo è per suo espresso volere. (Non sappiamo se leggiamo
troppo nella parte dell’ultimo brano dove Keneally canta
"I, as we, sing".)
E adesso
è giunto il momento di fare esplodere quella piccola bomba che dovrebbe
spiegare il perché questa recensione esce con un ritardo superiore al normale
(non è il doversi abituare al suono del nuovo lettore CD da poco acquistato):
la verità è che non ci sono mai piaciuti gli XTC, cosa che ci ha reso non
poco indecisi in merito all’opportunità di scrivere la recensione. Anagraficamente
"costretti" a prendere confidenza con Drums & Wires e (per
ovvi motivi) con la copertina di Go 2, fummo contenti del progresso rappresentato
da English Settlement, ma non abbastanza da seguire il gruppo in modo poco
più che episodico. Non aiutò il lavoro di produzione effettuato da Partridge
sull’album di Peter Blegvad (all’epoca tra i nostri beniamini) denominato
The Naked Shakespeare, di notevole competenza e intelligenza ma che trovammo
non poco incongruo con il materiale e lo spirito del musicista (ma non, con
tutta evidenza, con gli intenti della sua casa discografica). Caso chiuso.
Quindi
ci siamo preparati all’ascolto con più di una punta di curiosità. In sintesi,
ci sentiremmo di dire di un lavoro riuscito, con punte di eccellenza e
pochissime cadute. Un lavoro che a tratti suona più "inglese" che
"americano" – ma questa è senz’altro una falsa pista, data la quantità
e varietà di stili che normalmente compaiono sugli album di Keneally. Sentiamo
a volte strutture più "snelle", ma anche questo, a ben vedere,
è relativo. I timbri chitarristici – diciamo di quelle elettriche, ché quelle
acustiche, presenti in gran numero, rimangono dai toni usuali – sono forse
un po’ più scarni del solito, ma c’è da considerare che con tutta evidenza
bisognava evitare la competizione con le voci, qui presenti in quantità e
varietà che quasi sfida la descrizione. E quella delle voci è la caratteristica
che a nostro avviso rende quest’album molto diverso da Wooden Smoke, il lavoro
kenealliano al quale Wing Beat Fantastic si è trovato accostato: laddove
il precedente vedeva le voci usate non di rado come colore, troviamo qui
un forte elemento narrativo ben rappresentato dai testi.
Album vario
che ci pare decisamente decollare a partire dalla metà, benissimo registrato
– in gran parte da Mike Harris – e che gode del più disinvolto polistrumentismo
kenealliano, affiancato da alcune "partecipazioni speciali" di
cui si dirà nel corso della recensione.
L’album
vede la presenza di brevi intermezzi strumentali atti a fare da ponte e
diminuire una potenziale percezione di uniformità. La prima parte di The
Ineffable Oomph Of Everything, in apertura, funziona alla perfezione nell’introdurre
I’m Raining Here, Inside, che si avvale di un loop batteristico di Partridge:
un mid-tempo perfetto per un brano vivace ben sorretto dalla scansione
lucida della vecchia conoscenza Marco Minnemann; begli arpeggi, una melodia
classica e un "inciso" che è puro Keneally, il pezzo ha una coda
quasi
"indiana", in stile "psichedelia inglese".
Wing Beat
Fantastic è una delle vette dell’album: sognante, di nuovo un loop batteristico
di Partridge, di nuovo Minnemann, con il solidissimo apporto vocale di
Allen Whitman (una presenza preziosa e costante su tutto l’album) e di
Matt Resnicoff (che ricordiamo con piacere quale firma di Musician e Guitar
Player ma in realtà apprezzato chitarrista e produttore) ad aggiungere
timbri e
"spessore". Ritornello accattivante, "inciso" lieve che
– con "phasing" – conduce alla chitarra.
The Ineffable
Oomph Of Everything, Part 2 introduce You Kill Me, che a chi scrive è parso
il momento debole dell’album. E’ un brano contraddistinto da un tono scanzonato
e da un testo serio, ma qui la varietà di timbri chitarristici ci è parsa
non poter rimediare a una monotonia della costruzione che fa sembrare il
tutto ancora più lungo della sua non breve durata. Una melodia
"inglese" nello stile dei vecchi Who e un apporto batteristico
prevedibilmente solido e affidabile da parte di un’altra vecchia conoscenza,
Nick D’Virgilio.
La breve
e strumentale Friend Of A Friend introduce un’altra vetta, That’s Why I
Have No Name, firmata dal solo Keneally, qui anche batterista. Bella melodia
su sfondo vocale multiplo, e molte chitarre, a volte dal suono "rovesciato".
Un’altra
vetta, Your House è forse il brano più atipico: una suggestiva "ballad
pianistica" – ma a noi è parso un brano scritto sulla chitarra – asciutta
ma in realtà sapientemente orchestrata, con una performance vocale tirata
davvero poco usuale per Keneally. Bellissimo sviluppo dell’inciso, e una
cornice temporale che ce lo fa idealmente collocare accanto al brano intitolato
As Far As Dreams Can Go, di Dave Stewart & Barbara Gaskin.
La brillante
Miracle Woman And Man è quasi una mini-opera, non troppo distante dai 10cc
di Sheet Music. Voci stratificate, belle chitarre acustiche – e forse anche
un Moog Voyager? (Stranamente, ci è parso qui di sentire a tratti un clarinetto,
anche se Evan Francis appare citato sull’ultimo brano, dove però non riusciamo
a sentirlo.)
Variazione
su una melodia di Wing Beat Fantastic, Inglow si sviluppa in modo chiaro
e pulito – chitarre acustiche, tabla, tastiere – per poi sfociare in un
breve cantato.
Bel tempo
dispari portato con l’abituale sicurezza da Marco Minnemann – riconoscibilissimo
in un passaggio di rullante-cassa – Bobeau vede un gustoso trombone (April
West), di nuovo le voci di Alan Whitman, la suggestiva pioggia registrata
da Scott Chatfield nel suo cortile, un bel contrasto tra strofe complesse
e un ritornello più diretto, e un assolo di chitarra finale dove il vibrato
sulla tastiera ci ha ricordato David Gilmour (!).
La conclusiva
Land sembra qui assolvere la stessa funzione svolta dal brano omonimo sull’album
dei Gentle Giant denominato Three Friends. Voci multiple, il contrabbasso
di Bryan Beller, i piatti di Minnemann (e il clarinetto di Evan Francis?),
il piano e le chitarre di Keneally.
Beppe
Colli
© Beppe Colli 2012
CloudsandClocks.net
| Aug. 31, 2012