Russ Kaplan + 7
The Ulysses Cycle

(Ropeadope Records)

Ammetteremo che sulle prime ci è sembrato di trovarci di fronte a una classica "ricetta perfetta per un sicuro disastro", e siamo discretamente certi che il lettore non avrà alcuna difficoltà a condividere il nostro timore: si dice qui infatti di un lavoro "concept jazz" di lunga durata (settantasette minuti, l’equivalente di un doppio album in vinile dei bei tempi andati) basato su… l’Odissea, completo di "narrative prose" (che, lo anticipiamo, si rivelerà fortunatamente essere solo scritta, e non detta) dove la formazione base, già piuttosto ampia e decisamente incline al polistilismo, viene affiancata da musicisti ospiti dal background che più vario non si potrebbe. Come non temere il proverbiale "pastiche"? Anticipando le conclusioni, ci piace invece poter dire di un bel lavoro, senz’altro accessibile ma in grado di rivelare particolari nascosti con il proseguire degli ascolti.

Si potrebbe obbiettare che non c’è ragione alcuna perché un lavoro "concept jazz" suoni pesante e retorico, e da parte nostra ricordiamo benissimo il mingusiano Pithecanthropus Erectus (1956) e la sua natura "programmatica". Tuttavia il lavoro del contrabbassista durava una decina di minuti, e lasciava alla fantasia del fruitore il compito di "riempire" il quadro. Qui invece l’ascoltatore viene chiamato a ripercorrere una storia che si presuppone ben nota (non è quello di Ulisse uno dei "miti fondativi" della moderna civiltà occidentale?), e come non temere la noia incombente?

Con l’ausilio dei suoi ottimi + 7 (ignoriamo se l’assonanza con cose quali Gil Evans + 10 sia casuale o se essa dichiari un’ascendenza stilistica), il tastierista, compositore e arrangiatore Russ Kaplan ha prodotto un lavoro dalla indubbie assonanze "scenico-teatrali" – un’associazione che salta all’orecchio più volte durante l’ascolto, e che candida idealmente The Ulysses Cycle ai palchi di… Broadway? – ma che è perfettamente in grado di funzionare come musica: sull’uscio di casa o sulla soglia del teatro l’ascoltatore si troverà a fischiettare i motivi.

Musica che tra l’altro suona splendidamente, con la cassa della batteria all’occorrenza tonante, i rimshot secchi, le percussioni versatili, e contrabbassi, ance e ottoni espressivi in assolo e nitidi in ensemble. L’album è stato prodotto da Adam Gold e dallo stesso Kaplan, registrato e missato da John Davis al Bunker, a Brooklyn, e masterizzato da Randy Merrill nei famosi Masterdisk, a New York. Tutto questo ha ovviamente un costo, che siamo lieti di poter dire è stato coperto da una sottoscrizione all’insegna di Kickstarter (l’album porta con sé anche un libretto ricco di illustrazioni).

I musicisti: detto di Kaplan a pianoforte e tastiere (ottimo il primo, un po’ anonimo il timbro di piano elettrico, che diremmo sintetico), fanno bella figura Wayan Zoey alla batteria e Rohin Khemani alle percussioni, Moppa Elliott al contrabbasso (in due brani compare il basso, che diremmo un elettrico a cinque corde, di John Davis), Tom Gavin alle chitarre, utilizzato soprattutto nella seconda parte del lavoro. Ottima la sezione fiati, con Mike McGinnis a sax alto, clarinetto e clarinetto basso, Jonathan Powell a tromba e flicorno e Kyle Saulnier a sax baritono e soprano e al flauto.

Kaplan è riuscito a comporre un quadro dove le sue capacità di compositore e arrangiatore non si trovano mai in imbarazzo. E’ musica (relativamente) accessibile, che ci piacerebbe potesse trovare un posto nelle stanze di chi ancora ascolta musica come attività esclusiva, prima ancora che su un palcoscenico.

Una veloce occhiata ai singoli brani.

Listen! apre l’album, e la storia. Apertura del piano in solitudine, melodia pacata con un tocco di malinconia. Compare l’inquietudine di piatti e tamburi, fiati in sovracuti, con un che di mingusiano, a far presagire il seguito della vicenda.

La breve Nightfall vede un riff pianistico, rullante, bei tamburi ad allargare il riff, sax baritono, tutti.

The Sack gode dell’appoggio di un piano elettrico ("Fender"), basso elettrico, con incedere frenetico, poi il sax baritono, una figura che funge da "sirena di ambulanza", poi un energico assolo di tromba (con un plug-in?) che è quasi una chitarra, con spezie di Bitches Brew. Uscita tematica della tromba, con tastiere in appoggio. Assolo di sax alto, poi la tromba – più cassa, rimshot, piano – porta a una frenetica cesura. Riff.

La breve Listen! (ii), con "piano elettrico", e il contrabbasso con arco, ricco di armonici, riprende il tema 1.

Lotus Eater è un divertente tema "dixieland" da music hall, spiritoso, con clarinetto, soprano, sax baritono e percussioni che ci ha un po’ ricordato Van Dyke Parks. La voce è quella di Seth Fruiterman.

Gouge: percussioni, arpeggio di pianoforte, contrabbasso, introducono una bella melodia per clarinetto basso, poi impegnato in un lungo assolo. Segue una brusca cesura "danzante", con sax baritono, tromba, uno stacco "rock" e un riff quasi Nucleus, con ottima cassa. Bell’assolo di tromba, squillante, con sotto i borbottii del baritono e il "piano elettrico". Riff.

Introdotta da campanelli e tabla, Windbag offre una bella melodia che vede quale protagonista il violino di Judy Kang, qui ospite, ben sorretto da tabla e pianoforte. Andamento a tratti "balcanico". Un episodio che stempera la tensione.

Pigz In Space ha un bel giro di basso elettrico, e un beatbox, per un tema che non può non rimandare all’Herbie Hancock "funky" degli anni sessanta su Blue Note. Percussioni, "piano elettrico", e un assolo di sax alto ci portano al "funk" degli Head Hunters. Assolo di tromba, e poi un curioso "canto finale" quasi etnico.

Prognostication è un simpatico brano quasi rap per la voce di Lonnie Carter. Percussioni e flauto, rullante con le spazzole, unisono flauto-contrabbasso, rimanda per più versi al primo Gil Scott-Heron, quello con Hubert Laws al flauto.

Siren Song apre con la tromba in solitudine, poi si uniscono i fiati, in "largo, rubato". Il pianoforte annuncia il tema, percussioni, contrabbasso jazzato, fiati.

Kalypso è un… calypso che rimanda un po’ a Sonny Rollins, anche se qui il lungo assolo è appannaggio del sax baritono. Piccole percussioni in assolo-cesura, si ribadisce il tema. Poi contrabbasso e batteria cadenzati a fare da base a un… "synth".

Termina qui la prima parte del lavoro, decisamente più lunga e maggiormente segnata da elementi jazz di quanto non sia la seconda, più pianistica e chitarristica e maggiormente dotata di un respiro unitario.

Listen! (iii) è la breve ripresa del bel tema, per pianoforte.

Homeward presenta un ostinato di contrabbasso, piano, bei piatti e un arpeggio di chitarra elettrica. Il tema è condiviso da piano e chitarra. Un bell’episodio "neo-classico" per il piano in solitudine conduce a…

Recognition: apre la chitarra, e bella melodia del pianoforte con unisono di chitarra. Delicato assolo melodico di chitarra che poi acquista grinta con appoggio da parte di piano e ritmi. Ritorna il bel tema melodico.

Intruders ha un contrabbasso percussivo-slide ad aprire. Giro di contrabbasso, cassa eccellente, piano "jazz", fiati nervosi a unirsi. Compare un tema "bandistico", poi un assolo di sax baritono con shouting e handclap, velocissimo pizzicato sul contrabbasso, il tutto suona un po’ mingusiano. Tema.

Penelope apre con accordi di piano che seguono la melodia. Si unisce il clarinetto, poi la batteria con le spazzole, il brano assume un’aria un po’ bossa. Bel solo di clarinetto arpeggiato e tematico.

What’s Mine vede una chitarra "rumoristica" in apertura. Grossi tamburi, il contrabbasso con l’arco che è quasi un violoncello. Tema scandito dal piano, un incedere "Prog", e un assolo di chitarra che con qualche modifica potremmo forse dire frippiano. Tema, rullante-tamburi, aria marziale.

Back Together è (comprensibilmente) un rilassato terzinato, con appoggio di chitarra acustica e la cornetta sul registro medio-basso, che poi va in assolo, bluesato. Tema.

The Trial è la breve e tesa cesura, con nervoso rullante.

It’s Not Too Late porta il tutto alla sua (provvisoria) conclusione. Bell’apertura melodica piano e ritmica. Levare brioso, assolo di sax soprano, assolo di chitarra melodico, assolo di sax alto. Viene ribadito il tema, poi la tromba echizzata (un bel tocco sonoro), mentre i fiati e il piano vanno in ostinato melodico. Sfumato! Poi voci a chiudere.

Beppe Colli


© Beppe Colli 2013

CloudsandClocks.net | Aug. 11, 2013