Phillip
Johnston
Page Of Madness
(Asynchronous Records)
Crediamo
di non sbagliare se diciamo che Phillip Johnston è conosciuto soprattutto
grazie al lavoro di due formazioni di cui è co-leader: in senso storico,
la bizzarra e originale formazione denominata Microscopic Septet; in tempi
più recenti, i Fast ‘N’ Bulbous, gruppo dedito a una personale rivisitazione
dell’inconfondibile canone beefheartiano.
Strano
ma vero, l’unica volta in cui ci è capitato di vedere Johnston su un palco
è stato in occasione della sonorizzazione dal vivo di un film muto, attività
che è parte del suo più ampio ruolo di compositore di musiche per il cinema
e il teatro. In quell’occasione a venire sonorizzati dal Transparent Quartet
(Joe Ruddick al pianoforte, Mark Josefsberg al vibrafono, David Hofstra
al contrabbasso e lo stesso Johnston al sax soprano e all’alto) erano otto
cortometraggi di George Méliès.
L’aspetto
discretamente paradossale della vicenda è costituito dalla circostanza
che chi scrive nutre una forte avversione per questo tipo di situazioni
musicali. Sarà a causa della miopia che ci affligge sin dalla più tenera
età e che ci fa odiare lo "sfocato" tipico dei film dell’epoca
del muto. O forse perché, lungi dall’invitarci a una corretta fruizione,
la parte visiva funge per noi da distrazione per il giusto apprezzamento
di una musica che ovviamente è tutt’altro che "complemento" (un
facile esperimento mentale: proveremmo lo stesso interesse per una sonorizzazione
da parte del quartetto di Johnny Vattelapesca?). Terzo ma non ultimo in
ordine di importanza, il ricordo della pratica di accoppiare un film muto
e un gruppo di improvvisatori sperando nel miracolo che ovvie ragioni di
pagnotta avevano reso circostanza discretamente comune fino a qualche tempo
fa.
Con nostra
grande sorpresa (eccezion fatta per un mal di testa deluxe logica conseguenza
dello "sfocato d’epoca") l’esperienza si rivelò largamente positiva.
Notammo innanzitutto che Johnston era dotato di una cervicale di ferro
che gli consentiva di guardare in rapida successione lo schermo, lo spartito
e i musicisti (e anche un cronometro?). Ci fu la gradita sorpresa di brani
eseguiti in maniera autonoma mentre il rullo successivo veniva caricato;
ne ricordiamo due: Hofstra’s Dilemma e The Needless Kiss, rintracciabili
sul bell’album del Transparent Quartet che proprio da quest’ultima composizione
prende il titolo.
Il CD intitolato
Page Of Madness contiene la colonna sonora scritta da Johnston per un film
muto giapponese del 1926, regista Teinosuke Kinugasa, il cui titolo originale
Kurutta Ippeiji viene così tradotto in lingua inglese.
Lo scarno
libretto ci dice che la registrazione (nitida, di Jon Rosenberg) risale
al 1998. Prodiga di particolari, ricca di notazioni analitiche sul comporre
musica per colonne sonore, la pagina che il sito del musicista dedica al
film e al CD ci dice che "per molti anni ho cercato di trovare chi
mi pubblicasse questa registrazione, ma dopo essere stato respinto (o ignorato)
da 37 case discografiche (…) dopo dieci anni ho deciso di procedere a
una pubblicazione in tiratura limitata sulla mia etichetta Asynchronous
Records".
(Non tutto
è perduto: la colonna sonora è stata eseguita nel 2008 al Sydney Film Festival
con Chris Abrahams al piano, Daryl Pratt al vibrafono e Lloyd Swanton al
contrabbasso.)
L’approccio
scelto da Johnston per la partitura di Page Of Madness vede una combinazione
di musica scritta e improvvisata rapportata alla immagini del film. Tutti
i musicisti hanno fatto uso di cronometri sincronizzati. La musica contenuta
nel CD è frutto di una sola esecuzione, i tagli essendo stati limitati
a parti di silenzio che risultavano eccessive nell’ascolto autonomo.
Un discreto
numero di ascolti effettuati nell’arco di un paio di settimane ci consente
di dire con una certa dose di tranquillità che la musica contenuta in Page
Of Madness è davvero ottima. Non è un CD facile da apprezzare, ma non perché
la musica sia ispida o complessa in misura proibitiva; piuttosto, è la
dimensione
"lunga" della vicenda – sono settantasette minuti piuttosto densi
– a richiedere un’attenzione indivisa e un certo silenzio nell’ambiente (e
ci rendiamo conto che con i tempi che corrono…). La musica è varia, accogliendo
stilemi discretamente noti (non possono mancare gli echi di Lacy e certe
atmosfere in odore di "cool jazz", e anche il "free" fa
capolino quando il sax baritono del pianista Joe Ruddick si affianca al soprano
di Johnston; mentre il vibrafono di Mark Josefsberg ci ha a tratti riportato
alla mente quello di Earl Griffith sul tayloriano Looking Ahead!).
Se la continuità
della vicenda viene pienamente alla luce con gli ascolti, è facile già
sulle prime individuare certi particolari che si ripetono nel tempo, su
tutti una frase di pianoforte. C’è un bel tema classico – a 3′ 26" dell’iniziale
Prelude, poi su Parting The Waters, su The Masks, e a 2′ 20" della
conclusiva At Peace With A Mop – ma ogni volta che lo sentiamo qualcosa
è mutato. Johnston gioca bene gli accoppiamenti timbrici e il rapporto
primo piano/sfondo con grande attenzione ai "pesi".
Inutile
e forse svilente una descrizione cronometrica, ci limitiamo a qualcuno
tra i nostri momenti preferiti. La già citata Prelude apre con trilli,
gruppetti, arpeggi, fino a sfociare nel tema che sentiamo qui per la prima
volta. The Mad Wife ha un inizio "cool jazz" di contrabbasso
e sax soprano, e quella ricorrente frase di piano, poi contrabbasso e sax
in un duo ispirato. The Visit si apre con un ostinato mid-tempo, gli strumenti
a entrare con gradualità, poi il quartetto si muove per linee indipendenti
coordinate, si chiude con un ritorno all’ostinato iniziale. Sax alto, vibrafono,
contrabbasso per The Asylum, che verso la fine ha un piano a mo’ di carillon,
accoppiato a un contrabbasso "grosso". Parting The Waters vede
il ritorno del tema. Mossa e dissonante, tesa, con sax alto e un pianoforte
tonante a tutta tastiera di sapore quasi tayloriano, There’s A Riot Goin’
On.
Home Life
ha una bella soluzione compositiva nell’alternarsi di un tema per sax alto
e piano e un altro per vibrafono e contrabbasso, ed è una mossa di raffinata
eleganza. Home Life Ruined vede l’alternarsi degli strumenti e una chiusa
"tagliata". Escape Attempt ha un inizio sospeso, il contrabbasso
suonato con l’arco, un contrasto tra il soprano e il baritono; bell’intermezzo
vibrafono/contrabbasso, e soprano/baritono; atmosfera sempre più concitata.
The Dream apre con l’arpeggio di pianoforte, frase per solo vibrafono, sax
soprano in contrappunto; a 3′ 56" entra un bel tema melodico per sax
alto. Bello svolgimento del tema per The Masks. At Peace With A Mop apre
con un tema
"cool" per soprano, "comping" classico della ritmica,
bell’assolo di vibrafono, di nuovo il tema "cool", e poi, a 2′
20", torna per l’ultima volta il triste tema che abbiamo ormai imparato
a riconoscere e ad apprezzare.
Beppe Colli
© Beppe Colli 2009
CloudsandClocks.net | May 19, 2009