Inhabitants
A Vacant Lot
(Drip Audio)
Quello
degli Inhabitants è un quartetto di musicisti che fa base a Vancouver:
discreto mestiere, capacità tecniche nella media, un buon affiatamento
che testimonia di un cammino comune intrapreso già da qualche anno. Formazione
dalla strumentazione tutt’altro che inedita ma che all’atto pratico offre
alcuni spunti di maggior interesse in virtù del modo in cui vengono adoperate
le fonti sonore: Skye Brooks, batteria; JP Carter, tromba; Pete Schmitt,
basso (elettrico); Dave Sikula, chitarra elettrica; quest’ultimo è anche
autore del missaggio, del tipo "a logica variabile" in stretto
rapporto con lo stile dei pezzi.
Le soluzioni
strumentali di A Vacant Lot presentano una discreta varietà: il ruolo della
chitarra elettrica prevede spesso tappeti di arpeggi e ostinati giocati
in funzione di contrappunto, con uscite soliste in "saturazione pulita";
a tratti (ne è un buon esempio il brano iniziale) modi e timbri ci hanno
riportato alla mente gruppi statunitensi degli anni novanta del giro Quarterstick/Southern
(e fugacemente gli Slow Loris). La tromba – davisiana all’occorrenza, e
certo non immemore degli echi di Jon Hassell – funge invece più di
una volta da
"chitarra solista", con saturazione spinta che a tratti l’avvicina
all’onda quadra di un synth. Normali basso e batteria, ma quest’ultima non
va liquidata troppo frettolosamente: se l’impostazione timbrica di alcuni
brani rende impossibile percepire alcunché di fine nel lavoro percussivo,
al ruolo svolto da piatti e rullante suonato con le spazzole nelle situazioni
più agevolmente accostabili al jazz acustico spetta il compito di testimoniare
di una mano sicura.
La grande
varietà stilistica e sonora è allo stesso tempo il maggior pregio e il
maggiore difetto di A Vacant Lot. Tre gli autori, svariati gli stili, più
vari che non si può i missaggi, quello che manca è con tutta evidenza una
personalità di gruppo in grado di piegare gli stili, e non di semplicemente
illustrarli. Rimaniamo curiosi di conoscere il seguito della storia, pur
coscienti che la situazione odierna del mercato rende ancor più problematica
la crescita di tutte le musiche non commerciali, da tempo per necessità
auto-motivate.
Far Away
In Old Words apre con chitarre "post-rock"; echi, campionatore
e trattamenti sul canale destro, e una solista che è quasi psichedelica.
Threes apre con ostinato basso-batteria, tema sonnolento, tromba echizzata,
frase
"eroica" discendente, poi assolo di chitarra in "saturazione
limpida". Over It Begins apre con arpeggio di chitarra pulita, soffi
di tromba, poi un tema lirico-soffiato di semplicità quasi horvitziana, rullante
con cordiera e spazzole; a partire da 4′ la ritmica serrata e una tromba
distorta richiamano fuggevolmente i vecchi Faust, poi un assolo di tromba
(a 6′) e il temino horvitziano (da 8′) portano alla chiusa. What About The
Water? ha un tema semplice e un indovinato svolgimento "jazzistico" basato
sul suono.
Più debole
la seconda parte. Journey Of The Loach apre con un arpeggio chitarristico,
poi un ostinato ritmico mid-tempo, tema, tromba elettrica à la Miles; a
partire da 5′ un tema "eroico-filmico" con crescendo di sapore
orchestrale… mah!… e troppo lungo in ogni caso. Whistling Pass è acustico
e jazzato, bello svolgimento, rullante con cordiera e spazzole, il tutto
non troppo lontano da certo "New English Jazz" dei primi anni
settanta. Let Youth Be Served (un omaggio?) è rumoristico e concitato.
Pacific Central ha un inizio acustico non poco davisiano, tema, spazzole,
e l’ensemble garbato in slow tempo; un crescendo da 5′, e a partire da
6′ un tema epico di sapore "English Prog"; si chiude in lenta
dissolvenza.
Beppe
Colli
©
Beppe Colli 2010
CloudsandClocks.net
| Apr. 12, 2010