Hugh
Hopper/Julian Whitfield
In
A Dubious Manner
(Burning
Shed)
A circa
un anno dall’esordio "fai da te" di Jazzloops ci ritroviamo ad ascoltare
un nuovo prodotto hopperiano realizzato secondo quella stessa filosofia produttiva
(il CD viene infatti masterizzato su richiesta: paghi la somma, ti arriva
il disco). Confezione nuovamente (e logicamente?) spartana, ma stavolta c’è
un altro musicista, Julian Whitfield – nome assolutamente sconosciuto a chi
scrive – a dividere la titolarità del lavoro. In A Dubious Manner non
manca di contributi offerti da qualche ospite di passaggio – e alcuni nomi
(Jan Ponsford, Pierre-Olivier Govin, Andy Ward, Robert Jarvis) risulteranno
certamente familiari ai cultori più attenti della materia. Va comunque
precisato che, a onta di una discreta varietà timbrica complessiva
(non mancano sassofoni e tromboni), il peso maggiore ricade sulle chitarre,
le tastierine e i loop dei due titolari.
Per rispettare
la massima che parla di "pubblicità veritiera" va detto che
il nome di Whitfield andrebbe anteposto a quello di Hopper: se infatti tre
brani (Lost At Sea, Time Ago e Wannabe) avrebbero potuto agevolmente essere
inclusi su Jazzloops, è una certa aria non poco sixties e non poco
blues – a tratti non dissimile da certe canzoni zappiane presenti su Freak
Out – a predominare, complice la voce di Whitfield (qualcuno ricorda il nome
di Victor Brox-Cornopeon?). Apre bene Bogey Man, con basso geometrico, voce
filtrata, Hammond finto e sax veri; I Have A Load, Me osa uno strano vocoder;
la breve Quagmire sembra rimandare al Jeff Beck più recente (quello
semi-techno), ma senza la solista; Old Chrome Moon dispiega i fiati; e Got
Something si avvale di un buon Alan Clarke all’armonica.
In A Dubious
Manner non ha nulla di veramente sbagliato. Sorge però spontaneo l’interrogativo
su quale possa essere il senso di un’operazione autogestita di così
basso profilo in tempi in cui lo scarico dalla Rete e la masterizzazione "per
gli amici più intimi" costituiscono pratiche tanto diffuse da
non essere più nemmeno percepite come illecite dalla maggior parte
degli utenti. E se il "valore d’uso" fa oggi premio sull’innegabile
"valore aggiunto" di buona parte degli album scaricati, quale potrà
essere il destino di un CD così simpaticamente alla buona?
Beppe
Colli
©
Beppe Colli 2004
CloudsandClocks.net
| Feb. 17, 2004