Robin Holcomb/Wayne Horvitz
Solos
(Songlines)
Dire che
il pianoforte è elemento centrale tanto per la musica di Robin Holcomb
quanto per quella di Wayne Horvitz può sembrare banalmente ovvio se
pensiamo all’aspetto compositivo; lo è senz’altro meno se consideriamo
la cosa dal punto di vista esecutivo. Il pianoforte è sempre stato
parte del paesaggio sonoro della discografia della Holcomb, dai suoi (ingiustamente
sottovalutati) album di canzoni (il più recente, The Big Time, è
del 2002) a lavori quali Little Three (1996), dove composizioni dal lungo
respiro si esprimono compiutamente nel solo piano. Forse il più psichedelico
dei tastieristi moderni (ma fortunatamente non un musicista "postmoderno"),
Wayne Horvitz è sinonimo di Hammond B-3, Yamaha DX-7, Fender Rhodes
e Clavia Nord Lead, non certo di piano acustico. Bello e stimolante, quindi,
poter ascoltare un disco che vede i due musicisti cimentarsi (separatamente)
nel solo piano utilizzando tutta una serie di territori: composizione e improvvisazione,
respiro breve o lunghissimo, brano originale o rifacimento. Ottima registrazione,
ottimo pianoforte (uno Steinway D – ma si presti attenzione a come certe frasi
suonate da Horvitz nel brano conclusivo, Crispin And Lisa’s Duet, sembrino
quasi provenire da un Rhodes!) e album a "doppio strato": CD e SA-CD.
Se l’iniziale
Reno ci immerge immediatamente nel mondo a tratti quasi neo-classico della
Holcomb, le successive Tired e Armageddon (una composizione di Wayne Shorter)
ci presentano il tipico linguaggio di Horvitz, laddove dietro il Monk di Functional
non è impossibile scorgere l’ombra di Otis Spann; di lì a poco
Joanna’s Solo sembra già implicitamente suggerire una possibilità
di orchestrazione (Doug Wielselman?). The Pleasure Of Motion vede la Holcomb
in una rara improvvisazione libera, forse con una lontana eco di Cecil Taylor.
L’unico brano di durata estesa del CD, Before The Comet Comes, è una
composizione della Holcomb multitematica come d’abitudine (ma si ascoltino
quegli echi quasi horvitziani a 10’58"). Il resto dell’album rispetta
le coordinate di cui si è detto senza per questo perdere in bellezza:
lo Horvitz più jazzato è presente in Stars Fell On Alabama e
Buttermilk Hill, quello più improvvisato sulle due Interpretation;
The Road To Zamora (chi ricorda Todos Santos?) e Up Do riportano al passato
della Holcomb. Chiude in bellezza la già citata Crispin And Lisa’s
Duet.
In conclusione,
diremmo Solos uno di quei rari esempi di album niente affatto difficili da
ascoltare ma in grado di rivelare molto nel tempo, con intelligenza e discrezione.
Beppe Colli
© Beppe Colli 2005
CloudsandClocks.net | June 5, 2005