Ig
Henneman Sextet
Cut A Caper
(Wig)
"Taglia
un cappero": questo, a occhio, ci sembrava essere in lingua italiana
il titolo del nuovo album di Ig Henneman. E ci poteva anche stare, dato
che ricordiamo la musicista olandese non poco amante delle cose del Mediterraneo
(e non era forse Sicilianina il nome di una delle composizioni che ci capitò
di vedere eseguite su un palco romano, all’incirca un decennio or sono?).
Consultato a scopo di prudenza, il vocabolario ci ha invece rivelato un
senso a noi ignoto dell’espressione "Cut a caper": "eseguire
un movimento gioioso e saltellante".
La musica
di Ig Henneman può suonare austera, ed è certamente concepita con un forte
senso di economia di mezzi, sia per ciò che riguarda l’ideazione che l’esecuzione.
Ma in fondo non è poi troppo difficile, a volte, trovare in quelle linee
melodiche indipendenti ma parallele, in certe miscele apparentemente paradossali
tra barocco e minimalismo, un’atmosfera giocosa che non può non rimandare
alla danza. Forti della presenza del vocabolario abbiamo appreso che il
titolo del primo brano, Moot, è da intendersi quale
"regolare riunirsi di persone che hanno un interesse in comune".
Non sappiamo
quanto il riunirsi del sestetto sia regolare (le leggi dell’economia essendo
notoriamente indipendenti da quelle dell’estetica), però le cose funzionano.
Come al solito alla viola (e, in questo caso, alla composizione) la Henneman
vede accanto a sé Ab Baars a sax tenore, clarinetto e shakuhachi; Axel
Dörner alla tromba; Lori Freedman al clarinetto e al clarinetto basso;
Wilbert De Joode al contrabbasso; Marilyn Lerner al pianoforte. (Dando
per scontata la notorietà di Bars e Dörner, ci piace ricordare il trio
Queen Mab, con la Freedman e la Lerner accanto alla Henneman; e il bell’album
per solo contrabbasso di De Joode, Olo.)
Perfetta
la registrazione, è facile mettere a fuoco l’apporto dei musicisti, sciolti
nelle tecniche esecutive e fantasiosi nei timbri. Confessata la debolezza
per il lavoro contrabbassistico di De Joode, detto senza difficoltà che
l’apporto di ogni musicista qui è di prim’ordine, ammetteremo di essere
rimasti molto favorevolmente impressionati dagli assolo di pianoforte,
in grado di ricordare molte cose ma in realtà nessuna. Una stanza silenziosa
e un’attenzione indivisa sono ovviamente prerequisiti obbligatori per l’apprezzamento
di questa musica, nient’affatto "difficile" ma non "per
tutti".
La viola
introduce Moot, quasi un richiamo per un raduno. Si uniscono tromba e clarinetti,
pianoforte e contrabbasso, spunta un temino che poi gode di esposizione "orchestrale".
Bel solo di pianoforte giocato sulla zona bassa con pedale di risonanza
– e curioso vedere lo strumento chiudere su quella che sembra una ninna-nanna
suonata da un carillon, sotto un’assolvenza corale.
Light
Verse, dal vivo, vede curiosamente una "inspirazione nasale" essere
usata come segnale di attacco (una strategia pericolosa: un fan affetto
da sinusite seduto in prima fila potrebbe mandare a gambe all’aria questi
millimetrici arrangiamenti). Bel tema, assolo di tromba rumoristico-ambient,
assolo di clarinetto di Baars, una viola quasi banjo a ritagliarsi un suo
spazio solista.
Contrabbasso
con arco, clarinetto basso e sax tenore in sussurrato danno un che di
"Misterioso" al brano Brain And Body (un riferimento a Body And
Soul?). La composizione acquista gradualmente velocità, con un assolo di
sax tenore – dal registro basso all’urlo sui sovracuti – dall’interessantissimo
arco; bello lo sfondo "orchestrale", quasi Dixieland.
Rivulet
è quieto, con una tavolozza minimale a dare alla composizione un colore
"orientale": si ascoltino gli armonici, il contrabbasso quasi koto,
lo shakuachi, i suoni stoppati del piano preparato.
Narration
ha un bel tema a note ripetute eseguite in staccato (una tecnica cara alla
Henneman). Ab Baars fa un assolo "free" al clarinetto, ottimo
l’impasto di archi e tromba, bella l’uscita solista di De Joode.
Abbiamo
dapprima sottovalutato la qualità della seconda parte del CD, finché non
abbiamo deciso di ascoltarla per prima (l’album non è troppo lungo, ma
la musica richiede una certa dose di attenzione). Ci pare però di poter
dire che i brani successivi al quinto condividano una qualità di scrittura
dei temi maggiormente "corale", cosa che rende l’album meno uniforme.
Toe And
Heel offre un pensiero melodico più esteso dei brani che lo precedono.
Bel crescendo, e suggestivo episodio intermedio per viola e contrabbasso.
Fervid,
dal vivo, ha dei timbri quasi mingusiani e un assolo di piano dal suono
"gonfio" che chiude inaspettatamente con un trillo ripetuto sugli
acuti.
Cut A
Caper ha un lungo inizio soffiato, poi un tema "danzante" – quasi
un minuetto minimalista – e uno sviluppo complesso per clarinetto basso,
contrabbasso e tenore.
Barcollante
come da titolo, Precarious Gait fa tesoro di suoni isolati, con buon uso
dello shakuachi.
Bella
linea melodica, intelligente economia di mezzi per la conclusiva A Far
Cry.
Beppe
Colli
© Beppe Colli 2011
CloudsandClocks.net
| Sept. 29, 2011