Mei
Han/Paul Plimley
Ume
(Za Discs)
Troviamo
nella cassetta delle lettere un pacchetto proveniente dall’etichetta canadese
Za Discs, fino a questo momento a noi assolutamente ignota. Seguono due
sorprese, la prima delle quali sommamente sgradevole: il (dis)servizio
postale italiano ha deciso di farci pagare la somma di cinque euro a titolo
di? (Per un CD omaggio non richiesto? Meno male che ne riceviamo pochi!)
La bella sorpresa consiste nell’aprire il pacchetto e vedere che uno dei
titolari dell’album è il pianista Paul Plimley. Ma chi è la signora al
suo fianco, e cos’è questo strano strumento? ("Improvisations For
Zheng And Piano", recita il sottotitolo.)
Diremmo
Plimley pianista discretamente conosciuto, dalle collaborazioni con contrabbassisti
quali Barry Guy e Lisle Ellis al lavoro con la NOW Orchestra, formazione
di cui Plimley è uno dei fondatori. Questa è invece la prima volta che
incontriamo Mei Han (il libretto ci informa sul suo pregevole curriculum)
e lo strumento di antiche e nobili tradizioni chiamato Zheng da lei suonato:
per semplificare, si presenta come un’arpa posta in orizzontale di circa
un metro e mezzo di lunghezza, e se l’occhio non ci inganna sembra avere
venticinque corde; il suono ci ha ricordato a tratti quello dell’arpa,
ma spostato sui medio bassi; talvolta sembra di ascoltare una chitarra
acustica (nei momenti maggiormente "bluesy" il ricordo va al
più "orientale"
degli improvvisatori europei: Hans Reichel), o un clavicembalo, o la mano
destra di un pianoforte impegnato in climi "stride".
Tredici
brani per cinquanta minuti ci dicono di un respiro concentrato e attento.
La copertina parla di improvvisazioni: non abbiamo certo motivo di dubitarne,
anche se a tratti (il tema iniziale di Terra Mova, che potrebbe ben figurare
sui titoli di testa di un film noir; la chiusa millimetrica di Emptied
Diligence; un certo sovrapporsi di frasi melodiche su Matter Into Waves)
la cosa appare stupefacente. E’ comunque un’improvvisazione che ha deciso
di muoversi all’interno di un preciso set di parametri, cosa che a nostro
avviso rende l’ascolto di quest’album più "entertaining" (e di
maggiore replicabilità) di quanto normalmente non accada quando si tratta
di CD di musica improvvisata (a proposito dei quali ci si ritrova spesso
a pensare
"avrei dovuto essere lì").
Orecchie
ben aperte, ruoli intercambiabili, i due dimostrano un affiatamento e una
sintonia di intenti che diremmo frutto di lunga frequentazione. I brani
prediligono spesso atmosfere rallentate e meditative, dove a tratti le
note sulla parte alta della tastiera del pianoforte ci hanno riportato
alla mente l’approccio meditabondo di Muhal Richard Abrams, ma non mancano
i momenti più mossi. Ume è album perfettamente in grado di coniugare spessore
e (relativa) facilità di fruizione. Potrebbe anche andar bene come "sottofondo
intelligente", ma lasciarlo in sottofondo sarebbe un vero peccato.
Beppe
Colli
© Beppe
Colli 2006
CloudsandClocks.net | Sept.
9, 2006