Hamell
On Trial
Tough
Love
(Righteous
Babe)
E’
stato alquanto strano, alcuni mesi fa, vedere The Soul Of A Man, il
film che Wim Wenders ha dedicato al blues. Strano perché Wenders
– al di là delle intenzioni, indubbiamente nobili – mentre voleva
celebrare il blues è arrivato a un pelo dal seppellirlo definitivamente,
tanta la distanza intercorrente tra I Padri Fondatori e La Gente Che
Valeva, da un lato, e i clown, i buffoni assortiti e i poseurs che avrebbero
dovuto provarne almeno la sopravvivenza, se non la buona salute.
In
mezzo, Lou Reed: a suo modo un innovatore, forse un poseur e – a volte
– un clown. Indubbiamente non un buon esempio per quanti si sono fortemente
convinti che tre accordi tre, una inesistente vena melodica e una voce
che più monotona non si può sono una ricetta pressoché
eterna di sicura rilevanza artistica.
Il
che ci porta dritti a Ed Hamell, chitarrista e cantante dalla discografia
già abbondante ma che non sembra minimamente percepire l’esigenza
di ampliare la propria tavolozza espressiva. Tutto sembra rimandare
a un Coney Island Baby (ma non è disponibile in collana economica?)
minimamente riveduto e corretto. Siamo dalle parti dei tre accordi di
Louie Louie – controllare le iniziali Don’t Kill, Halfway, When Destiny
Calls. Non manca il riferimento al Lou Reed vocalmente più petulante
– vedi Dear Pete. E ovviamente c’è anche la "sensitive ballad":
Hail. Che mezzi vocali diversi e un fraseggio molto più elastico
possano produrre risultati migliori – vedi All That Was Said, con la
partecipazione vocale di Ani DiFranco, qui anche padrona di casa – è
indubbiamente un dato di fatto. Ma quante volte? E per quanto tempo?
Beppe Colli
©
Beppe Colli 2003
CloudsandClocks.net
| Sept. 7, 2003