Haco/Sakamoto
Hiromichi
Ash
In The Rainbow
(USA:
Detector)
(Europe:
ReR)
Nel
1984, anno in cui l’anglosassone ReR pubblicava un album degli sconosciuti
After Dinner, il numero degli artisti giapponesi conosciuti in occidente
non era certo sovrabbondante. Il disco – che raccoglieva brani di recente
pubblicazione in patria – si rivelava comunque in grado di reggere ben
al di là dell’effetto-novità: fresche melodie visitavano
molti generi (senza forzature, e senza sposarne nessuno) ma una cifra
stilistica unitaria scongiurava il pericolo di genericità e pastiche;
colpivano il sapiente lavoro di studio e la versatile voce di Haco –
suoi i brani, sua la ragion d’essere del gruppo. Qualche tour europeo
– un evento allora decisamente non comune – e poi un secondo album,
Paradise Of Replica (’89), più diretto e immediato del precedente.
Di lì a poco lo scioglimento. (Ambedue gli album sono stati ristampati
con aggiunte, il primo con il titolo di Editions.)
Fu
quindi con una buona dose di aspettative che ascoltammo il primo CD
solista di Haco (Haco, 1995), rimanendone discretamente delusi: certe
soluzioni ritmiche risultavano generiche, né la maggior parte
delle canzoni sembrava innovare in alcun modo i climi ormai noti. E
alla pubblicazione del secondo solo (Happiness Proof, 1999) decidemmo
di passare la mano.
Non
è quindi con orecchio particolarmente ben disposto che ci siamo
accinti all’ascolto di Ash In The Rainbow, nuovo lavoro che vede Haco
collaborare con il violoncellista e multistrumentista Hiromichi Sakamoto.
Siamo lieti di poter dire che il CD ci è piaciuto non poco. Due
parole sulla probabile genesi del lavoro (la copertina del CD è
davvero di poco aiuto, e così le versioni che circolano in Rete):
nel 2001 Haco ha modo di ascoltare Zero-shiki, album solo di Hiromichi
Sakamoto del 1999; prendendo il disco come punto di partenza, Haco ha
creato delle nuove parti vocali, i testi e altri elementi, procedendo
poi a un lavoro di taglia & incolla al computer. Non avendo mai
ascoltato il lavoro originale non siamo in grado di dire di più.
Bello
e tutt’altro che arduo all’ascolto – molto ragionato, estremamente nitido,
per certi versi "vuoto" – Ash In The Rainbow è uno
di quegli album che la descrizione corre il rischio di gualcire. Se
alcuni brani sembrano assumere una fresca dimensione quasi "neo-classica"
(vedi Ash In The Rainbow e Zero Hills – e si ascolti il trattamento
temporale riservato in Drunken Strings alla bella frase d’apertura di
quest’ultima) prevale altrove (Moonfish Dance, Airhead, Channeling)
una sottrazione decisamente moderna, dove la voce trattata – anche dal
computer – detta l’atmosfera. Mentre la bella conclusione di Deep Sky
ci riconcilia con il vocoder, qui parte efficacemente poetica – e imprescindibile
– dell’atmosfera. Solo Hot Road, con le voci multiple e quell’andamento
concitato del rullante, sembra rimandare palesemente agli After Dinner.
Era
Mari, pertinente a varie percussioni, è l’unico elemento che
si aggiunge al duo. Hiromichi Sakamoto adopera il violoncello in modo
ora morbido ora tagliente, oltre a impiegare altri strumenti tra i quali
la pianica (?) e un bellissimo carillon. Se la ricerca di Haco sui suoni
sintetici dà ottimi risultati, colpisce soprattutto l’intelligenza
compositiva grazie alla quale le (complesse) parti vocali sembrano davvero
semplici e naturali.
Beppe Colli
© Beppe Colli 2003
CloudsandClocks.net | March 15, 2003