Godsticks
The Envisage Conundrum
(self-released)
Siamo perfettamente
consapevoli del fatto che "etichette" quali "metal melodico" e "melodie
metalliche" non sono in grado di descrivere adeguatamente alcunché.
Eppure ci vediamo costretti ad ammettere che proprio queste sono le definizioni
che ci sono venute in mente durante l’ascolto dei primi minuti di The Envisage
Conundrum: laddove la breve, sinistra introduzione di tastiere di Convergence
– qualcosa a metà strada tra gli archi di Ennio Morricone e quelli di Howard
Shore – cede il passo al muro di chitarre angolari e distorte di Caught
In A Bind, con una folla di voci echizzate a uscire fuori dalle casse,
rullate di batteria a passare di canale e luci abbaglianti a rendere visibili
i fumi che si spandono in una stanza – la nostra! – che in pochi istanti
si è trasformata in un "enormodome".
E quindi
va immediatamente precisato che questo non è un album di "metal",
più o meno melodico; e questo nonostante altre parti di The Envisage Conundrum
– in primis i quasi venti minuti della trilogia di Borderstomp, posta in "quasi
chiusura" – condividano non pochi aspetti timbrici e stilistici di
quella apocalittica apertura.
Ma allora,
che tipo di album è questo? E chi sono i Godsticks? Domande interessanti,
alle quali abbiamo cercato di dare una risposta nel corso delle ultime
due settimane.
Trio originario
del Galles, i Godsticks saranno il gruppo di apertura del tour europeo
che la Mike Keneally Band effettuerà nei mesi di marzo e aprile di quest’anno.
Dobbiamo confessare di non averli mai sentiti nominare prima di leggerne
il nome sul manifesto che pubblicizza il tour, a onta di una discografia
che comprende un EP (omonimo) pubblicato nel 2009 e un CD a lunga durata
– Spiral Vendetta, con la partecipazione di Bryan Beller al basso – apparso
nel luglio del 2010.
La formazione
è oggi composta da Darran Charles a voce, chitarre e tastiere (Charles
è anche il compositore principale del gruppo); Steve Roberts a batteria
e tastiere; e, ultimo arrivato, Dan Nelson al basso. (A giudicare dalle
foto, il bassista pare sui venticinque anni, con gli altri due quali
"trenta-e-qualcosa".) Non va dimenticato Joe Gibb, che nella sua
veste di produttore e tecnico di registrazione e missaggio, nonché di masterizzazione,
appare qui come il quarto membro del trio. Il suo è un apporto decisivo per
il successo dell’album, dal suono "moderno" (con i suoni contraddistinti
da un attacco veloce) epperò dinamico (e qui un volume d’ascolto moderatamente
elevato non guasterà).
Influenze?
Qui viene il bello, dato che la musica suona personale e riconoscibile
nonostante le influenze percepite siano a dir poco numerose – e diremmo
corrispondenti allo stock di conoscenze di ciascun ascoltatore. Charles
ci perdonerà se diciamo che in certi momenti "da stadio" la sua
voce ci ha un po’ ricordato quella di Aaron Lewis degli Staind. Ma la polifonia
vocale non può non rimandare ai Gentle Giant, anche se ne differisce per
i modi melodici. Alcuni brani – vedi Benchmark, con l’introduzione di chitarra
acustica – sembrano rimandare a Mike Keneally. Si scorgono qua e là anche
tracce di "melodismo inglese" (i Beatles), "folk chitarristico" (John
Martyn), i King Crimson "nuevo metal" di The ConstruKtion Of
Light e quelli "americani" con in primo piano Adrian Belew (anche
se a ben vedere c’è solo una traccia davvero frippiana, come si vedrà tra
breve quando esamineremo l’album in dettaglio). A una certa distanza ci
è parso di scorgere echi batteristici di Neil Pert e di Narada Michael
Walden.
All’atto
pratico l’etichetta che useremmo per descrivere The Envisage Conundrum
è quella di Prog/Neo-Prog di tipo "moderno", cioè a dire con
affinità più strette con il metal moderno (si ascoltino le parti veloci
eseguite sulla cassa con "doppio pedale") e la fusion (anche
nei suoi aspetti più strettamente esecutivi) che con il jazz o la classica.
Vediamo
se una descrizione veloce dei brani riesce a rendere le cose più chiare.
Come già
detto, Convergence (Intro) è una breve introduzione sinistra di tastiere,
a metà strada tra Ennio Morricone e Howard Shore.
Caught
In A Bind apre con un muro di chitarre, riff dispari, tutto angolare e
distorto. Batteria un po’ "crimsoniana", scandita. Canto melodico,
cori massicci, un bel passaggio di batteria dx-sx (Narada Michael Walden?),
voce solista che si poggia "sghemba" sul tempo della "base",
una bella uscita della chitarra solista, voci che escono dalle casse. Tastiere
funeree sul finale.
The Envisage
Conundrum ha un ritmo dispari, quasi un samba corretto metal. Groove poderoso
basso-batteria, ritmica a stacchi, sovrapposizione metriche. Ritornello
di un melodismo alla 10cc/Beatles a fare strano contrasto con l’aria tesa
del tappeto chitarristico. Chitarre cumulative, ritornello, fine cadenzata.
In A Way
It Ended Me, con la voce aggiunta di Bruce Soord, apre con pianoforte/hi-hat,
cadenzato, una miscela vocale strumentale con chitarre acustiche, à la
Gentle Giant, una voce dalla melodia "folk-orientale" (echi di
John Martyn?). Uscita melodica delle chitarre e coda in stile "vecchio
rock inglese" con andamento "lirico" alla Phil Manzanera
del periodo 801. Coda vocale quasi alla Todd Rundgren di Todd.
Benchmark,
con inizio di chitarra acustica, è una ballad à la Keneally, con chitarre
acustiche, tastiere, un bel basso in contrappunto, e qualcosa di "latino".
Bella uscita solista dell’elettrica sulla chitarra acustica.
Submerged
ricorda alla lontana certe cose dei King Crimson del periodo
"americano" di Discipline/Beat/Three Of A Perfect Pair. Ritornello
arioso, chitarra a strappi. Bella apertura melodica vocale. Assolo di chitarra
"fusion", hi-hat cadenzato. Curiosamente – ma a suo modo appropriatamente,
vista l’aria "crimsoniana" del pezzo – la parte strumentale che
va da 3′ 15" a 4′ 04" ci è sembrata una
"variazione su tema" della sezione "B" (quella che va
da 2′ 05" a 3′ 29") del pezzo di Robert Fripp intitolato Breathless
(contenuto nel suo album solista intitolato Exposure, del 1979).
A
Brief Foray è un ¾ con la voce aggiunta di Kaysha Wilson. Forse
il pezzo più semplice e orecchiabile dell’album, fa un bel contrasto con
le cose tanto più complesse che l’hanno preceduto e che lo seguiranno.
Pianoforte. Bella uscita solista melodica, ben sostenuta da un basso in
contrappunto. Melodia chitarristica "cornamusa"/frippiana.
Disclosure
è uno strumentale per solo pianoforte, composto e suonato da Steve Roberts.
Il brano pare miscelare variamente Herbie Hancock, Keith Jarrett e Jack
Bruce. Lungo, teso, jazz, ci pare citare qualcosa che però non sapremmo
individuare. Uno stacco necessario nell’economia dell’album.
Borderstomp
– Part 1 (Death To Tuesday) è violenta ma estremamente precisa, cadenzata,
con rullante-piatti "secchi" e rullate a riempire, basso rombante,
chitarra arpeggiata, voci multiple, cori "enormodome".
Borderstomp
– Part 2 (Blind) è cadenzata, spezzata, con tastiere in sottofondo e a
inserirsi nel tessuto. Voce solista solo/poi doppiata. Assolo di chitarra
"onda quadra" con – troppo breve! – l’apporto del violoncello di
Hannah Miller. Finale che per un attimo ci riporta alla mente gli High Tide.
Borderstomp
– Part 3 (Cielo Azul) porta in primo piano una batteria secca e sonora.
Attacco chitarristico/batteristico in stile quasi "post-rock".
Piatti eccellenti, chitarre echizzate, voci "apocalittiche",
tempi dispari, e un lavoro notevolissimo al doppio pedale della cassa.
Assolo di chitarra
"quadra" à la Phil Manzanera, con le tastiere a salire. Synth a
chiudere.
Raised
Concerns funge da coda, e forse da "summa" (purtroppo, per un
errore in fase di stampaggio, il testo di questo brano non è riprodotto
sul libretto). Chitarra acustica, melodia sul registro acuto, poi il pezzo
si ripete, con basso-batteria, chitarre elettriche e voce doppiate. Entrata
di pianoforte, e il pezzo si avvia alla conclusione. Riparte il ritornello,
sempre più
"celestiale" (riverbero), ingresso di violoncello, poi il pezzo
va a chiudere: chitarra elettrica arpeggiata, voce.
Conclusioni?
Un bell’album, benissimo registrato a dispetto del fatto di essere auto-prodotto
(cosa che rivela un impiego di tempo notevole). Non per tutti i gusti?
Questo va da sé, ma senz’altro degno di essere ascoltato. Paradosso? Un
album "vario e complesso", ma non "difficile". Curiosità
personale? Ci chiediamo come farà il trio a riprodurre dal vivo le voci
multiple dell’unico cantante, ingrediente primo nella musica del gruppo.
Beppe Colli
© Beppe Colli 2013
CloudsandClocks.net
| Feb. 1, 2013