David
Garland
On
The Other Side Of The Window
(Review
Records)
Album
di grande freschezza e di musicalissima registrazione dove l’immediatezza
della fruizione non sta a significare scarsa intelligenza della musica
(e di quanti titoli è oggi possibile dirlo?), On The Other Side
Of The Window merita per chi scrive il titolo di "sorpresa dell’anno".
Canzoni che sotto un andamento colloquiale – e qui certo aiuta la voce
piana di Garland – nascondono non poche irregolarità di sviluppo
e belle soluzioni melodiche destinate a giungere alla percezione solo
dopo ripetuti ascolti. E se la voce occupa il posto centrale, ciò
non avviene a discapito della fantasia strumentale, che offre anzi numerosi
tocchi inusuali o bizzarri (ma in modi sempre pertinenti): troviamo
infatti strumenti il cui impiego è oggi davvero poco comune quali
il vibrafono e l’ocarina nonché il salterio suonato con l’archetto,
bassi elettrici filtrati dal pedale wha-wha e aggeggi dalla natura misteriosa
– che sarà mai il "Taliesen quartzite"?
Dobbiamo
confessare che ci eravamo del tutto dimenticati dell’esistenza di David
Garland. C’era stato un album di canzoni intitolato Control Songs, nel
1986, e poi The Worlds Of Love (1989), la collaborazione con Ikue Mori
e Cinnie Cole ristampata su CD qualche anno addietro. Posto che non
eravamo mai riusciti ad ascoltare I Guess I Wasn’t Made For These Times,
l’album di arrangiamenti di canzoni di Brian Wilson dei Beach Boys pubblicato
solo in Giappone, non sappiamo quanto le imprese successive di Garland
(da vent’anni apprezzato DJ radiofonico in quel di New York) siano state
di ardua rintracciabilità e quanto il nostro ricordo della sua
musica sia stato invece, a ben considerare, un po’ tiepido.
Certo
è che – maturità a parte – questo è un album al
quale Garland deve aver lavorato davvero molto e con paziente sapienza,
come evidente dal fatto che ogni cosa appare "magicamente"
al posto giusto. Le composizioni risultano tutte decisamente personali,
ricordando all’ascoltatore molte cose senza somigliare veramente a nessuna
(ma ci siamo sorpresi a immaginare la miniatura di Tea Time (Secular
Prayer #4) cantata da un Kevin Ayers annata ’74). Fantasia e scioltezza
delle melodie e degli arrangiamenti, questi ultimi considerati anche
nel loro aspetto timbrico, rimandano comunque ad attente frequentazioni
di piacevole classicità, con un affiorare non episodico di certi
aromi sixties. Piace anche poter dire di testi non banali e a più
livelli di lettura, purtroppo non presenti nel CD (ma perché?),
come pure assente è il dettaglio delle strumentazioni; per leggere
gli uni e gli altri basta però visitare il sito ufficiale del
musicista.
Posto
in apertura, il brano che dà il titolo all’album è in
fondo una buona summa del lavoro: introduzione strumentale che procede
senza fretta alcuna, timbri iperrealisti – l’interno di un piano – la
narrazione a procedere lungo una piana linea melodica vocale, i cori
di contrappunto. E siamo pronti a scommettere che How To, dall’andamento
dialogico "costruito su misura per la voce e l’armonica di Karen
Mantler", sarà per molti il pezzo preferito. Impossibile
non apprezzare i tocchi strumentali dei collaboratori (Garland suona
quasi tutti gli strumenti), su tutti il violino di Meredith Yayanos
(Distance, Phantom Limb) e la tromba e il flicorno di Ron Horton (Out
Here, Grip). Non mancano poi registrazioni "sul campo" – vedi
le linee vocali di I’m Here (Secular Prayer #1) e la conclusiva (e decisamente
"ambient") Pastorale. Da parte nostra abbiamo particolarmente
apprezzato la diretta Good Design e la fantasiosa mutevolezza di Distance,
Phantom Limb e Self Portrait, nonché una qual certa aria "old-fashioned"
di Out Here, affidata alla voce di Michael "Sport" Murphy.
On
The Other Side Of The Window è un album che – mentre consente
all’ascoltatore di ritagliarsi il cammino che più gli risulta
congeniale – è in grado di funzionare perfettamente come un tutto.
Un album all’apparenza piccolo ma il cui approccio umanistico – decisamente
anacronistico, dati i tempi – è per ciò stesso una graditissima
boccata d’aria fresca.
Beppe
Colli
©
Beppe Colli 2004
CloudsandClocks.net
| Jan. 3, 2004