Ben Folds
Way To Normal
(Epic)
Non abbiamo
alcuna difficoltà ad ammettere che tre anni or sono Songs For Silverman
costituì per chi scrive una piacevole sorpresa. Nel corso del tempo avevamo
acquisito una qual certa familiarità "a distanza" con il trio
statunitense piano/basso/batteria bizzarramente denominato Ben Folds Five,
che in verità ci era parso brillare più per il contesto "grunge" in
cui si era ritrovato a operare che per meriti propri (peraltro non assenti).
E anche l’ultimo album del trio prima dello scioglimento, The Unauthorized
Biography Of Reinhold Messner (1999), pur buono, non è certo quel capolavoro
che i fan più sfegatati del gruppo vorrebbero.
Songs
For Silverman rappresentava un riuscito tentativo di far suonare "come
nuovo" un linguaggio compositivo ormai "classico" e dai
visibilissimi antecedenti. Belle canzoni, un approccio vocale appropriato
e versatile, arrangiamenti contraddistinti da buon gusto, testi non banali,
buone prove strumentali e un suono ricco e caldo che invitava ad alzare
il volume dell’amplificatore. Ed era bello ritrovarsi a indagare le sottigliezze
del bassista Jared Reynolds e del batterista Lindsay Jamieson. Logico,
quindi, attendere con curiosità il seguito della storia.
Qui lo
sfondo è di due tipi. In questi anni Folds ha pubblicato una raccolta di
semi-inediti e un DVD-V registrato "dal vivo in studio" a Nashville,
dove oggi il musicista risiede, oltre a effettuare concerti un po’ dappertutto.
Nel frattempo, in attesa di un nuovo album, ci siamo ritrovati a leggere
con crescente sorpresa i commenti dei critici su Songs For Silverman, a
proposito del quale, e non certo con valore di complimento, ricorrevano
espressioni quali
"maturo", "di mezza età", "saggio",
"introspettivo" e simili in opposizione a termini come
"esuberante" ed "estroverso" riferiti alla produzione
del vecchio trio di Folds.
Leggere,
quindi, che il nuovo Way To Normal costituiva un ritorno alla bella forma
dei Ben Folds Five è stato per noi motivo di allarme. Non ci restava che
procedere all’ascolto diretto.
Way To
Normal reca ben visibile in copertina la dicitura "Parental Advisory
– Explicit Content – Strong Language". Curiosi di saperne di più abbiamo
aperto il libretto e… niente testi! Poca soddisfazione nell’apprendere
che anche le varie edizioni "lusso" dell’album, di cui ignoravamo
l’esistenza, ne erano prive. I testi dovrebbero essere presenti nella sola
edizione giapponese (anche in giapponese). Ripromettendoci di dare un’occhiata
in Rete, procediamo all’ascolto. E qui non c’è espressione abbastanza forte
per esprimere il nostro sconcerto.
Per fare
le cose per bene, decidiamo di ascoltare l’album connettendo la cuffia
all’ingresso del nostro fidato lettore. Il volume d’ascolto è moderato,
ma sembra che ci si stacchi la testa. Abbassato il volume, decidiamo che
il suono del brano iniziale, il finto-live Hiroshima, completo di pubblico
(vero), è assolutamente atroce. Ma è un brano "dal vivo", introduce
l’album… Passiamo al secondo, Dr. Yang. Che, se possibile, è ancora peggio.
Potremmo richiamare la compressione di Lady Madonna dei Beatles. Ma quello
era "un effetto" (tra l’altro ben riuscito) applicato con musicalità
e giudizio, non questa… cosa. Per farla breve, il CD è assolutamente
inascoltabile. Espressione pesante, che va immediatamente qualificata.
Way To
Normal è l’ennesimo esempio di quella "guerra del volume" che
vuole gli album suonare sempre più forte. L’altra faccia della medaglia
è ovviamente un suono piatto, sempre prossimo alla distorsione, stancante,
niente affatto musicale. E’ evidente il tentativo di fare suonare l’album
"competitivo" – ma con che cosa? E su quale supporto? Ovviamente
tutti abbiamo letto di petizioni di fan imbelviti a proposito di questo o
quel disco. E ovviamente tutti sappiamo di tecnici della masterizzazione
che dichiarano pubblicamente di vergognarsi del suono che hanno ottenuto, "ma
le richieste" (della casa discografica, del management, degli stessi
musicisti) "erano quelle".
Way To
Normal è risultato di spiacevolissimo ascolto sull’ingresso diretto del
lettore CD, mentre utilizzare l’ingresso cuffia dell’amplificatore ci ha
almeno consentito di agire sui toni. Migliori risultati li abbiamo avuti
usando le casse (una coppia di monitor di studio), ma sempre operando una
decisa attenuazione sul controllo degli acuti dell’amplificatore.
La più
grossa sorpresa? Che nessuna delle recensioni da noi lette accenna minimamente
al problema. Eppure non è una faccenda da poco. I musicisti risultano anonimi
e impossibili da valutare, il piano è una poltiglia informe, e per quanto
concerne le voci ascoltando il CD abbiamo imparato a temere la parola
"people", per non parlare delle sibilanti e della saliva che ci
siamo ritrovati a scansare. (Chi gradisce indicazioni maggiormente puntuali
è invitato ad ascoltare la "f" di "thirty-five" a 1′
40"
di Kylie e le "p" di "people" a 2′ 39" di Effington.)
L’album risulta "accettabile" solo qualora ascoltato senza prestargli
più che una minima attenzione (è questo l’ascoltatore al quale Way To Normal
intende rivolgersi?). Va da sé che nell’epoca dello scaricagratis facile
pagare per ricevere in cambio una simile immondizia non è cosa che mette
di buonumore…
Qualunque
il motivo, è chiaro che con Way To Normal Folds ha inteso realizzare un
album più "esuberante" del predecessore. Il che non è, di per
sé, una cattiva notizia, non fosse che l’approccio sonoro prescelto rende
il tutto così caricato e forzato da risultare stancante. Sospettiamo che
lo stesso Folds abbia sentito il bisogno di introdurre varietà mettendo
due brani lenti con pianoforte e archi alla fine di (immaginiamo) ciascuna
facciata, ma i brani (pur pregevoli, e masterizzati da Bob Ludwig, che
fa quel che può) soffrono di un tipico tentativo di "sovracompensazione",
risultando troppo lunghi e barocchi laddove una maggiore concisione non
avrebbe guastato.
Con l’eccezione
di una citazione letterale di Crosby, Stills, Nash & Young diremmo
che in quest’album Folds abbia tenuto presente soprattutto un suono
"classico" Made in U.K.. Se non abbiamo le traveggole ritroviamo
infatti qui tracce dei Beatles di Paul McCartney, Queen, Kinks, Small Faces,
Who e 10cc, questi ultimi soprattutto in versione "5cc"; ed è buffo
notare come spesso Folds esprima i Beatles come filtrati dall’Eric Stewart
in versione McCartney.
Hiroshima
apre benino, incalzante, con quartetto d’archi "nipponico" e
cori del pubblico. Dr. Yang sembra a tratti un martello pneumatico, con
vocalità molto Eric Stewart con qualche tocco intermedio di Steve Marriott.
The Frown Song si presenta come una classica "British salad",
con la strofe che è puro Kinks marziali di Autumn Almanac e il ritornello
McCartney; c’è un bel piano, e uno strano Mini-Moog. You Don’t Know Me
è il potenziale hit: un duetto con Regina Spektor in grado di rendersi
antipatico ben prima della sospirata fine; archi non accreditati, e una
tastiera insopportabile. Cologne è un brano melodico di un certo pregio
che soffre per i motivi già detti.
Con Errant
Dog sembra proprio di sentire gli Small Faces, pronuncia di Steve Marriott
inclusa; poco ambizioso ma divertente. Free Coffee è il brano più strano,
e per certi versi la vetta dell’album: suoni "glitches" quasi
techno, piano e una voce… alla Roger Daltrey (si ascolti la pronuncia
della parola "food") rimandano agli Who del periodo dei caffettani;
curioso il synth finale. Bitch Went Nuts è uno degli episodi migliori,
trascinante, con qualche traccia dei Queen. Brainwascht ci è parsa inutile.
Effington non è male, con un evidente rimando iniziale ai Queen e una citazione
letterale dal brano Déjà Vu a 1′ 42". Kylie chiude bene il tutto,
ma anche qui un po’ di stringatezza in più non avrebbe guastato.
E adesso?
Beppe Colli
© Beppe Colli 2008
CloudsandClocks.net | Oct. 9, 2008