Flex Bent Braam
Lucebert

(BBB)

Un bell’album che siamo particolarmente lieti di poter recensire: perché è un bell’album, e perché la musica che contiene è sorprendentemente accessibile – il che, diremmo, non guasta.

Trattasi di jazz eseguito da una formazione (jazzisticamente) di media grandezza. Diviso in parti eguali tra standard e composizioni originali, il repertorio potrebbe essere classificato senza forzature alla voce "Pre-Free": diciamo di materiale melodicamente avventuroso e armonicamente sofisticato eseguito con ricchezza di colori. Il riferimento più prossimo potrebbero essere quei lavori braxtoniani cui siamo soliti attribuire l’etichetta cumulativa di "In The Tradition", ma il quartetto con piano e ritmi – la geometria scelta dal sassofonista di Chicago – ovviamente mal si presta a rendere quei colori "ellingtoniani" che una formazione più ampia mette a disposizione dell’arrangiatore. Di tanto in tanto, durante l’ascolto, ci è venuto in mente il Microscopic Septet, per quel suo rileggere le pagine del passato con la consapevolezza (compositiva) di quel che è venuto dopo. Mentre una esuberanza che a tratti affiora ci ha ricordato i Brotherhood Of Breath di Chris McGregor. Sono comunque dei riferimenti di comodo.

Certamente illustri – Charles Mingus, Dizzy Gillespie, Errol Garner, Cole Porter, Einar Aaron Swan, Thelonious Monk, Henry Sullivan, Miles Davis, Tadd Dameron, George Russell – i nomi degli autori degli standard eseguiti non porranno problemi a chi possiede la storia del jazz. Li pongono invece a chi – per esempio, chi scrive – non ascolta Misty di Errol Garner da quando aveva i calzoni corti e ha solo una lontana consapevolezza del lavoro di Tadd Dameron. La cosa non ha alcuna importanza ai fini di un apprezzamento "a pelle". C’è però il capitolo della problematicità dei riferimenti: la fine di Roes – Whirl ci sembra citare qualcosa di famoso, ma è davvero così? Notiamo invece che un pezzo originale quale Rijp – Rime cita per esteso il tema di Criss Cross di Thelonious Monk, senza però accreditarlo.

La formazione: Michiel Braam, piano; Angelo Verploegen, tromba; Wolter Wierbos, trombone; Bart van der Putten, sax alto; Oleg Hollmann, sax baritono; Tony Overwater, contrabbasso; Joost Lijbaart, batteria.

Con un certo rossore in viso, dobbiamo confessare che l’unico musicista il cui lavoro conosciamo bene è Wierbos, da noi ascoltato per la prima volta trent’anni fa nel quartetto di Maarten Altena. C’è poi il caso del leader, Micheil Braam, che ha arrangiato il tutto e composto gli otto brani originali. Con l’eccezione di un lavoro per formazione di media grandezza da noi ascoltato qualche tempo fa e che non ci piacque troppo questa è la prima volta che ascoltiamo Braam al pianoforte: il lettore ricorderà sicuramente le nostre recensioni altamente elogiative di quei lavori a nome Wurli Trio e eBraam che lo vedevano impegnato a tastiere elettroniche.

Le note di copertina, mai tanto utili quanto in questo caso, ci dicono che Flex Bent Braam è una nuova formazione che dagli intendimenti del leader si annuncia "flessibile". Il nome dell’album – Lucebert – viene dal pittore e poeta olandese membro del movimento CoBrA (un’occhiata a Wikipedia ci ha immediatamente fornito un retroterra adeguato). L’aneddoto pertinente è che "In 1965 Lucebert, a jazz lover, commented on the Dutch literary Fifties Movement by sending a telegram consisting of a list of jazz standards". (…) "Michiel Braam made new arrangements of these standards, and composed 8 new pieces based on the ‘Japanese Epigrams’, written in the fifties by Lucebert".

Buona registrazione di studio di Paul Pouwer, dal sapore (diremmo volutamente) "vintage": tutto è chiaro, ma la cifra complessiva è di qualcosa sentito dal vivo, con le parti importanti sempre chiare all’ascolto. Il variare dei volumi dei singoli strumenti – cosa evidentissima nel caso del contrabbasso – ci dice di un lavoro missato con cura "compositiva". (Nello spettro stereo, la tromba e il trombone si dispongono sulla destra, il sax alto e il sax baritono sulla sinistra, con la ritmica a variare.) Da lodare l’affiatamento, non comune per una formazione che immaginiamo di vita recente. Fantasiosi e mai "ingessati" gli arrangiamenti.

Un’occhiata veloce ai pezzi (mai come in questo caso non sostitutiva dell’ascolto diretto: il vero divertimento è lì).

Better Git It In Your Soul – Charles Mingus. Inizio trascinante, brioso. Ben sorretto da piano e ritmica, ottimo assolo di trombone. C’è una certa esuberanza che riporta alla mente i Brotherhood Of Breath di Chris McGregor, impressione confermata dalla parte di fiati in ensemble nella parte conclusiva del brano.

Rijp – Rime. Batteria, contrabbasso, entra il pianoforte – è Criss Cross! Sequenza: trombone, alto, baritono, swingante, la tromba a unirsi. Piccoli assolo in sequenza, il piano in parallelo.

Dizzy Atmosphere – Dizzy Gillespie – e Misty – Errol Garner. Scattante, gioiosa, con tromba e contrappunto dei fiati. Bella uscita solista del baritono, torna il tema per tromba.

Roes – Whirl. Una delle cose migliori dell’album. Inizia con passo felpato, giro piano-contrabbasso, poi scoppiettare fiatistico. Rimuginare del sax alto con base cadenzata, con l’assolo che cresce di intensità e gli altri fiati a unirsi, con un che di "preaching" da Gospel. Assolo di baritono con accompagnamento rarefatto, poi bluesante. Tema baritono, poi "tutti".

Get Out Of Town – Cole Porter – e When Your Lover Has Gone – Einar Aaron Swan. Sordine, spazzole e un’aria "cool", un trattamento ellingtoniano. Il sax alto fa l’assolo sugli accordi, con appoggio del pianoforte. Si scorgono inesistenti clarinetti.

Spijt – Rue. Soffiare delle ance, lenta introduzione. Poi cadenzata, con il contrabbasso con l’arco per un lungo excursus melodico, quasi un "Blues Tango". Ottimo contrabbasso! Intermezzo. Un rullante con cordiera – funebre? – introduce un’atmosfera "Dirge". Bel tocco, la nota finale del piano, a chiudere.

Straight, No Chaser – Thelonious Monk. Piatto insistito, fastidioso, quasi un’incudine. Tema per sax baritono, con contrappunto dell’ensemble. Un assolo più "moderno" del brano, un brusco stacco…

Drift – Urge. Piano "tayloriano" sullo sfondo, pulsazione ritmica, stacchi dei fiati. Una swingante wind section accoppiata a un piano moderno – incongruo! Assolo di contrabbasso, piano ad arpeggi scuri, chiusa rarefatta.

I May Be Wrong – Henry Sullivan – e So What – Miles Davis. Frase per fiati, un piano trio, un assolo di sax baritono che ci ha ricordato certe movenze ritmiche di Eric Dolphy al clarinetto basso. Assolo di piano, tema. Un brano al quale ben si attaglia l’appellativo di "elegante".

Oord – Place. Sboccia, poi parte un assolo di trombone con contrappunto. Assolo veloce di piano – un Herbie Hancock Blue Note di metà anni sessanta? Ma è tutto il brano – assolo di tromba, trombone velocissimo, assolo di batteria, contrabbasso – a ricordare quel periodo.

Let’s Cool One – Thelonious Monk. Ripresa molto più canonica e swingante. Tema brioso, contrabbasso in assolo tematico, con rullante suonato con le spazzole e comping del piano. Ensemble, e svolgimento fantasioso.

Zorg – Care. Inizio "cool", tromba sordinata, trombone, sax alto, baritono. Bel tema dal sapore mingusiano. Assolo di trombone più ritmica, poi un assolo di sax alto più ritmica ci riporta al clima di The Black Saint And The Sinner Lady. Arpeggi di piano. Tema swing intricato.

Hot House – Tadd Dameron. Tema, assolo di piano più ritmi, piano martellante, tema. Un po’ di Microscopic Septet.

Plek – Spot. Tema "hushed" su un pedale di piano e ritmi. Il brano si anima, acquista un che di "Rumba". Sax baritono più tromba, un tema latino. Vivace assolo di trombone e piano. Chiudono i fiati "a incastro". Un pezzo che potremmo definire di "swing cerebrale".

The Stratus Seekers – George Russell. Velocissimo, contrabbasso veloce, tema squillante, unisono, piano, concitato, tromba e trombone. Assolo veloce di sax alto.

Herfst – Fall. Chiude benissimo quello che si è rivelato uno dei nostri pezzi preferiti. Inizio swingante, cool, lento, per ritmica, poi un tema a metà strada tra Mingus e l’Art Ensemble Of Chicago – ci ha ricordato la (per noi!) celebre Charlie M. Assolo cool del sax alto, assolo di trombone, sbocciano i fiati. Stacco, e una finta fine. Piano lunare, dal suono quasi campionato, con effetti? Ritorno dei fiati, di nuovo Mingus, il piatto, e il piano a "spegnersi", con bell’uso del pedale, nella zona alta della tastiera.

Beppe Colli


© Beppe Colli 2013

CloudsandClocks.net | Nov. 18, 2013