Joe
Fiedler
Joe Fiedler’s Big Sackbut
(Yellow Sound Label)
Un gran
bell’album (apparso del tutto inaspettatamente nella nostra cassetta delle
lettere) la cui frequentazione ci ha regalato, in aggiunta al puro piacere
estetico, alcuni interessanti spunti di riflessione.
Com’è
naturale per chi abbia ascoltato una gran quantità di musica lungo un periodo
ormai misurabile in decenni, anche chi scrive non può a volte sottrarsi
alla spiacevole impressione che tutto sia già stato detto; e dobbiamo ammettere
che gran parte dei materiali in cui ci capita di imbatterci sembra esistere
al solo scopo di rafforzare la nostra opinione. Benvenuto quindi quest’album,
dove non si reinventa la ruota ma dove la concezione estetica (che è di
tipo "multimodo": questa è musica in grado di funzionare perfettamente
anche come semplice sottofondo) affronta con sicurezza e disinvoltura alcune
interessanti questioni.
Joe Fiedler’s
Big Sackbut ci ricorda quindi che il mondo è bello, grande e vario – ma
avremmo saputo della sua esistenza se non lo avessimo ricevuto? Questa
in effetti è una bella domanda.
Un’occhiata
ai nomi dei musicisti: Joe Fiedler, Ryan Keberle, Josh Roseman, Marcus
Rojas.
Apparso
su centinaia di album, quello di Rojas è con tutta probabilità il nome
più conosciuto del quartetto. Da parte nostra ne ricordiamo con particolare
piacere il lavoro con la formazione di Henry Threadgill denominata Very
Very Circus.
Anche
Joe Fiedler è un musicista dalla lunga e multiforme carriera. Qui la prima
cosa che ci viene in mente è la partecipazione ai due album incisi dai
Fast ‘n ‘ Bulbous – The Captain Beefheart Project: Pork Chop Blue Around
The Rind (2005) e Waxed Oop (2009), laddove quest’ultimo contiene un interessante
arrangiamento di Fiedler del brano beefheartiano intitolato Blabber ‘n’
Smoke (tratto da The Spotlight Kid, del 1972); e possiamo anticipare che
un arrangiamento parallelo di quel brano è presente qui.
Ci dispiace
dover ammettere che questa è la prima volta che ascoltiamo Ryan Keberle
e Josh Roseman.
Resta
solo da dire della strumentazione adottata: sono tre tromboni e una tuba.
E qui
temiamo che l’interesse del lettore possa subire una battuta d’arresto.
E sarebbe
un peccato, tanto la musica è varia, pimpante, timbricamente ricca e fantasiosa.
A tratti sembra quasi di sentire delle (inesistenti) trombe, e per un momento
il pensiero va alla Brass Fantasy di Lester Bowie (ma solo per ciò che
concerne la timbrica, non per lo spirito, che diremmo del tutto diverso).
Potremmo dire che la strumentazione usata è "trasparente", e
per certi aspetti questo è vero. Ma è anche vero che ciò vorrebbe dire
sminuire quanto di specifico attinente allo strumento qui esiste.
Se ben
capiamo, lo spunto iniziale per l’idea di Fiedler viene – sono passati
circa venticinque anni – dall’ascolto del World Saxophone Quartet.
Da parte
nostra, volgendo lo sguardo in direzione della discografia in nostro possesso,
quali antecedenti per ciò che riguarda il solo
"hardware" individuiamo il famoso Piece For Three Trombones Simultaneously,
brano che occupava l’intera prima facciata di The George Lewis Solo Trombone
Record (1977). E Slideride (1995), album del quartetto di tromboni che vedeva
protagonisti Ray Anderson, Craig Harris, George Lewis e Gary Valente (se
l’approssimazione risultasse carente, ricordiamo che nelle occasioni in cui
Lewis non era disponibile il gruppo faceva ricorso alla tuba di Bob Stewart,
assumendo la denominazione di The Heavy Metal Quartet).
Autore
di tutti i brani, cover escluse, e di tutti gli arrangiamenti qui presenti,
Fiedler mette in campo una musica decisamente complessa ma all’apparenza
semplice. Grande versatilità dei musicisti, grande disinvoltura nel far
suonare "autentico" materiale di enorme varietà. Strategie compositive
che rimandano al jazz e anche, pur se in misura minore, alla musica classica
– ma queste sono distinzioni che forse riguardano più chi ascolta che chi
compone.
Una veloce
descrizione dei brani contenuti dovrebbe essere sufficiente a farsi un’idea,
anche se com’è ovvio essa non è da intendersi quale sostitutiva dell’ascolto
diretto.
Apre Mixed
Bag (il cui titolo, in considerazione della varietà del brano, tradurremmo
come macedonia, o fritto misto): introduzione collettiva pimpante, temino
Monk/bossa, poi un tema samboso che non sarebbe stato fuori posto su un
album della Blue Note degli anni sessanta. Assolo di Fiedler sorretto dalla
tuba e di tanto in tanto dagli altri due fiati, che suonano come un’intera
sezione. L’assolo va verso vette squillanti, da flicorno. Poi un assolo
di Josh Roseman,
"a sviluppo parallelo", con trombone più fiati. Ritorna il tema,
che si espande gioioso e chiude bene.
Segue
The Crab, titolo che letteralmente rimanda al granchio ma che dopo numerosi
ascolti diremmo forse imparentato a figure quali il "crab canon" e
il "canon cancrizans", denotanti simmetrie nelle partiture (il
lettore non tragga l’erronea impressione che chi scrive si diletti di queste
cose: ci limitiamo a consultare il vocabolario). L’apertura procede a scatti,
a simmetria variabile. Bel giro di "basso", con i tromboni a
ricamare sopra. Assolo di Fiedler su un ostinato di tuba, con l’assolo
che procede, latineggiando, in direzione dell’esuberanza di un Roswell
Rudd, con bel sostegno degli altri fiati. Assolo di Josh Roseman, con sottofondo
iniziale di effetti percussivi, con arrangiamento
"avvolgente". Ripresa, e coda.
Dedicata
al defunto pianista, Don Pullen ha un inizio che diremmo
"bleyano" (nel senso di Carla). Tema swingante, 4/4, con
"basso" in evidenza, ed è un bel tema orecchiabile che resta in
mente. Buon assolo di Ryan Keberle, che ricama sul contrappunto
"swing". Tema, e una chiusa che ripete alcune battute dell’inizio,
una melodia che venendo alla fine assume ora un’aria triste.
A Call
For All Demons è un brano di Sun Ra qui ripreso in un arrangiamento che
ci ha ricordato il Charles Mingus di album quali Blues And Roots. Ottimo
"basso" di Marcus Rojas – dobbiamo ammettere che più di una volta,
durante l’ascolto dell’album, ci è capitato di allungare una mano verso la
copertina per vedere chi fosse il bassista. Begli assolo di Roseman e Keberle,
che fanno salire la temperatura del brano per poi riportarlo allo
"swing" sinistro del tema.
#11 apre
con un tema dal forte sapore ellingtoniano, con bella armonia. Molto incisivo,
resta in mente. Sezione fiati intelligente e avvolgente. Assolo di Fiedler,
dalla "forma" interessante e un apice con note acute, ripetute,
briose, che poi riportano al tema, che adesso suona triste, "per contrasto".
Calle
Luna, Calle Sol è un tema latino/salsa dallo svolgimento brioso di un brano
di Willie Colon. Bella la soluzione con i tromboni che sul canale destro
imitano il suono di accordi di chitarre che si muovono e i tromboni che
vanno in direzione di trombe "mariachi". Assolo indovinati di
Ryan Keberle e Joe Fiedler.
Blabber
And Smoke vede la ripresa del brano beefheartiano in un’appropriata atmosfera
astratta e rallentata, dall’andamento quasi surreale, che ne ripropone
il procedere "start and stop". Sordine. Curioso effettuare il
confronto con la versione elettrica dell’album già citato, con batteria,
basso elettrico e chitarra elettrica. "Variazioni su tema" per
l’assolo di Josh Roseman, ben coadiuvato dalla tuba di Marcus Rojas.
Ging Gong
apre con una figura di tuba, segue un tema leggero e arioso che solo per
un momento ci ha riportato in mente i primi Nucleus, anche se a ben vedere
il brano va in direzione di certe atmosfere "etniche" delle
"melodie pigmee" di Joseph Zawinul. Assolo di tuba opposta a figura
"swingante" dei tromboni. Poi Fiedler, sordinato.
Does This
Make My Sackbut Look Big? (il vocabolario ci dice che il Sackbut è una
versione antica del trombone usata nella musica del Rinascimento) ha un
attacco swingante, con i tromboni in sezione. Poi il tempo rallenta, salgono
al proscenio tuba e trombone, con il trombone che sembra quasi un fagotto
e che poi va in assolo, molto acuto. Rallentamenti, e un episodio in duo
tuba/trombone che ci ha ricordato l’Art Ensemble Of Chicago, in special
modo i duetti Malachi Favors/Roscoe Mitchell e Malachi Favors/Lester Bowie.
Tema swingante.
Posto
in chiusura, Urban Groovy è per chi scrive l’episodio compositivamente meno incisivo. Tema
bossa/"latino". Garbato. Tema "swing"
più tuba. Assolo di Ryan Keberle, "avvolto" dalla sezione.
Beppe
Colli
©
Beppe Colli 2013
CloudsandClocks.net
| Feb. 20, 2013