Janet Feder
THISCLOSE
(self-released)
Un album
che siamo stati molto contenti di trovare nella nostra cassetta delle lettere,
e per due motivi. Innanzitutto perché è davvero un bell’album, un "oggetto
sonoro" in grado di offrire all’ascoltatore molteplici motivi di interesse
che sarà piacevole indagare: "soldi ben spesi", per scendere su un
piano di volgarità. E poi, perché ci ha dato l’occasione di poter rispondere
alla domanda "Che ne è stato di Janet Feder?", artista della quale
avevamo perso le tracce dopo (quello che crediamo essere) il suo album
d’esordio: Speak Puppet, uscito nel 2000 per la RèR.
A quel
tempo avevamo definito Speak Puppet (andiamo a memoria) "il lato
‘user-friendly’ dell’avanguardia". Se erano evidenti i legami con il vasto
mondo della "chitarra preparata" – e qui i nomi non potevano che
essere i soliti: Frith, Kaiser, Bailey e così via – pure era facile cogliere un
arpeggiare della mano destra che diceva di studi classici, con l’aggiunta di
una "semplicità folk" che sembrava affiorare qua e là. Insomma, il
classico album del quale è pressoché obbligatorio dire "artista giovane,
vedremo in seguito".
Apprendiamo
adesso che il seguito è fatto essenzialmente di due album: Ironic Universe e
Songs With Words, uscito nel 2012. Un album, quest’ultimo, che dev’essere stato
per più versi decisivo, a leggere quanto Janet Feder scrive nelle note di
copertina del nuovo lavoro: "THISCLOSE è quello che è successo quando Joe,
Mike e io abbiamo deciso di fare un altro album, un seguito a Songs With Words,
che nel 2012 ci ha riempito di sorpresa e piacere. Questo nuovo lavoro prova
che l’album precedente non è stato frutto di un puro caso."
Qui è
d’obbligo chiarire nomi e ruoli, soprattutto in considerazione del fatto che
l’album di cui andiamo a dire si presenta come frutto di una creazione
collettiva, da un suono misterioso ed entusiasmante in grado di
"illuminare" con appropriate sfumature suoni vocali e strumentali a
una tavolozza di stili che suona fresca e appropriata.
L’album è
stato prodotto da Joe Shepard insieme a Mike Yach e alla stessa Feder.
Registrazione e missaggio curati da Mike Yach (che compare anche su alcuni
brani in qualità di chitarrista) agli Immersive Studios. Masterizzazione stereo
effettuata da Dominick Maita a Airshow Mastering. Master Surround di Gus Skinas
al Super Audio Center. Da quello che capiamo, la musica è stata registrata in
DSD mediante un sistema Sonoma a trentadue canali.
Chiariamo
il tutto. L’album è stato registrato in modalità che mettono in primo piano la
tridimensionalità del suono e delle fonti. Oltre ai prevedibili file ad alta
risoluzione, l’album è disponibile in Super Audio CD a doppio strato (che è
quello da noi ascoltato, limitatamente al solo strato CD, il laboratorio sonoro
di Clouds and Clocks non offrendo apparecchiature in grado di leggere il SACD).
Per i seguaci di "vinile o niente" dovrebbe essere a disposizione un
bel 180 gr. di cui nulla sapremmo dire.
Quello che
emerge immediatamente è un asciutto senso dell’economia, sia nei tre brani
cantati che nei sei strumentali. Domina comunque un’aria "trance"
davvero "immersive", da cui l’imprescindibilità di un ambiente sonoro
il più possibile silenzioso.
Dobbiamo
ammettere che all’inizio ci siamo ritrovati ad aggiungere un po’ di acuti sul
nostro amplificatore, in modo da "schiarire" il suono che usciva
dalle casse. (Anche se i puristi dell’hi-fi ne saranno scandalizzati, dobbiamo
confessare che il nostro amplificatore ha dei controlli di tono.) Poi però
abbiamo dovuto convenire che la scelta di privilegiare la gamma medio-bassa era
senz’altro quella giusta, e decisamente in accordo con gli arpeggi della
chitarra baritono che la titolare usa d’abitudine.
Sulle
prime, il suono del brano d’apertura – voce alonata, tamburi iperrealistici,
sonorità di sapore "ambiguo-elettronico" di quella che a un ascolto
attento si rivela essere una chitarra – ci ha rimandato al lavoro fatto da
Tchad Blake su un album quale Slide di Lisa Germano.
In
realtà, in seguito, il "focus" si precisava, e a tratti veniva in
mente – restiamo nello stato del Colorado – il collettivo dei Biota. Ma
"l’ambiguità" del suono presente nella musica di quest’album ha più
un carattere "timbrico" all’interno di una organizzazione della
musica (suono incluso) decisamente meno "open-ended" – e di
conseguenza di accessibilità meno ardua – di quella dei Biota, anche se non
mancano le eccezioni.
Un’occhiata
ai singoli brani.
Crows è
calmo e meditativo, dall’andamento circolare. Un ¾ con voce multipla
effettata, un arpeggio pacato, tamburi grossi, piatti dal pigro decay (Marc
Dalio), poi l’ingresso di una chitarra elettrica solista – con e-bow? – (Mike
Yach).
Ticking
Time Bomb apre con un arpeggio su uno strumento acuto e privo di sustain – un
banjo con capotasto? – che poi accoppia a un clarinetto basso (Mark Harris) e a
una fisarmonica (Kal Cahoone), con sustain, a fare da intelligente contrasto.
Voce nuda.
Happy
Everyday, Me ha un bell’arpeggio, una fresca melodia, e un pianoforte (Paul
Fowler).
No
Apology ha arpeggio e melodia in primo piano, parchi di note, accoppiati a
tamburi grossi (Todd Bilsborough) e a una chitarra effettata in sottofondo
(Mike Yach). "Quasi un preambolo che non giunge a risoluzione",
forse.
Happy
Everyday, You offre un arpeggio lirico, solare, con pianoforte essenziale sulla
parte superiore della tastiera (e qui dovrebbe essere la stessa Feder).
You As
Part Of A Whole presenta la chitarra in solitudine, arpeggi nudi, piatti in
phasing a scandire il tempo (Todd Bilsborough), pianoforte essenziale in risposta
(Paul Fowler), qualche tamburo, percussioni.
Angles
& Exits apre con chitarra arpeggiata, poi una melodia vocale desolata,
presto affiancata dalla fisarmonica di Elaine DiFalco, precisa e senza
sbavature, che si ritaglia anche un bel momento solista.
She
Sleeps With The Sky è quasi un étude diviso in tre parti. Inizia con un
arpeggio pacato sulle corde basse, poi una melodica malinconica e ariosa sulle
corde alte, quasi da mandolino. Arpeggio sulle corde basse, e partono i grilli
in sottofondo, vero collante del brano. Nuova melodia, entrano voci maschili a
fare da sfondo. Arpeggio veloce, "allegro con brio", a 5′ ca.
THISCLOSE
è un brano che per più versi porta alle estreme conseguenze l’estetica di
questo lavoro. Ha inizio con suoni particellari, "ostinato" sugli
acuti, a fare da sfondo.
Arpeggi
lenti e cadenzati cui fa da eco un contraltare alonato, come di armonici, che
ci ha fatto supporre una ripresa microfonica multipla. L’arpeggio a 5′ 10"
ca. "spegne" la performance. Quello che segue sono circa 5′ di suoni
quasi "indeterminati" a stagliarsi sullo sfondo sonoro a volume molto
basso. Un che di campanulare, come suoni filtrati attraverso un modulatore ad
anello, a volte di piatti percossi con mazzuoli e feltri. A tratti un eco
"stretto" con movimento destra-sinistra, il "vento", poi
quasi un rallentamento del nastro, qualche secondo ancora, ed è finito.
Qui ci è
venuto in mente un brano, La Chambre, contenuto su un lavoro intitolato La
Pièce uscito una quindicina d’anni fa – e che non ascoltiamo da allora – frutto
della collaborazione del duo di musica elettroacustica Kristoff K. Roll e del
clarinettista Xavier Charles. Lì la musica sparisce con gradualità,
"illuminando" quindi i suoni dell’ambiente in cui l’ascoltatore si
trova, da cui il titolo.
Senso e organizzazione
sono qui molto diversi, ma rimane l’invito a focalizzare l’ascolto.
Buon
ascolto!
Beppe Colli
© Beppe Colli 2015
CloudsandClocks.net
| Oct. 29, 2015