Fast ‘n’ Bulbous
Pork Chop Blue Around The Rind
(Cuneiform)
Se nei primi anni settanta qualcuno ci avesse detto che un giorno
sarebbe stato pubblicato un album contenente versioni fedeli eppure personali
di composizioni di Captain Beefheart; e non solo questo, ma anche che l’album
sarebbe stato interamente strumentale… beh, diciamo pure che avremmo consigliato
a quel qualcuno di dare una bella pulita alla sua sfera di cristallo. Non
sapremmo dire quale sarebbe stata la circostanza per noi più difficile
da credere, se il fatto che un giorno Beefheart sarebbe stato… famoso, seppur
con misura; o che le sue canzoni – che era inevitabile accoppiare alla sua
voce, ai suoi testi, al suo personaggio bizzarro – sarebbero state perfettamente
in grado di funzionare da strumentali.
Come molti di quelli che conoscevamo, anche noi avevamo incontrato
Beefheart per la prima volta su Hot Rats di Frank Zappa, nel cammeo di Willie
The Pimp. Più avanti trovammo l’album Trout Mask Replica assolutamente impossibile da afferrare,
tutto ritmi scattanti e chitarre ispide. Nel frattempo i nostri amici veri
amanti del blues recuperavano due suoi album precedenti, molto più
semplici all’ascolto: Safe As Milk e Strictly Personal. Ci volle non poco
prima che riuscissimo a cominciare a sviluppare un apprezzamento per – il
che non vuol dire una comprensione di – questa musica. I racconti secondo
i quali Beefheart aveva composto tutto Trout Mask Replica in otto ore e mezza
per poi passare un anno intero a insegnare la musica al gruppo nota per nota
(come affermato in svariate interviste e poi nella Rolling
Stone Encyclopedia of Rock & Roll) non erano certo d’aiuto. Curiosamente,
fu quando cominciammo ad ascoltare "chitarristi sperimentali" come
Fred Frith e Derek Bailey che la musica di Beefheart iniziò ad avere
senso.
Il saggio
su Trout Mask Replica scritto da Langdon Winner e apparso su Stranded – Rock
And Roll For A Desert Island (curato da Greil Marcus, il libro venne pubblicato
nel 1979) fu analisi solitaria di un disco che per troppo tempo fu considerato
essere quasi completamente privo di alcuna logica. La scena new wave della
fine degli anni settanta vide il nome di Beefheart venire menzionato più
spesso. Ricordiamo il servizio di copertina apparso su Musician e scritto
da Lester Bangs (dovremmo ancora avere quel numero), sebbene nell’antologia
intitolata Mainlines, Blood Tracks And Bad Taste (pubblicata nel 2003) lo
stesso profilo/intervista venga invece indicato come apparso sul Village Voice.
La cosiddetta "punk jazz connection" fece il resto.
Diciamolo
chiaro: per suonare la musica di Beefheart bisogna davvero saper suonare.
E quindi è molto raro – citiamo qui il caso dei Crazy Backwards Alphabet,
gruppo comprendente Henry Kaiser e Michael Maxymenko – ascoltare qualcosa
che si approssimi a quel grado di complessità. Ed è solo logico
che al momento di stilare una lista di nomi di chitarristi per i quali il
chitarrista di Beefheart Zoot Horn Rollo era stato "di enorme importanza"
Kaiser citasse Eugene Chadbourne, Davey Williams, Jim O’Rourke, Fred Frith,
David Torn, Elliott Sharp e Bruce Anderson. Da parte nostra, dovendo menzionare
un paio di esempi di riusciti omaggi beefheartiani citeremmo la versione di
When It Blows Its Stacks fatta dai Doctor Nerve su Every Screaming Ear (1997)
e tutto The Music Of Captain Beefheart (1996), un superbo CD svedese (con
l’aggiunta di Denny Walley).
Purtroppo
nel corso degli anni novanta l’appellativo "beefheartiano" è
sempre più diventato sinonimo di "blues grezzo". Il che è
assolutamente sorprendente, considerato che nel frattempo due oggetti importanti
erano apparsi a gettare luce sulla materia. Innanzitutto Lunar Notes (1998),
il libro scritto da Zoot Horn Rollo: un lungo e dettagliato resoconto di come
la musica era davvero stata messa insieme; e poi Grow Fins, il box di 5 CD
pubblicato dalla Revenant che aveva reso per la prima volta disponibili, tra
l’altro, i nastri che erano stati la base per Trout Mask Replica.
Collaboratore
di Beefheart nel periodo 1980-82, Gary Lucas è adesso parte di due
progetti Beefheart-related: The Magic Band, formazione che vede la presenza
di membri originali quali John "Drumbo"
French, Mark "Rockette Morton" Boston e Denny "Feelers Rebo"
Walley; e Fast ‘n’ Bulbous, settetto che ha nella slide di Lucas la sua caratteristica
dal suono maggiormente beefheartiano ma la cui musica è arrangiata
e diretta dal sassofonista Phillip Johnston.
Pork Chop Blue Around The Rind vede il gruppo eseguire tredici brani
provenienti un po’ dappertutto. Da Trout Mask Replica giungono Pachuco Cadaver,
Sugar ‘N Spikes, When Big Joan Sets Up, Dali’s Car e Veteran’s Day Poppy.
Ci sono brani più vecchi quali Abba Zaba (da Safe As Milk) e Kandy
Korn (da Strictly Personal/Mirror Man); poi When It Blows Its Stacks (da The
Spotlight Kid); e anche brani più tardi – Suction Prints, When I See
Mommy I Feel Like A Mummy e Tropical Hot Dog Night ci rammentano che bell’album
fosse Shiny Beast (Bat Chain Puller).
Johnston ha messo insieme una formazione eccellente. Provenienti
dal suo vecchio gruppo, i Microscopic Septet, il batterista Richard Dworkin
e il sax baritono Dave Sewelson; il trombettista Rob Henke giunge dai Doctor
Nerve; confessiamo la nostra poca familiarità con la carriera del bassista
Jesse Krakow e del trombonista Joe Fiedler. Johnston è al sax alto.
Gli arrangiamenti sono pieni d’inventiva pur essendo al tempo stesso estremamente
fedeli (abbiamo avuto il piacere di trascorrere tutto un weekend facendo paragoni
A/B tra le nuove versioni e gli originali). Sebbene sia ovvio l’uso di partiture,
in queste esecuzioni non c’è nulla di rigido o di meccanico – segno
che il gruppo ha avuto modo di rodare bene i pezzi prima di andare in studio.
Il suono è molto chiaro, cosa che ovviamente è un non piccolo
vantaggio per una musica dalla natura contrappuntistica.
C’è spesso un feel da fanfara che risulta decisamente appropriato
(vedi Sugar ‘N Spikes, When Big Joan Sets Up), e Kandy Korn è forse
il momento più coinvolgente. L’ensemble funziona sempre alla perfezione
– si ascolti il brano d’apertura, Suction Prints. Nonostante questa non sia
propriamente musica per lunghi assolo i bei momenti solistici non mancano:
l’assolo di tromba su Abba Zaba; quelli di slide e di sax baritono su When
I See Mommy I Feel Like A Mummy; gli assolo di trombone (con sordina), baritono,
alto e trombone (di nuovo) su When It Blows Its Stacks. Pure degni di nota
risultano gli spostamenti fra sezioni – e l’assolo di slide – su Veteran’s
Day Poppy; e così pure gli assolo di trombone e sax alto sul pezzo
di chiusura, l’uptempo Tropical Hot Dog Night (il batterista Richard Dworkin
è eccellente sempre, ma come veloce riferimento si ascoltino il suo
charleston sotto l’assolo di trombone e i suoi tom sotto l’assolo di alto
su questo pezzo). Al basso, Jesse Krakow è perfetto per il compito
– basta ascoltare con attenzione.
Beppe Colli
© Beppe Colli 2005
CloudsandClocks.net | March 22, 2005