Intervista a
Gary Lucas e Phillip Johnston
(Fast ‘n’ Bulbous)
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di
Beppe Colli
March 29, 2005
Come già
argomentato in sede di recensione, il CD intitolato Pork
Chop Blue Around The Rind recentemente pubblicato sotto il nome collettivo
di Fast ‘n’ Bulbous documenta il tentativo di rileggere noti brani di
Captain Beefheart – in veste di strumentali! Tentativo che diremmo
senz’altro riuscito, e in ogni caso decisamente meritevole di ascolto
(attento).
Due i leader: il chitarrista Gary Lucas, già membro storico della
Magic Band, e il sassofonista Phillip Johnston, qui anche in veste di
arrangiatore e direttore del settetto; le parti di chitarra sono state
arrangiate da Gary Lucas. Abbiamo proposto ai due musicisti di fare
una chiacchierata che avesse per oggetto il CD beefheartiano, e i due
hanno gentilmente acconsentito. Domande e risposte via e-mail, la scorsa
settimana.
(La
conversazione che segue è fortemente tematica, ma Lucas e Johnston
sono musicisti dalla lunga carriera. Per chi volesse saperne di più,
maggiori informazioni ai siti garylucas.com e phillipjohnston.com)
Nelle
note di copertina che compaiono sul libretto del CD Pork
Chop Blue Around The Rind tutti e due scrivete che il primo concerto
di Captain Beefheart & The Magic Band cui avete assistito si è
tenuto da Ungano’s, a New York. Era lo stesso concerto?
Gary: Non ne sono sicuro, dato che credo che
la band abbia suonato lì per tre sere facendo due set a sera.
Mi pare di ricordare di aver visto il secondo set della sera di apertura.
Phillip?
Phillip: Non ne sono sicuro. Non sono
sicuro ma credo che ci siano stati due concerti da Ungano’s. Quello
dove sono andato io si è tenuto da Ungano’s Ritz Theater a Staten
Island nel 1971 o nel ’72. Non sono sicuro se Gary e io siamo stati
allo stesso concerto, ma da allora nel corso degli anni ho incontrato
molte persone che erano a quel concerto, in questa o in quella occasione.
A volte penso che nel periodo trascorso da allora ho incontrato la metà
di quel pubblico. Ma non sarebbe una storia migliore se Gary e io avessimo
assistito allo stesso concerto?
Qual
è stata la vostra impressione di allora? A vostro parere, cosa
rendeva quella musica tanto diversa da quelle con cui all’epoca avevate
familiarità?
Gary: L’atmosfera
complessiva era in stile Il gabinetto del Dr. Caligari, con Don Van
Vliet nei panni dell’impresario che mette in mostra i suoi incredibili
prodigi viventi. Non avevo mai sentito musica messa sottosopra come
quella, suonata con tanta intensità e precisione. Non avevo mai
sentito chitarre suonate con quel tipo di approccio ("La chitarra
è soltanto un pianoforte messo in piedi" – DVV).
Phillip: La musica aveva una straordinaria
purezza. Sembrava pressoché priva di ego e sembrava presentare
un universo alternativo perfettamente formato. Uno dei momenti che mi
hanno maggiormente impressionato è stato quando (per come lo
ricordo) a un certo punto durante un duetto tra Ed Marimba e Don van
Vliet, proprio sul fondo del palco, Rockette Morton ha fatto una specie
di corsa a saltelli angolare da film muto per tutto il fondo del palco,
solo una volta. La cosa non fu mai commentata, ripetuta o spiegata.
Ci fu anche una discussione a proposito di scarpe condotta con aria
impassibile tra Ed Marimba and Don van Vliet. Questo non era il tipo
di cose che ero abituato a vedere a un concerto rock.
La
musica sembrava molto nitida, bella e originale. Molto disciplinata,
però con una qualità di selvaggio abbandono e di intensità.
Sarei
curioso di sapere se con il passare del tempo la vostra percezione di
quella sera ha rivelato verità nascoste.
Gary: Solo il fatto
che il suo approccio era decisamente molto avanti rispetto ai tempi,
e ancora lo è.
Phillip: Beh, quella sera scoprii che
il mio migliore amico del liceo era omosessuale dato che durante il
concerto mi mise la mano sulla coscia…
Durante
i miei primi anni da fan credetti assolutamente alla mitologia su Captain
Beefheart, proprio completamente, in un modo molto romantico da ragazzino-fan.
Quando anni dopo scoprii che non tutte quelle cose erano strettamente
parlando vere (per esempio che Trout Mask Replica era stato composto
in otto ore e qualcosa e insegnato al gruppo in un anno ecc.) ciò
non diminuì il mio amore per la musica e neppure per tutta la
gestalt teatrale del gruppo. Arrivato a quel punto possedevo abbastanza
esperienza dello "show business" da essere in grado di distinguere
l’arte dal comunicato stampa. Per un verso questo rende tutto quanto
ancora più notevole, più tragico e più umano. (Solleva
altre domande, per esempio perché otto ore e qualcosa? Perché
non otto ore o nove ore? O sette ore e cinquantatré minuti?)
Se
qualcosa è stata rivelata essa concerne il mio io, che è
l’unica cosa che può essere rivelata. E tuttavia non diminuisce
lo spirito che mi attira verso un lavoro che è bello, divertente,
misterioso, che incute timore. In un senso, quello che ho visto quella
sera era Captain Beefheart e la sua Magic Band, più che
gente in carne e ossa o qualsiasi storia successiva. Ritengo che a volte
nella storia della musica certe persone si mettono insieme e creano
un momento che può verificarsi solo in quel preciso istante fra
queste persone. In un senso diverso il disco Trout Mask Replica è
Captain Beefheart e la sua Magic Band.
Gary,
hai suonato sull’album del 1980 Doc
At The Radar Station, ed eri un membro effettivo del gruppo ai tempi
dell’album del 1982 Ice Cream For Crow. Mi piacerebbe sapere
qualcosa a proposito della fonte per la tua esecuzione del pezzo Flavor
Bud Living – era un nastro, una trascrizione, oppure…?
Gary: Avevo un nastro
di un’esecuzione di John French che proveniva dalla versione non pubblicata
dell’album Bat Chain Puller. L’ho imparata da lì, e poi Don mi
ha corretto, laggiù nel deserto, dicendomi di suonarla più
velocemente e di usare la sua "teoria della nota esplosiva", così che ogni nota fosse come un fuoco d’artificio che esplodeva
nell’aria.
Gary,
mi piacerebbe che mi parlassi della tua esperienza con l’ultima formazione
della Magic Band, sia in studio che dal vivo. Sono particolarmente curioso
di sapere come la musica di Beefheart veniva vista a New York durante
il periodo new wave.
Gary: Suonare con l’ultima formazione è stato un piacere.
Eravamo tutti dei grandi fan di tutto il lavoro beefheartiano (beh,
diciamo quasi tutto…) e Jeff Tepper e io legammo immediatamente (2
Jews blues). Cliff Martinez era uno dei tipi più gradevoli che
abbia mai incontrato, così sommesso e divertente e sensibile.
Richard Snyder era un fan davvero sfegatato, assolutamente pazzo al
basso e completamente entusiasta di ogni aspetto del gruppo. Don riusciva
ancora a tirare fuori conigli dal cappello… forse non cantava
con lo stesso fuoco che aveva ai tempi di edizioni passate della band
ma certamente in studio era capace di centrare perfettamente la giusta
atmosfera. E i suoi versi erano davvero eccellenti, il testo di un pezzo
come Ink Mathematics mi riempie ancora di stupore, mi capita ancora
di riascoltarlo e di cogliere significati multipli che mi erano sfuggiti
la prima volta che l’ho sentito.
Nella
New York new wave Beefheart era considerato un’influenza importantissima…
ma fino al momento in cui siamo andati in tour a Est – quando
Don andò a fargli vedere come si faceva davvero – nel mondo
dell’avant-rock era visto prevalentemente come una figura non più
in grado di giocare un ruolo da protagonista. Abbiamo chiarito subito
quel fraintendimento, ricordo come abbiamo scosso il Beacon Theater
nel 1980, Blood Ulmer ha aperto e David Byrne era tra il pubblico. John
Lurie ci ha seguito per tutta l’Europa in quel tour, ricordo di averlo
visto nel retropalco a Parigi. Quindi le figure principali di quell’ambiente
sapevano dove cercare vera ispirazione ed energia.
Che
mi dite del processo di selezione che vi ha portato a scegliere quei
tredici pezzi? Ne avete provato e suonato altri che poi non hanno trovato
posto sul CD?
Gary: No, abbiamo
fatto tutto quello che avevamo sviluppato fino a quel momento.
Phillip: Nello scrivere gli arrangiamenti ho cercato
di trovare modi diversi di affrontare la mancanza di un cantante, un’idea (usare un altro cantante) che abbiamo scartato
immediatamente. I pezzi sono stati scelti soprattutto in base alle idee
che potevo avere su vari modi di riorchestrare le parti vocali (compreso
quello di farne completamente a meno). Inoltre era mia intenzione coprire
una fascia molto ampia della sua carriera, dai primi dischi agli ultimi,
perché amo tutto, o quasi tutto. Ma la ragione principale per
la scelta di ogni pezzo è stata quella di avere un’idea
per un approccio che fosse a) diverso e b) interessante per questa particolare
strumentazione.
Nel corso
delle stesse sedute di registrazione abbiamo registrato anche The Blimp
e un medley di Click Clack e di Ice Cream For Crow (quest’ultimo
eseguito solo da un trio formato da Gary, Jesse e Richard). Questi pezzi
sono stati lasciati fuori dal CD per motivi di spazio. Dapprincipio
ho anche scritto un arrangiamento di Too Much Time da Clear Spot, ma
tutti nella band lo hanno criticato, e se c’è
una cosa che ho imparato nel corso degli anni è che se in un
gruppo tutti criticano un pezzo è meglio lasciarlo perdere che
cercare di far loro cambiare opinione.
Leggo
che l’album è stato registrato in due giorni, quindi immagino
ci debba essere stato un certo ammontare di preparazione, prove eccetera.
Vi dispiacerebbe parlarne? (Tra parentesi, ci sono molte sovraincisioni?)
Gary: Pochissime sovraincisioni.
E a dire il vero non abbiamo provato neppure tanto. Dopo due anni o
giù di lì con la stessa formazione avevamo davvero la
musica nel sangue.
Phillip: Avevamo suonato il materiale, saltuariamente,
per circa tre anni prima di registrarlo, dato che abbiamo fatto dei
tour sia negli Stati Uniti che in Europa, e che abbiamo suonato un certo
numero di volte a New York. In questo lasso di tempo un paio di volte
siamo stati vicini a firmare un contratto di registrazione, ma la cosa
è sfumata, quindi era da molto che eravamo preparati a fare il
disco nel momento in cui l’abbiamo fatto davvero. Difatti abbiamo provato una
sola volta, per tre ore, il giorno prima di andare in studio.
L’album è stato praticamente suonato dal vivo,
con solo alcuni piccoli tagli e aggiunte e una sezione dove abbiamo
sovrainciso un breve assolo di chitarra di Gary, abbiamo fatto due esecuzioni
e abbiamo deciso di tenerle ambedue, proprio per puro piacere. Questo
è quanto ricordo, per essere davvero sicuro dovrei andare a controllare…
Sulla
copertina c’è scritto "Produced by Phillip Johnston
& Gary Lucas" e "Arranged and Conducted by Phillip Johnston".
Così mi piacerebbe conoscere il modo in cui sono stati scelti
i musicisti.
Gary: La decisione
è stata davvero di Phillip, ho avuto fiducia nel suo istinto,
e lui ha usato un sacco di gente che veniva dal Microscopic Septet.
Phillip: Dave Sewelson e Richard Dworkin hanno
suonato con me nel Microscopic Septet. Ho incontrato per la prima volta
Rob Henke nella Walter Thompson Orchestra, e poi lui ha anche suonato
con me su un certo numero di progetti. Ho conosciuto recentemente Joe
Fiedler grazie a Chris Washburne, e si è rivelato una scoperta
stupefacente. Ho incontrato Jesse Krakow, che è mediamente di
vent’anni più giovane della
maggior parte del resto del gruppo, e che è anche lui una scoperta
stupefacente, grazie a uno dei miei studenti alla New York University,
il chitarrista Will Redmond.
Sono tutti
musicisti incredibili, capaci di fare quasi tutto.
Phillip,
sulla maggior parte dei dischi di Captain Beefheart la voce è
molto avanti, con le parti strumentali per la maggior parte in sottofondo.
Sarei curioso di sapere qualcosa a proposito del modo in cui hai fatto
emergere le singole parti evitando di creare nodi.
Phillip: Ritengo di non avere mai sentito le parti
strumentali come messe in sottofondo. In qualità di compositore
ascolto sempre paritariamente tutte le parti di pressoché qualsiasi
musica. C’è qualcosa che è
proprio della presenza delle parole che fa sì che tutti gli altri
elementi spariscano nel background, e una volta che le hai eliminate
tutto il resto sale immediatamente alla superficie. Il resto è
solo una questione di orchestrazione e di arrangiamento, cosa che è
stata una mia preoccupazione in tutta la musica che ho scritto nel corso
degli ultimi trent’anni o giù di lì. Ho anche avuto un
ottimo insegnante di orchestrazione, Edgar Grana, che mi ha insegnato
a essere audace nel tradurre liberamente da una tavolozza strumentale
all’altra.
Di nuovo
per Phillip: paragonate alle versioni contenute in Pork
Chop Blue Around The Rind, le versioni originali di Beefheart
sono molto più – va bene "aggressive"? A mio parere la maggior parte dei tuoi
arrangiamenti ha un feel più leggero e arioso, decisamente diverso
dalle versioni che tutti conosciamo. Vuoi parlarne?
Phillip: Ritengo abbia a che fare con il fatto
che le versioni originali sono suonate perlopiù con strumenti
elettrici, e i fiati, sebbene di solito suonati attraverso microfoni,
sono essenzialmente strumenti acustici spinti dal respiro. Il suono
squillante, acuto, d’impatto della chitarra elettrica è uno dei
suoi maggiori punti di forza, ed è parte di quello che fornisce
agli originali la loro meravigliosa angolarità. Per esempio il
pezzo Peon da Lick My Decals Off, Baby suonerebbe completamente diverso
se le stesse note venissero suonate da un quartetto d’archi,
e perderebbe molto. Ma i fiati portano alla musica una storia del tutto
diversa, una diversa fisica e una diversa chimica. Inoltre la musica
che io scrivo è molto melodica e molto contrappuntistica, e ho
enfatizzato questi aspetti della musica dato che a) li apprezzo e b)
sento che non sono riconosciuti a sufficienza.
Ritengo
che uno dei punti di forza di Fast ‘n’ Bulbous come gruppo sia il fatto che esso è
il risultato dell’equilibrio di forze
opposte. Gary ci dà il suono grintoso della chitarra, che è
spesso contrapposto ai fiati. Spesso una linea di chitarra è
doppiata da un altro strumento, ad esempio un sassofono o una tromba,
un effetto che anche Frank Zappa ha spesso usato molto efficacemente
in molte delle sue prime orchestrazioni. Generalizzando direi che la
sezione ritmica fornisce alla musica un sapore prevalentemente rock
mentre la sezione fiati fornisce un sapore prevalentemente jazz, e l’interazione
tra questi due elementi che strofinano l’uno
contro l’altro produce una raffinata
tensione che viene avvertita in molti dei pezzi. Ma nessuno di questi
musicisti può davvero essere rinchiuso in una definizione – questo è ciò di cui parlava van Vliet quando ha scritto
Lick My Decals Off, Baby. "Non
c’è un’etichetta
per questa bottiglia."
Ci sono
gruppi o artisti la cui musica ritenete influenzata da Captain Beefheart?
Mi capita spesso di leggere di gruppi che si definiscono "Beefheart-influenced"
ma quando poi ascolto la loro musica mi chiedo cosa vogliano dire…
Gary: Devo, Talking
Heads, Pere Ubu, Blurt, Gang of Four, PIL etc. etc., etc., nei primi
anni ottanta, molto ovviamente. Circa un milione di gruppi ha preso
alcuni elementi stilistici nel corso degli anni, lo sento di continuo
ma ormai non mi scomodo neppure a informarmi su come si chiamano o che
musica fanno, Beefheart è diventato una gran parte del vocabolario
dominante nell’avant-rock.
Phillip: Per la mia esperienza il luogo dove ho
sempre sentito la maggiore influenza di Captain Beefheart è in
un gruppo di musicisti molto attivi nella New York degli anni settanta
e ottanta, alcuni dei quali sono attivi ancora oggi. Penso ad alcuni
gruppi contraddistinti da scambi reciproci, i primi furono gruppi quali
Information, Blinding Headache e Mofungo, e in seguito V Effect, The
Avant Squares, The Scene Is Now, Fish and Roses e i meravigliosi ma
purtroppo di breve vita Eyeball 9000. [Stranamente mentre controllavo
alcuni fatti in rete per questo scritto ho trovato una storia dei Mofungo
scritta da Robert Sietsema;
cita molte influenze (per la maggior parte gruppi dei quali non so nulla,
per esempio The Fall) ma non cita mai Beefheart]
C’è stata anche una band meravigliosa nei primi
anni settanta che suonava musica incredibilmente simile a quella della
Magic Band del periodo Trout Mask Replica, chiamata Kerneldack, che
purtroppo non ha mai inciso. Tra gli altri comprendeva Ed Tomney, compositore
di musica per film e di musica elettronica.
Oltre a
questi due riferimenti in un certo qual modo oscuri non so dirti niente
di sicuro. Sono certo che ci siano altri, ma in tutta onestà
di punto in bianco non riesco a pensare chi potrebbero essere. Molto
probabilmente non ho sufficiente familiarità con gli ultimi trent’anni
di musica rock per dirlo. C’è
una scuola di pensiero che dice che la grandezza di un artista si misura
dall’ampiezza della sua influenza, il che porrebbe, ad
esempio, John Coltrane vicino alla vetta e, per esempio, Herbie Nichols
quasi al fondo. Ma molti degli artisti più grandi (e la maggior
parte di quelli che mi piacciono di più) sono resi grandi dalla
loro individualità, dal modo in cui ci rivelano la loro unica
visione del mondo e la loro unica vita interiore, e universi prima d’ora inattesi. Questi sono molto più difficili da copiare,
e quindi per definizione "meno
influenti". Più spesso essi sono ammirati, piuttosto
che duplicati, da altri artisti di tipo unico, i quali sono quindi ispirati
da loro a onorare quella condizione di unicità, e spesso da artisti
in discipline diverse ma parallele. Alcuni nomi che vengono subito alla
mente: Charles Ives, Captain Beefheart, Harry Partch, Thelonious Monk*,
Conlon Nancarrow e Steve Lacy.
*Monk potrebbe
forse essere visto come un’eccezione
a ciò, ma sosterrei che questo vale solo per quei suoi manierismi
musicali che sono stati ampiamente imitati, mentre la sua essenziale
direzione storica è stata lasciata perlopiù priva di sviluppo
da tutti, eccezion fatta per il già citato Steve Lacy.
Un perfetto
esempio del punto di cui sopra è Gary Lucas. Sebbene abbia davvero
fatto parte della Magic Band (e ancora lo è) la sua musica è
davvero unica e originale e mostra pochissime tracce dirette di quella
di Beefheart.
In chiusura,
mi piacerebbe sapere se a vostro parere la musica di Captain Beefheart
è oggi più accettata e meglio compresa di quanto non fosse
al tempo del vostro primo concerto da Ungano’s.
Gary: Sì, ritengo
che lo sia, ma che è ancora in grado di sconvolgere le persone
se suonata correttamente… il che è una buona cosa!!
Phillip: La mia risposta è naturalmente:
sì e no. Sì, nel senso che molte persone che erano da
Ungano’s, o che vorrebbero esserci state, hanno poi fatto
grandi cose in musica e in altri campi, e sia i musicisti che i fan
vedono l’amore per Beefheart come un tipo di segreta stretta di
mano per ciò che concerne la conoscenza di, e l’amore
per, una musica non convenzionale. No, nel senso che il mondo è
diventato un luogo senz’altro meno
ospitale per quel tipo di visione unica. Ci sono voluti tre anni perché
i Fast ‘n’ Bulbous potessero
fare uscire un disco, e mi azzardo a dire che se Captain Beefheart e
la Magic Band suonassero oggi è assolutamente inconcepibile credere
che essi potrebbero ottenere un contratto con una casa discografica
di tipo paragonabile a quelle con cui firmarono negli anni sessanta,
settanta e ottanta. E case discografiche come la Cuneiform sono diventate
davvero molto rare.
©
Beppe Colli 2005
CloudsandClocks.net
| March 29, 2005