Ensemble
Modern
Greggery
Peccary & Other Persuasions
(RCA)
Che le
commemorazioni in occasione del decennale della scomparsa di Frank Zappa si
siano svolte in tono innegabilmente minore è fatto che a ben riflettere
non può stupire più di tanto: se troppo scarso risulta essere
l’attuale peso commerciale del musicista (per sovrammercato già decisamente
in ribasso nel corso del suo ultimo decennio di vita), estremamente improbabile
appare un rilancio commerciale post mortem in grande stile, e assolutamente
nullo il potenziale ritorno di immagine per il giornaletto trendista che chi
dirige vorrebbe posizionato al di fuori delle volgari spire del consumo. Specchio
dei tempi, è toccato leggere anche qualche articolo che non riusciva
a celare la propria svogliatezza di fondo perfino su quotidiani di prestigio
che la troppo ravvicinata osservazione della melma sparsa a vagonate dall’astuto
nemico (e proprio dallo schermo televisivo!) sembra aver privato di ogni (voglia?
capacità? speranza?) di fare "controcultura".
Il problema,
come usa dire, è infinitamente più vasto. Lo prova il fatto
che con rarissime eccezioni lo spazio maggiore è stato offerto in questa
occasione da riviste che potremmo definire "ad alto rischio" – e
se non dal punto di vista della tiratura certamente da quello della rilevanza
percepita del principale idioma trattato: il jazz. Proprio quel jazz che ormai
da tempo se "non è morto, pure emana un ben strano odore",
per citare un famoso detto zappiano. Mentre sembrano essersi avverati i peggiori
timori espressi da Zappa nel titolo della serie You Can’t Do That Onstage
Anymore – a meno che per "stage" non si intenda quel particolare
tipo di palco che è in grado di sostenersi mediante sovvenzioni pubbliche
(e anche lì…).
Com’e
noto, la formazione dell’Ensemble Modern fu molto vicina a Zappa nei suoi
ultimi anni di vita, finendo per assumere il ruolo di un vero e proprio "laboratorio
vivente" in grado di affiancare il Synclavier, strumento cui finì
per risultare per certi versi superiore. E non è certamente necessario
essere fan accaniti o completisti per avere dimestichezza con l’album The
Yellow Shark (1993), laddove la precisione faticosamente e meticolosamente
ricercata si coniugava splendidamente al calore inconfondibilmente umano dell’esecuzione.
Greggery
Peccary & Other Persuasions riprende il discorso – e lo fa con successo
e autorevolezza, forte della collaborazione prestata dai fidi Ali N. Askin
(arrangiamenti e trascrizioni), Todd Yvega (il mago dei codici) e Harry Andronis
(un orecchio molto prezioso). Registrazioni (in diretta!) eccellenti, esecuzioni
prive di esitazioni ma ricche di sentimento, suono nitido, distribuzione anche
nel mall vicino casa… insomma, ci siamo.
Il repertorio
è bello e vario, con qualche sorpresa. Moggio in apertura, poi Night
School e The Beltway Bandits: tolte alla precisione – che qualcuno ai tempi
volle asettica (boo!) – di Jazz From Hell vengono restituite a una manualità
esuberante e assolutamente non fallosa, mentre A Pig With Wings e Put A Motor
In Yoursef (alzi la mano chi le ricorda, please!) vengono da quel Civilization
Phaze III (del ’94) che fu pubblicato quando il tempo dell’attenzione post
mortem era già scaduto. Revised Music For Low Budget Orchestra ci riporta
a Ponty, Duke e a (Bruce) Fowler, centrando in virtù di complicatezza
quel bersaglio non pienamente colto in Peaches En Regalia (troppo semplice
e lineare? ci voleva un bel gruppo rock?). Posta dopo Naval Aviation In Art?
(la ricordiamo?), in chiusura la vera sorpresa: The Adventures Of Greggery
Peccary, con Omar Ebrahim e David Moss a dividersi le parti vocali. Come suona?
Regge, e questo è davvero il massimo che potevamo aspettarci – e forse
il più bel complimento possibile. (Fantasmaticamente, seguono alcuni
minuti di arie tratte da 200 Motels.)
Beppe
Colli
©
Beppe Colli 2004
CloudsandClocks.net
| Jan. 27, 2004