Tod
Dockstader/David Lee Myers
Bijou
(ReR)
Con
i suoi suoni dello stagno trasfigurati oltre ogni dire, Pond era stata
una delle più belle sorprese dello scorso anno: l’album aveva
infatti rappresentato il ritorno sulla scena visibile di Tod Dockstader,
uno dei pionieri della musica intesa come "suono organizzato"
e, tra i pionieri, quello la cui produzione diremmo oggi suonare come
la più fresca, forse anche in virtù di una sottovalutazione
di lunga data; accanto a lui quel David Lee Myers che in un lavoro come
Engines Of Myth, pubblicato sotto il nome di Arcane Device, si era rivelato
perfettamente a proprio agio nel produrre atmosfere così tipiche
di Dockstader pur nell’estrema diversità dei mezzi impiegati.
La
sostanziale indifferenza con la quale Pond era stato accolto ci aveva
amareggiato non poco. Certo, la ReR non è (più) un’etichetta
"di tendenza" – né i suoi budget pubblicitari sono
di quelli in grado di fare il miracolo di ridare la vista agli orbi.
Purtuttavia, anche tra gli appassionati (non numerosissimi) del genere
in questione l’album era sembrato avere scarsa risonanza – forse era
all’opera una certa sazietà causata da eccesso di produzione?
Bijou
è un’altra sorpresa, ma per motivi del tutto diversi: stante
il fatto che per realizzare qualcosa di solido in questo campo stilistico
occorre un’enorme quantità di tempo, non ci aspettavamo certo
il bis dopo appena un anno! Diciamo subito che il lavoro è ben
fatto, ma che non per questo sono diminuite le nostre perplessità;
perplessità principalmente derivanti da quella che ci è
sembrata essere la "cornice concettuale" del lavoro (siamo
oltremodo curiosi di vedere quale accoglienza sarà riservata
a questo CD, posto che cose quali "la memoria del suono" e
"la risonanza del significante" sono mediamente di appeal
enormemente superiore per un critico rispetto a rane e rospi, seppur
modificati).
Se
non abbiamo inteso male, la "cornice concettuale" del lavoro
dovrebbe essere costituita dalla musica – nel suo senso più ampio:
musica, suoni, effetti e quant’altro – dei film. Il CD si apre con l’inconfondibile
suono del brano Roll ’em e si chiude con l’altrettanto inconfondibile
"sigla" di Credits e con il suono di Wrap. Sarà forse
perché andiamo pochissimo al cinema, ma le situazioni che abbiamo
"riconosciuto" – qualche "musica di genere" in Closer,
Closer e Encasement, e poi i suoni di Scene Of The Crime, Emergency
Response e Phoning Home – ci sono sembrate solo una piatta riproposizione
– come avere un televisore acceso alle nostre spalle. Qua e là
fanno capolino le (nasali) onde quadre che diremmo tipiche di Myers.
Poi, quando tutto pareva ormai destinato a suscitare in noi solo una
piatta indifferenza, sembra quasi di cambiare disco: c’è tutta
una serie di brani – Abstractions Unchained e Abstractions Unchained
Director’s Cut, Contraptions (Short), Dark Funnels, Underground Ops
e Underground Ops Redux – dove la materia è davvero trasfigurata,
con esiti artistici notevolissimi (ed è solo una nostra impressione
o in questi brani la mano di Dockstader è molto più presente?
Certo sono quelli che ricordano maggiormente la sua vecchia produzione
su Owl). Bello anche Machine Mystique, dove pare di scorgere la mano
di Myers.
Conclusioni?
Tanta perplessità – e in molti sensi.
Beppe
Colli
© Beppe Colli 2005
CloudsandClocks.net | Nov. 17, 2005