Nick Didkovsky
Tube Mouth Bow String
(Pogus)
Nick
Didkovsky è senz’altro maggiormente conosciuto ai più quale chitarrista,
compositore e indiscussa eminenza grigia degli statunitensi Doctor Nerve.
Fermo restando il carattere oggi forzatamente di nicchia di tutte le esperienze
che corrono il rischio di uscire dal seminato, abbiamo spesso avuto l’impressione
che il suono grintoso della formazione – laddove fanfare e metal convivono
brillantemente – abbia messo in ombra le interessanti, e non di rado originali,
caratteristiche compositive proprie alla scrittura di Didkovsky. Anche
se ci è estremamente chiaro che è proprio quel carattere strumentale ciò
che le rende
"commerciali" (!).
Un buon
esempio di "complessità nascosta" esterno alla formazione dei
Doctor Nerve è costituito dall’album Uses Wrist Grab, pubblicato qualche
anno fa dal trio "virtuale" dei Bone. In occasione di un’intervista
effettuata a ridosso dell’uscita dell’album, Didkovsky ci aveva illustrato
alcune delle peculiarità di quel lavoro e anticipato qualcosa delle nuove
esperienze che lo vedevano coinvolto. In quell’occasione rimanemmo curiosi
di poter ascoltare i risultati, a un tempo impazienti e coscienti di quanto
finanziariamente irto sia spesso il cammino che divide un’idea dalla sua
realizzazione.
Diciamo
immediatamente che Tube Mouth Bow String è un lavoro maturo e interessante,
registrato in maniera splendida e nient’affatto "difficile" da
apprezzare. Necessita solo di attenzione (molta), silenzio (tanto), disponibilità
(il giusto), sintonia con il bello (e dovrebbe essere ovvio, però…),
apertura mentale e curiosità. Insomma, ha tutti gli ingredienti giusti
per poter diventare un best-seller!
Un buon
esempio del Didkovsky autore per quartetto di chitarre è Black Iris, il
lungo brano contenuto sul suo album solo Binky Boy (1997), laddove le chitarre
di Fred Frith, Mark Howell e René Lussier si affiancano a quella dello
stesso Didkovsky. Non vanno dimenticate le pagine eseguite dal Fred Frith
Guitar Quartet, formazione della quale Didkovsky è stato membro stabile;
qui un riferimento obbligato è She Closes Her Sister With Heavy Bones:
già apparso su Ayaya Moses (1997), è il brano che con diverso arrangiamento
e strumentazione apre questo CD.
Pur nel
variare dei modi in cui si presentano concretamente all’ascolto – a volte
quasi imperscrutabili, a volte ingannevolmente semplici – le coordinate
compositive di Didkovsky pongono sempre in relazione complessa la scrittura
e l’esecuzione; aggiungiamo le complessità matematiche delle logiche sottostanti
ai software e la ricerca acustica. Tube Mouth Bow String presenta cinque
differenti modi di articolare gli elementi base. Diciamo del libretto:
ricco di notazioni utili all’investigazione dei brani, fornisce anche indirizzi
Web in grado di completare e arricchire l’esperienza del fruitore.
Per chitarra
elettrica e quartetto d’archi, She Closes Her Sister With Heavy Bones si
apre con una fluida melodia chitarristica che viene poi reiterata, mentre
la chitarra è gradualmente avvolta dagli archi del Sirius String Quartet.
Se l’insieme resta sempre fresco e accessibile per tutta la durata della
composizione (6’41" che passano in un baleno), il quadro musicale
che ne risulta è estremamente raffinato e coinvolgente. Alla fine la melodia
iniziale è presente solo "per implicazione".
Per sola
chitarra elettrica e computer, la breve (4’17") – e non poco
"rockistica" – Machinecore presenta la chitarra di Didkovsky soggetta
alle modificazioni di un programma complesso con risultati affascinanti.
Per quartetto
d’archi ed elettronica in tempo reale, la lunga (12’27") composizione
che dà il titolo all’album ne costituisce per chi scrive la vetta assoluta.
Se pur l’ascoltatore sarà in grado di trovare per essa precedenti e punti
di riferimento, tuttavia il quadro come concretamente presente è a nostro
avviso originale – e di una bellezza misteriosa e sinistra. Brano di enorme
difficoltà esecutiva (il risultato è qui frutto di raffinata sovraincisione)
Tube Mouth Bow String sovrappone archi, pedali e talk box (un buon esempio
dell’uso del talk box è dato dall’assolo di chitarra di Haitian Divorce
degli Steely Dan, su The Royal Scam). Divenire complesso, e un risultato
sonoro che lasciamo senz’altro all’esplorazione dell’ascoltatore.
Non ci
ha convinto altrettanto (ma cosa avrebbe potuto?) la successiva What Sheep
Heard, per quartetto d’archi e computer. Siamo coscienti del fatto che
le sue millimetriche modificazioni ci avrebbero affascinato in una sala
da concerto per tutto l’arco dei suoi 21’07" di durata. E siamo rimasti
affascinati tutte le volte che siamo riusciti a tramutare (mentalmente)
la stanza dove è situato il nostro impianto hi-fi in una sala da concerto
– cosa che non è avvenuta tutte le volte che l’abbiamo ascoltato. (A proposito:
il CD ha bisogno di un ambiente in cui riverberare, sì da assumere la giusta
dimensione in 3D. Tutte da gustare le relazioni tra i due canali.)
Chiusura
appropriatamente affidata alla breve (2’49"), e solo ingannevolmente
semplice, Just A Voice That Bothered Him, per quartetto d’archi.
Beppe Colli
© Beppe Colli 2007
CloudsandClocks.net | Mar. 12, 2007