Intervista a
Micha de Kanter
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di Beppe Colli
Apr. 6, 2016
Questa
intervista ha un punto di partenza straordinariamente semplice: essendoci
ritrovati ad apprezzare in misura superiore alla media il suono di un CD di
"musica improvvisata" realizzato in Olanda e avendo chiesto al
booklet l’identità di chi ne aveva curato la parte tecnica, più e più volte nel
corso dell’ultimo decennio ci siamo trovati davanti il nome di Micha de Kanter.
Da qui l’idea di rivolgergli qualche domanda.
Data un’occhiata
in Rete, abbiamo notato che uno studio personale e un’intensa attività
"live" si affiancavano a un ruolo di "freelance" che
immaginavamo già decisamente impegnativo.
A dispetto di
numerosi impegni, de Kanter ha accettato di buon grado di rispondere a un set
di domande discretamente vario.
La conversazione
ha avuto luogo via posta elettronica, nel corso di un paio di settimane.
Se non ti
dispiace, vorrei iniziare questa conversazione partendo da un CD che ho
recensito da poco: Reverse Camouflage, di Oguz Büyükberber e Tobias Klein. Dato
che lo hai missato e masterizzato, mi piacerebbe che mi parlassi del modo in
cui vedi il tuo ruolo quando si tratta di missare musica che è per la maggior
parte improvvisata. Quando missiamo un lavoro scritto possiamo usare la
partitura come guida – anche se la partitura non ci dice necessariamente quale
suono debba avere una composizione – ma qual è il tuo modo di ragionare, la tua
bussola, quando devi missare una performance improvvisata?
Beh,
è una domanda interessante. In effetti non ho una partitura, e spesso neppure i
musicisti sono in grado di guidarmi sul come dovrebbe suonare. Quel che faccio
è usare l’immaginazione e cercare che sia la musica a guidarmi. Il che richiede
che io usi l’improvvisazione, sperimentando nel missaggio. Quel che voglio dire
è che mi faccio un’idea quando ascolto le registrazioni, immagino quale ruolo
musicale abbiano le voci, gli strumenti e i suoni e attribuisco a ciò un posto
corrispondente. Mi piace lavorare nello spazio, vedo il campo sonoro come il
mio spazio. Proprio come un pittore che colloca i suoi elementi sulla carta,
non solo nelle due dimensioni ma anche in profondità, colore, contrasto e così
via. Ritengo che quando si tratta di audio il processo sia molto simile.
E
la cosa che mi piace della musica improvvisata è il fatto che abbiamo più
libertà anche per l’aspetto audio, dato che gli ascoltatori hanno meno
aspettazioni. Intendo dire che in una canzone pop tutti si aspettano che la
voce sia chiara, comprensibile e avvolta dal riverbero o dagli strumenti. Il
che non vuol dire che non mi piaccia la musica pop!
In passato ho notato il tuo nome come tecnico su CD di
artisti quali Ab Baars, Meinrad Kneer, Tobias Klein, Wolter Wierbos, Albert van
Veenendaal e così via, quindi ho dato per scontato che "registrare
l’avanguardia" fosse la tua specialità. Forse il mio assunto non è del
tutto corretto, ma vorrei che mi parlassi della tua relazione quando si tratta
di curare la parte tecnica di lavori di artisti come quelli che ho menzionato.
Penso
che in realtà tu possa dirlo, lavorare nel campo della musica improvvisata
odierna è la mia specialità. Anche se in effetti faccio anche molto altro, per
esempio registro concerti per l’emittente radiofonica pubblica, musica classica
contemporanea, effettuo sound-design dal vivo, e registro anche musica jazz. Ma
per rispondere alla tua domanda, per me tutto ha avuto inizio negli anni
novanta, quando ho studiato al Royal Conservatory a L’Aia per poi iniziare a
lavorare al Bimhuis ad Amsterdam, cosa che faccio dal 1998! Al conservatorio
c’era, e ancora c’è, un ottimo dipartimento di composizione, e un dipartimento
dello studio del suono, cosa alla quale ero interessato, oltre al dipartimento
di jazz con il quale il mio studio di tecnico del suono era correlato. Ho
partecipato a un sacco di eventi, concerti e registrazioni di musica
contemporanea oltre che di jazz.
Il
Bimhuis ad Amsterdam è stato la base più importante per la musica improvvisata
sin dagli anni settanta, così ho conosciuto l’ambiente quando mi sono unito al
team alla fine degli anni novanta e ho registrato moltissimo in studio con
loro.
Sono molto curioso di sapere chi consideri come "un
modello" quando si tratta di registrazioni. Non mi riferisco al tuo
mentore, o al fatto di "imparare il mestiere". Vorrei sapere cosa
consideri essere "un’immagine sonora perfettamente realizzata".
Traggo
ispirazione e sono influenzato da fonti molto diverse. A dire il vero una cosa
molto importante è non il suono registrato, ma il suono che ascolto, dal vivo,
nella vita di ogni giorno, senza alcuna interferenza elettroacustica! Quindi in
questo senso cercare di riprodurre musica in modo quanto più naturale e
trasparente possibile contribuisce alla mia "perfetta immagine
sonora". Ma questo non è tutto, dato che la riproduzione "reale"
non è possibile, e il fatto che possiamo "aggiungere" surrealismo al
suono ci offre tante possibilità interessanti che ritengo contribuiscano alla
musica e alla esperienza di ascolto. E così nelle registrazioni mi piace
portare contrasto, unitamente a una immagine sonora bilanciata. In un campo
diverso, trovo interessante il lavoro di un tecnico come Tchad Blake, per
esempio il suo lavoro con Neil Finn, per fare un nome.
Ho dato un’occhiata al sito del tuo studio e ho visto che
tra le cose da te citate che vedono la tua partecipazione c’è un programma che
vede una musicista suonare un’intera gamma di flauti in legno ed eseguire
composizioni scritte. Me ne vuoi parlare, dicendomi anche qualcosa del ruolo da
te ricoperto?
"Susie,
tell me a Story!" è un progetto di Susanna Borsch, una suonatrice di
flauto di grande talento. La sua idea per questo progetto è tratta dal libro di
Christopher Booker intitolato The seven basic plots. Ha chiesto a sette
compositori di scrivere un pezzo quale uno degli ingredienti di una storia.
Registrazione e parte elettronica sono perfettamente integrati nella
performance, quindi sono felice di essere coinvolto nella creazione e nella
realizzazione del progetto. Per esempio, il pezzo di Kate Moore consiste di
nove voci di flauto che si alternano, e di queste, otto sono pre-registrate e
riprodotte intorno al pubblico mentre una è suonata dal vivo. Altri hanno
tracce sonore che vengono riprodotte mentre suoniamo frasi che sembrano un loop
di quello che suona Susanna ma che in realtà non lo sono, dato che si evolvono
in modo individuale.
Anche
qui trovo molto interessante presentare al pubblico in una dimensione dal vivo
del bel suono registrato, ma aggiungendo qualche elemento contrastante. Così,
per esempio, Susanna suona un flauto contrabbasso al quale io aggiungo un
grosso suono, e distorsione. E l’immagine sonora passa da flauti eleganti e
sottili con riverbero a un suono molto forte con un basso che fa tremare tutto.
Capita a volte che ascoltando un vecchio disco che al tempo
in cui era uscito "ci piaceva e basta" ci sorprendiamo a sentire cose
che non avevamo mai notato prima. (Per farti un esempio personale, un giorno mi
sono accorto che sull’album dei Doors intitolato Strange Days c’era un piano
preparato, con la carta sulla cordiera.) Ti è mai capitato?
Oh
sì! Ho fatto questa esperienza al tempo in cui ascoltavo i suoni
professionalmente e sviluppavo il mio udito musicale, ho iniziato ad ascoltare
tutte le registrazioni e la musica in modo diverso. Sono rimasto scioccato dato
che temevo che sarei stato "solo" in grado di godere la musica nella
sua totalità senza analizzare il suono e le voci, l’armonia, il ritmo e così
via. Ma fortunatamente dopo un po’ ho sviluppato la capacità di assumere delle
diverse prospettive di ascolto in modo attivo. Quindi passare da un tipo di
ascolto più "a campo totale" a un ascolto analitico più approfondito.
Sono molto contento di avere sviluppato questa capacità, e sto ancora
imparando. E’ interessante come persone diverse, e anche tu stesso in quanto
individuo, sono in grado di ascoltare musica in modo diverso!
Sono curioso di sapere in che modo hai iniziato a sviluppare un interesse
nei riguardi del suono. E’ stato ascoltando un suono registrato (come un disco),
o un suono "dal vivo" (anche se, per esempio, trasmesso alla radio)?
E’
tutta la vita che sono interessato al suono. Mia mamma mi ha detto che
quand’ero bambino la prima cosa che facevo quando portava a casa pentole nuove
era vedere che suono facevano! E quando da ragazzino suonavo il pianoforte e
componevo canzoni una volta come regalo di Natale ho chiesto un microfono e
l’ho messo dappertutto sul pianoforte – e anche sotto – per vedere come
suonava. Questo tipo di cose, ma per me era una cosa del tutto naturale, quindi
non ero davvero cosciente di essere particolarmente interessato al suono o alla
registrazione. Poi, al momento di finire il liceo, quando stavo cercando cosa
studiare ho scoperto che registrare la musica era una materia di studio, una cosa
che mi si attagliava alla perfezione.
Ho notato che sul tuo sito hai una lista di studi dove ti
piace lavorare, e ho dato un’occhiata ad alcuni di loro. Mi piacerebbe sapere
qualcosa dello stato di salute di studi come quelli, nella tua zona o altrove,
dato che ormai da un bel po’ di tempo, per tutta una serie di fattori, gli
studi si trovano in una situazione economica precaria.
Beh,
il fatto che i tempi sono cambiati per la musica e per l’industria del suono
non è certo una novità. I CD non si vendono, le case discografiche ormai non
producono titoli che vendono molto. Quindi molte produzioni vengono fatte in
modo indipendente dai musicisti stessi, e anche la distribuzione è una cosa
facile. Non hai più neppure bisogno di produrre qualcosa di fisico. Dall’altra
parte, nel campo audio, lo sviluppo delle apparecchiature rende possibile la
produzione in un modo tanto più economico e veloce che è molto più facile
realizzare registrazioni con un budget più piccolo e con meno gente. Così gli
studi che si adattano a questo cambiamento prosperano, e nuovi studi aprono.
Tutti gli studi nei quali lavoro sono estremamente professionali e godono di
uno stato di salute decisamente florido. La cosa più importante e più difficile
da trovare è una stanza silenziosa dalle buone proprietà acustiche, e questa è
una cosa che non deve necessariamente essere uno studio.
Qual è la tua opinione degli "standard audio" di
oggi? Parlo sia dello stato attuale della tecnologia quando si tratta di, per
esempio, alta risoluzione e DAC, ma anche di quello che viene definito come la
"ridondanza" del buon suono in un momento in cui i file mp3s e le
"cuffiette" sono il modello d’ascolto più diffuso.
A
dire il vero è una cosa che non mi interessa molto. Lavoro con attrezzature
avanzatissime, e i convertitori analogico-digitale-analogico sono importanti
per me, come pure il "clock" digitale, perché quella è una cosa che
quando va storta introduce un sacco di distorsione nel segnale. Ma cose quali
la frequenza di campionamento… Vedi, non mi è mai capitato di ascoltare un
bel disco e pensare "è un vero peccato che sia stato registrato solo a
44.1". Ti ricordi la discussione, non tanto tempo fa, che il suono
digitale era non musicale, aspro? Non senti più nessuno che lo dice. E questo
perché oggi la qualità dei convertitori è di gran lunga migliore. Quello che
c’è oggi dentro il tuo telefonino è probabilmente meglio di impianti hi-fi dal
costo di migliaia di euro di vent’anni fa. E’ tutto relativo, se tanta gente si
gode un sacco di begli album sui telefonini nella qualità scadente di un mp3,
chi se ne frega? A mio parere è fantastico! E oggi c’è anche un’altra cosa
positiva. Oggi molti ascoltano musica in un modo più concentrato con una
qualità di riproduzione di gran lunga migliore di quello che la maggior parte
soleva fare, grazie alle "cuffiette" (invece di usare casse di bassa
qualità messe sotto il divano).
Si dice che oggi viviamo in una dimensione sonora che – in ragione del fatto
che le stesse attrezzature vengono usate in ogni parte del mondo – nega ogni
possibilità di "originalità regionale", e ciò diversamente dalla
situazione fino agli anni settanta, quando molti studi avevano attrezzature
diverse, con alcune apparecchiature costruite apposta per loro, così che era
facile capire se un album era stato registrato negli Stati Uniti, o nel Regno
Unito, e così via. Qual è la tua opinione in proposito?
Preferisco
la "originalità personale" a quelle regionale, una cosa che per me
non vuol dire molto. Può essere il modo di vedere di oggi, non lo so. Ma il
fatto di avere meno restrizioni, e il fatto che tante apparecchiature, e il
software, siano oggi disponibili a tutti non vuol dire che tutto suona alla
stessa maniera. Non è affatto così. E’ quello che tu ci fai. Tra parentesi, noi
usiamo microfoni a 60Volt e alimentatori che ci costruiamo da soli! Proprio
così, dato che volevamo un suono pulito e aperto che non era disponibile sul
mercato, e abbiamo attrezzature dal suono unico. Quindi non è una cosa che non
capita più.
Dimmi qualcosa a proposito dei tuoi impegni correnti e futuri. La tua agenda
mi sembra decisamente piena!
A dire il vero
mi fa piacere avere un bel po’ di cose alle quali sto lavorando e in
preparazione. Stiamo registrando un nuovo album di Reinier Baas (Reinier Baas
Vs Princess Discombobulatrix), che in origine era un progetto compositivo del
North Sea Jazz Festival. Un CD molto speciale di Spinifex Maximus, il gruppo
diretto da Tobias Klein, è appena uscito, registrato dal vivo nello studio
chiamato Fattoria Musica.
Vado in tour e faccio sound design per una nuova opera musico-teatrale davvero
bella scritta da Boudewijn Tarenskeen con Electra (un lavoro che vede tra gli
altri la presenza di Susanna Bosch al flauto), e ho appena finito di missare un
nuovo CD con la ICP Orchestra, una formazione che suona ancora fresca e piena
d’energia.
Un’altra cosa molto interessante è il fatto che abbiamo aperto una Bimhuis
Radio, con streaming di registrazioni dal vivo di alcuni concerti effettuati al
Bimhuis, interviste e trasmissione di altre registrazioni. Dato che le
emittenti pubbliche vedono i loro budget sempre più decurtati, ritengo che le
iniziative indipendenti locali siano il futuro.
Gli show, presentati in lingua inglese, sono poi disponibili nella formula
"on demand" sul sito del Bimhuis. Se mi è concesso dirlo, la qualità
della musica, del luogo e delle registrazioni è stupefacente. Ma lascio a te il
giudizio.
©
Beppe Colli 2016
CloudsandClocks.net | Apr. 6, 2016