Cream
Farewell Concert (DVD-V)
(BMG)
Ci ha
non poco sorpreso, alcune settimane fa, leggere dell’imminente presentazione
ufficiale di un pedale di effetti per chitarristi denominato Jimi Hendrix Experience. La cosa ha tutti i crismi della legalità,
benedizione della famiglia Hendrix e collaborazione del leggendario tecnico
hendrixiano Eddie Kramer inclusi. Utilizzando una tecnologia brevettata dalla
DigiTech, il pedale è in grado di replicare (duplicare? emulare? attendiamo
la prova pratica) suoni cruciali da sette canzoni rese famose da Hendrix,
tra le quali Purple Haze, Little Wing, Voodoo Child e All Along The Watchtower.
Confessiamo che – memori delle accesissime sfide tra i fan dell’uno
e dell’altro – la seconda cosa che ci è venuta in mente è stata:
ma non c’è un pedale dedicato a Eric Clapton? C’è, e si chiama
(sorpresa!) Crossroads. Non potevano ovviamente mancare i toni di brani storici
dei Cream quali Sunshine Of Your Love, Crossroads e Badge (niente paura: c’è
anche Layla). Il pedale è detto tra l’altro essere perfettamente in
grado di replicare l’inconfondibile "woman tone" claptoniano.
Ed è stato a questo punto che ci è tornato in mente
quello spezzone di intervista a Clapton contenuta nel film Farewell Concert.
Un film che ha fissato per sempre l’ultimo concerto dei Cream, il 26 novembre
del 1968 alla londinese Royal Albert Hall. Durante l’intervista (risalente
all’anno prima, come quelle con Ginger Baker e Jack Bruce presenti nel film)
viene chiesto a Clapton di mostrare sullo strumento (l’inconfondibile SG/Les
Paul che è sinonimo di Cream, non la ES-335 utilizzata per la gran
parte del concerto d’addio) alcuni tra i suoi stilemi più classici,
tra i quali – assolutamente immancabile – il "woman tone". Clapton
puntualmente esegue, con efficacia. Chissà quante volte aveva riportato
indietro la puntina del giradischi ascoltando un album di B.B. King (facciamo
Live At The Regal?) per meglio carpire i segreti di quel timbro misterioso.
(E, per li rami, l’amico che aveva avuto la fortuna di vedere il film in quel
di Londra raccontava "mi pare che Clapton facesse proprio così".)
E’ davvero buffo immaginare un Eric Clapton che alla richiesta di mostrare
il "woman tone" tira fuori il pedale B.B. King e seleziona il preset
appropriato.
Chissà se è per questo che il piccolissimo spezzone
della I’m So Glad di Skip James tratto dal concerto d’addio dei Cream contenuto
nel film di Wim Wenders dedicato al blues, The Soul Of A Man, risultava essere
un momento assolutamente vivo, contemporaneo ed esplosivo messo accanto a clown, poseur e buffoni assortiti.
Di formidabile
difficoltà esecutiva, la musica che i Cream presentarono per un paio
d’anni sui palchi di tutto il mondo (ma soprattutto americani – i loro concerti
del ’67 al Fillmore di San Francisco furono una spinta turbo al cambiamento
che sarebbe bene non dimenticare tanto spesso) aveva alle spalle una stratificazione
di formidabile spessore. Dietro Clapton c’era ovviamente il blues: i tre King
(Albert, B.B. e Freddie), Skip James, Robert Johnson, Hubert Sumlin, Howlin’
Wolf, Willie Dixon, Otis Rush. Ritmica ad alto rischio di infiammabilità
(anche interpersonale) quella di Bruce e Baker, già insieme nella Graham
Bond Organization. Dietro Baker era agevole scorgere i Sam Woodyard e gli
Elvin Jones (e – sol che si abitasse a Londra – Phil Seamen). Più composita
la formazione di Bruce, dal jazz di Mingus ai contrappunti di Bach. Rapporto
decisamente palcocentrico, quello dei tre, impegnati a stupirsi e a guadagnarsi
il rispetto reciproco strumenti alla mano in esecuzioni sovente interminabili.
Ed è
ovvio che non si può essere sempre perennemente ispirati. E che il
superlavoro non fa bene alla creatività. Avrebbero avuto un futuro,
i Cream, se il loro manager fosse stato più lungimirante? Difficile
dirlo. La relazione tra Bruce e Baker era sempre stata difficile, mentre Clapton
("the master of the cliché", a sentire Rolling Stone – il
giornale non mancò di criticare anche lo stile bassistico di Bruce)
sentiva di non essere in grado di riempire creativamente lo spazio dell’assolo
di lunga durata. Certo è che l’impresa successiva di Clapton (e Baker),
i Blind Faith, vide il chitarrista quale "God" estremamente riluttante,
subito pronto ad abbandonare la nave. Mentre Bruce si tuffava tra le strutture
ad alto rischio del Tony Williams Lifetime ("quando i Blind Faith suonavano
al Madison Square Garden noi avevamo un ingaggio allo Slug’s") e della
Carla Bley di Escalator Over The Hill per poi iniziare la brillante serie
dei suoi album di canzoni.
A sentirli
oggi, i brani in stile blues contenuti nel video del loro ultimo concerto
– i classici Crossroads, Sitting On Top Of The World, Spoonful, I’m So Glad,
più quel classico "fatto in casa" che è Politician
– non suonano affatto stanchi, né le esecuzioni sembrano mai effettuate
in pilota automatico. C’è la tipica foga di Baker, c’è il saltellare
di Bruce, ci sono gli spasmi labiali di Clapton impegnato a scaricare la tensione.
Un gruppo
di blues ortodosso: questo, secondo la leggenda, il gruppo che il boss dell’Atlantic
Ahmet Ertegun riteneva di avere messo sotto contratto, con Clapton quale figura
centrale più ritmica. Ma Clapton si rivelò quasi immediatamente
cantante controvoglia e autore con il contagocce, da cui l’obbligato venire
alla ribalta del Bruce scrittore di canzoni; suoi i due classici della formazione
– Sunshine Of Your Love e White Room – eseguiti a ogni concerto; e suoi tutti
quei brani che rendono Disraeli Gears e (soprattutto) la porzione in studio
di Wheels Of Fire lavori policromi interessanti ancora oggi ben al di là
della (pur ottima) cifra blues.
Diretto
da Tony Palmer, girato con i mezzi dell’epoca (senz’altro adeguati, ma non
per fare faville su MTV), Farewell Concert dei Cream è stato a lungo
film leggendario, poi riversato in VHS e da ultimo su DVD. Difficile individuarne
il senso per chi lo veda adesso per la prima volta. Se ricordiamo che i Cream
erano a quel tempo uno dei gruppi rock più famosi del mondo salta immediatamente
agli occhi una certa aria "casalinga" dell’evento, il rock essendo
allora una musica per pochi, ben lontana dall’essere diventata quella invisibile
quinta sonora che è ormai parte integrale della quotidianità
di ciascuno. Decisamente degna di nota l’età dei protagonisti alla
fine della carriera di un gruppo che aveva già cambiato il rock: venticinque
anni Bruce, ventitré Clapton, ventinove il vecchio Baker. Fatto sconcertante:
intervistati, i tre musicisti parlano di musica e di tecniche esecutive (un
esercizio utile e istruttivo: si provino a immaginare temi e modalità
delle interviste qualora il film fosse girato oggi). E’ probabile che l’importanza
della manualità per la musica di uno dei gruppi simbolo di quello che
è stato acutamente denominato Jurassic Rock non balzi agli occhi alla
prima visione. Ci sarà mai una seconda?
Beppe
Colli
©
Beppe Colli 2005
CloudsandClocks.net
| Jan. 30, 2005