Clear Frame
Clear Frame
(Continuity…
records)
A parere di chi scrive, quello intitolato Numero D’Vol è stato l’album
che ha maggiormente meritato l’appellativo di "sorpresa dell’anno" per
il 2007. Diremmo questi i principali motivi: innanzitutto aver dimostrato
come un idioma che si voleva stanco e non più suscettibile di aggiornamento
– e neppure in grado di suonare con un minimo di freschezza – fosse ancora
perfettamente in grado di affascinare ed emozionare ascoltatori che non
necessariamente nutrivano una fede cieca in quell’idioma; in secondo luogo
(che in realtà è ovviamente il primo), per aver mostrato in azione un quartetto
inedito, laddove Hugh Hopper (basso), Simon Picard (sassofono), Steve Franklin
(tastiere) e Charles Hayward (batteria) avevano "navigato tra i generi" mentre
facevano un sapiente uso dello studio; musica
"suonata" e "artificiale", insomma, che ci auguravamo
di vedere presto in concerto insieme alla (per noi) inedita coppia ritmica
Hopper/Hayward.
(Quale
sarebbe questo idioma? Diciamo che Numero D’Vol parla un dialetto solo
strumentale che è parte del glorioso idioma canterburiano. Di cosa sia,
e se poi veramente esista, il canterburiano discuteremo un’altra volta.)
Quindi
è solo logico che Clear Frame partisse in salita: sia per una registrazione
che – seppur più che dignitosa, e in ogni caso perfettamente in grado di
mostrare l’essenziale – qualora paragonata a quella di Numero D’Vol risultava
un po’ confusa, anche se non priva di una sua coerenza di insieme; che
per l’approccio prescelto, qui più "improvvisato" (ma con "stili" e
"tonalità" sempre ben visibili) da un quartetto "in tempo
reale".
Anticipando
le conclusioni diciamo che Clear Frame si è rivelato essere un buon album
con punte di ottimo. Un album che diremmo però necessitare di una frequentazione
discretamente lunga (e, almeno per chi scrive, anche di un volume d’ascolto
più elevato del solito) per rivelare le sue (non poche) qualità. (Anche
se dobbiamo ammettere di riuscire facilmente a immaginare una tipologia
di ascoltatore in grado di preferire Clear Frame a Numero D’Vol, e proprio
per motivi opposti ai nostri.)
Senz’altro
noti i musicisti coinvolti. Hugh Hopper è al basso, Charles Hayward alla
batteria e a qualche tastiera. Dalle partecipazioni agli album di Kevin
Ayers alle inconfondibili improvvisazioni in solo, chi non riconoscerebbe
il sax soprano di Lol Coxill? La realtà è ovviamente ben diversa, e a dispetto
di una lunghissima carriera quello di Coxill è ancor oggi un nome conosciuto,
e apprezzato, da pochi; ci auguriamo che Clear Frame possa essere per molti
il primo passo. Ci vergogniamo un po’ ad ammettere di non conoscere Orphy
Robinson, qui ben impegnato a vibrafono, steel pan, percussioni e non meglio
precisati FX.
C’è anche
Robert Wyatt alla cornetta. E’ una cornetta decisamente jazz (e non era
difficile immaginarlo), laddove una certa morbidezza del Miles Davis
"soffice" del periodo acustico si alterna a strappi più mossi ritmicamente
non lontani da un Don Cherry; mentre un certo mormorare in gamma bassa ci
ha a tratti riportato alla mente il trombone di Roswell Rudd.
Bella
l’apertura di Clean Slate: cornetta davisiana, steel pan a tintinnare,
tempo rilassato, batteria (ampia nello spazio stereo) suonata con le spazzole,
basso elettrico pulito e profondo, sax soprano che ricorda non poco il
saxello del compianto Elton Dean… insomma, siamo dalle parti della Side
One di Fifth dei Soft Machine, con Phil Howard seduto alla batteria, ma
la cosa non infastidisce né indispone; dopo sei minuti chiude solitaria
la cornetta di Wyatt. E’ un bel brano, e se – come altrove sull’album –
Coxill ci è parso suonare più
"deaniano" del suo solito, diremmo ciò attribuibile alla cornice.
Non stanca
il quarto d’ora di Tin Plate: aprono una batteria "funky" e un
basso pesantemente effettato, poi percussioni, sax soprano e tastiere
"spaziali"; a circa 6’30" entra il vibrafono ed è… Bobby
Hutcherson! In realtà è sempre Orphy Robinson, che in quest’album figura
bene dappertutto: percussioni agili, steel pan che ci hanno riportato alla
mente Trinidad, vibrafono "cool". A circa 11′ un bel giro di basso
di Hopper ci conduce alla conclusione, incalzante, non poco soft-machiniana.
Tastiere
quasi Zawinul fanno capolino su Noise Gate. Void Crate è un breve intermezzo
che fornisce una pausa di respiro. Tempo medio per High Rate e per Better
Late, quest’ultima di nuovo con vibrafono, e strappi quasi "Free" per
la cornetta di Wyatt.
Paperweight
ci ha davvero riportato alla mente Out To Lunch di Eric Dolphy: apre un
riconoscibilissimo Coxill, poi vibrafono, e basso e batteria a fare swing!
Cornetta in gamma bassa. Un bell’episodio.
Basso
effettato, sintetizzatori, sax soprano in evidenza e una cornetta cogitabonda
per la conclusiva Figure Eight.
Beppe Colli
© Beppe Colli 2008
CloudsandClocks.net | Jan. 27, 2008