Eric Clapton and Steve Winwood
Live From Madison Square Garden
(DVD-V)
(Reprise)

Ultimi mesi del 2007, viene fuori la notizia che Eric Clapton e Steve Winwood terranno una serie di concerti al Madison Square Garden. Col senno di poi è facile considerare la partecipazione di Winwood alla seconda edizione del Crossroads Guitar Festival, dove eseguì insieme a Clapton anche brani dei Blind Faith (alcuni spezzoni appaiono sul secondo DVD-V di questo set), quale una sorta di prova generale – o, se si preferisce, un "controllo di compatibilità" – delle date al Garden e di tutto quello che logicamente ne è seguito.

Per motivi chiarissimi a chi conosce "la storia del rock", e prima ancora di poter pronunciare distintamente le parole "Blind Faith", scattò la corsa ai biglietti, tutto sommato accessibili: la memoria ci restituisce prezzi quali $55, con scomodi strapuntini d’emergenza aggiunti all’ultimo momento a $179. Chi c’era – anche gente che ha assistito a tutte e tre le serate da una delle prime cinque file – disse subito di una bella esperienza, giudicata inferiore solo alle "vette inenarrabili" che i due avrebbero raggiunto nel corso del tour estivo del 2009.

Coincidenza simbolica?, il tour del 1969 dei Blind Faith ebbe inizio il 12 luglio proprio al Madison Square Garden. E la nota storia di come le cose andarono subito storte e di come, a tour finito (il 24 agosto, nelle Hawaii), i due protagonisti si evitarono per un bel pezzo, consente di considerare la vicenda originale come un "unfinished business" che merita senz’altro una "closure" più degna.

(Parlando del famoso Rainbow Concert del 1973 nell’autobiografia edita qualche anno fa, Who I Am, Pete Townshend ricorda che Winwood ebbe bisogno di più di qualche telefonata per recarsi, Hammond incluso, alla prove di quel concerto. Mentre nel corso della lunga intervista di cui si dirà tra breve è lo stesso Clapton ad ammettere che il suo defilarsi dall’impresa Blind Faith non fu certo un bel gesto nei confronti di Winwood.)

Se è vero che molte cose sono cambiate da quei tempi gloriosi – non sempre nel senso comunemente creduto: chi mai vorrebbe salire su un palco davanti a 20.000 persone che si aspettano l’indicibile avendo a disposizione repertorio e amplificazione largamente insufficienti? (ed è solo la prima data del tour!) – c’è molto di cui possiamo godere: un’amplificazione perfetta, un suono nitido, chitarre sempre accordate.

Com’è ovvio, abbondano primi piani di dita e plettri, ed è solo lo sciocco che considera tutto questo "estraneo alla musica" o "inutile distrazione per pochi" o "spazio dato ad assolo autoindulgenti". Questo è la musica: l’inclinazione delle corde al capotasto (si osservi il modo perfetto in cui il MI del Fender Precision di Willie Weeks passa sopra lo slot e piega verso la chiave), o il grafitaggio degli spazi al capotasto delle chitarre, il continuo ritocco dei volumi sullo strumento e il variare del luogo dove il plettro incontra le corde – equalizzazione istantanea! Chi non ha mai visto in azione un organo Hammond e i suoi "drawbar" potrà fare un corso accelerato durante alcune belle parti eseguite da Winwood.

Il concerto è stato registrato nel corso di tre date: il 25, 26 e 28 febbraio del 2008. Il DVD-V è stato pubblicato il 19 maggio 2009, come il doppio CD corrispondente.

La formazione vede la presenza di Ian Thomas alla batteria, Willie Weeks al basso e Chris Stainton alle tastiere. Thomas è un ottimo "team player" non appariscente ma solido. Willie Weeks non dovrebbe aver bisogno di presentazioni (si potrebbero ripassare le parti di basso da lui suonate sull’album di esordio solista di Winwood, l’omonimo LP del 1977). Di Stainton probabilmente il lettore conosce già le mani: sono sue quelle inquadrate alla tastiera di un Hammond all’inizio delle spezzone del film Woodstock che vede Joe Cocker interpretare la beatlesiana With A Little Help From My Friends.

Spazio enorme, suono essenziale. Clapton è alle chitarre, Winwood a chitarre, Hammond e pianoforte. Stainton suona un Hammond e due sintetizzatori: uno essenzialmente con un suono di piano più "magro" del pianoforte, l’altro per fare fiati, flauti e coloriture, e un simil Mini-moog (ma è tutto un uso raro e molto misurato, di cui si dirà nello specifico dei pezzi).

L’immagine mentale dei Blind Faith – quello che vediamo mentre ascoltiamo la musica – è una foto in bianco e nero degli anni sessanta. Ed è un’immagine sulla quale gli avvenimenti successivi si sono spesso sovrapposti con difficoltà. Chi, tra i musicisti famosi, potrebbe pubblicare senza problemi due raccolte intitolate rispettivamente The Versace Years e The Armani Years? Per certi versi ancora più strano il caso di Winwood, "musicista per musicisti" e figura senz’altro meno disinvolta sul palco che trovammo impegnato in pose danzerecce, deciso ad accettare un ruolo di entertainer. La vita è complicata – nativo di Birmingham, Winwood dichiarò di aver imparato a nuotare a quarant’anni negli Stati Uniti.

Clapton (1945) era una celebrità già ai tempi degli Yardbirds. Winwood (1948) un "prodigio" con lo Spencer Davis Group, e una voce celebre in tutto il mondo grazie a hit quali Gimme Some Lovin’ e I’m A Man. Il primo incontro ravvicinato – ma Winwood dice di come Clapton gli facesse da "fratello maggiore" al momento del suo arrivo a Londra – sono le session a nome Powerhouse contenute su What’s Shaking, nel marzo del ’66. Poi, i Traffic per Winwood e i Cream per Clapton.

Le lunghe interviste contenute nel secondo DVD-V ci presentano due musicisti che non potrebbero essere più diversi. Winwood ha l’aria di chi vorrebbe essere altrove ma ha imparato ad accettare la realtà connessa al suo lavoro. A volte un gesto rotatorio del braccio destro sembra indicare implicazioni difficili da riassumere in poche parole. (E si osservi la postura sul palco: durante gli assolo di chitarra, Winwood si inclina in avanti; spesso guarda la tastiera.) Per essere un inglese, Clapton gesticola con generosità con ambedue le braccia. I noti trascorsi hanno lasciato il posto a una sicurezza dell’eloquio frutto di disciplina e auto-riflessione. Cortese e mai evasivo, ma è chiaro chi conduce davvero l’intervista, e traccia i confini di quanto è off-limits.

(Notazione personale tra parentesi: la generosità con cui Clapton valorizza la presenza di Winwood nel set, ponendolo in primo piano nel finale. Lasciamo allo spettatore il compito di indagare gli sguardi che i due si scambiano, esempio preferito da chi scrive quello che Clapton rivolge a Winwood dopo l’esecuzione di After Midnight.)

I musicisti hanno scelto ognuno nel repertorio dell’altro. Così è nata la scaletta. Nei limiti della nostra conoscenza, diremmo che la tonalità delle canzoni – la "carta d’identità", per così dire, della musica – è quella delle versioni originali.

Sul secondo DVD-V:

The Road To Madison Square Garden è un documentario di più di mezz’ora che vede i protagonisti ripercorrere un lungo cammino. Utile per tutti, ottimo per chi ignora la storia, non mancano foto e spezzoni live di Traffic e Cream.

Rambling On My Mind viene dal soundcheck, con Clapton in solitudine a una Martin acustica.

Low Down è il pezzo di J.J. Cale, eseguito con brio.

Kind Hearted Woman vede Clapton alla Martin, una buona esecuzione.

Crossroads è lontana mille miglia dalla versione anfetaminica fatta dai Cream di Wheels Of Fire. Qui siamo su uno shuffle mid-tempo, bene Clapton, Winwood è alla voce e al piano, dove fa un bel solo sostenuto dall’Hammond di Stainton.

Il concerto vero e proprio – ben oltre le due ore – è sul primo DVD-V.

Had To Cry Today apriva l’album dei Blind Faith, e qui apre il concerto. C’è qualche esitazione vocale da parte di Winwood, frutto anche dell’emozione, della consapevolezza dell’evento, e di uno "strumento" che attende di essere riscaldato. Begli assolo, Stainton in appoggio all’organo, e un finale a due chitarre quasi psichedelico che rimanda all’originale.

Them Changes è il – diremmo celeberrimo – brano di Buddy Miles, casualmente defunto proprio quel giorno e che quindi si trova a fungere da involontario omaggio post-mortem. Il brano tira come un treno, con Winwood non più "frenato" vocalmente e fiati sintetizzati verosimili da parte di Stainton. Grande assolo di Clapton.

Forever Man è il grande successo che Clapton non eseguiva più da tempo, in scaletta per scelta di Winwood. Ottimo Hammond, cantata un po’ per uno, convincente assolo di chitarra.

Sleeping In The Ground è il blues che i Blind Faith hanno inciso ma non inserito nell’album originale (è presente come bonus). Mid-tempo, bel groove, Winwood a voce e piano, buono Clapton.

Presence Of The Lord era l’unico brano composto da Clapton sull’album dei Blind Faith, oggi di fatto uno standard. Qui è in uno stile più simile a quello della Band, e forse più vicino all’intenzione originale del compositore. Winwood è all’organo, Stainton al "piano", prima strofe per Clapton, seconda per Winwood – uguale al disco! – e poi è il tempo dell’assolo, con wha-wha e andamento finale che ricalca l’originale.

Glad è una sorpresa, con Winwood al piano, Stainton all’organo, una versione non male del classico dei Traffic. La vera sorpresa è l’assolo di Clapton, in stile Santana!

Well All Right è la cover già presente sull’album dei Bind Faith. Bel groove, ottima condotta vocale, Winwood al piano, la sorpresa è Stainton a un quasi Mini-moog con rotella che va in assolo, meglio di come la nuda descrizione potrebbe far supporre.

Double Trouble è l’omaggio di Clapton a Otis Rush, con una cover che potrebbe essere un omaggio multiplo. Winwood all’organo, Stainton al "piano", in termini di "feel" è una delle vette del concerto, con Clapton molto sopra la media, organo "parallelo", e bellissimo finale "a sfumare".

Pearly Queen è il classico dei Traffic, qui con molte sorprese. Winwood alla voce e all’organo – sovrapponibili all’originale – e Clapton a eseguire parti e assolo già appannaggio di Winwood nella versione dell’album. La sorpresa viene nel finale, dove ci aspetteremmo un "taglio". Spunta invece qualcosa di psichedelico – organo "cosmico", chitarra "araba" – che per un momento rimanda ai Phish!

Tell The Truth ci riporta ai tempi (artisticamente) felici di Layla e di Derek And The Dominoes. Winwood all’organo, Stainton al "piano" "barrelhouse", Clapton fa due assolo, con il conclusivo a candidarsi a uno tra i migliori del concerto.

No Face, No Name, No Number è il classico dei Traffic, e – vocalmente – uno dei pezzi più ardui di quel repertorio. Clapton fa un arpeggio con chorus, Winwood pare seriamente a disagio nel "rubato" eseguito quasi in solitudine, miracolosamente – rullante leggero, tastiera a simulare un orchestrale Mellotron – al passaggio "The scenery is all the same to me/Nothing has changed, or faded" Winwood sembra "entrare" nel pezzo, ed è momento da fazzoletti per una melodia a metà strada tra il Canto Gregoriano e il salmodiare arabo.

After Midnight vivacizza le cose, com’è nello spirito del brano di J.J. Cale che fu il primo successo solista di Clapton (a memoria, ricordiamo Cale dire che quando sentì il proprio pezzo in radio cantato da Clapton "attraversai la strada e mi comprai una Chevrolet"; ovviamente tutto questo avveniva prima dell’avvento dello streaming!).

Split Decision è l’unico brano proveniente dal repertorio di Winwood degli anni ottanta. Composto insieme a Joe Walsh e contenuto sull’album Back In The High Life, con poche ma decisive modifiche presenta qui un carattere molto più "dark" dell’originale. Il gruppo appare molto coinvolto nella realizzazione del disegno ritmico, e Winwood sembra più "leader" che nell’esecuzione dei suoi "oldies". C’è più rischio, ma è un azzardo che paga.

Rambling On My Mind vede Clapton alla Martin acustica, un ritorno alle origini nel classico di Robert Johnson.

Georgia On My Mind è anch’esso un ritorno alle origini, stavolta per Winwood: il classico di Hoagy Carmichael, poi divenuto classico nella versione di Ray Charles, era infatti il pezzo forte di "Stevie" Winwood quindicenne. Emozionante, e una condotta all’Hammond che è anche una lezione.

Little Wing è l’omaggio a un Jimi Hendrix ancora vivo che Clapton inserì sull’album dei Dominoes. Qui ha un bell’arpeggio chitarristico iniziale che diremmo fedele, entra l’Hammond, condotta vocale a due voci, un altro punto alto del concerto.

Voodoo Chile è il lungo brano di Jimi Hendrix originariamente apparso su Electric Ladyland. Ricordiamo che la registrazione – diremmo una jam-session "guidata" – vedeva Mitch Mitchell alla batteria, Jack Casady dei Jefferson Airplane al basso e Steve Winwood all’Hammond. Il brano è molto lungo, e non va sciupato con una descrizione minuta. Diciamo solo che Clapton va molto oltre il suo standard, e che Winwood – come ben sappiamo, parco di movimenti – nel finale sembra suonare un organo che sta per prendere fuoco. Essenziale.

Can’t Find My Way Home riporta le cose sulla terra, con Winwood a una Fender Telecaster semiacustica e Stainton all’organo. Anche qui, più nello stile della Band che di quell’aria "inglese" del pregevole originale. Ottime parti chitarristiche, con Winwood che a tratti, in tutto il concerto – se pensieroso, e soprattutto se inquadrato da destra – assomiglia a Jack Bruce!

Dear Mr. Fantasy è la bella e limpida conclusione, con Stainton all’organo, Clapton e Winwood ad alternarsi negli assolo, quella buffa parte finale mantenuta, un finale che pare riallacciarsi a Beck’s Bolero, e fine.

Cocaine è il bis, con ottimi assolo di Clapton, Winwood e Stainton al "piano".

La morale della storia? Anni fa ci capitò di leggere Paul Bley che ricordava Sun Ra in grado di suonare i "cakewalk", uno stile pianistico di cui aveva letto ma che non aveva mai ascoltato prima. (Un po’ sottile, eh?)

Beppe Colli


© Beppe Colli 2017

CloudsandClocks.net | Nov. 2, 2017