Camberwell Now
All’s Well
(ReR)
Forse
il gruppo più innovativo, rigoroso e coinvolgente fra quelli nati nel Regno
Unito in epoca "New Wave" (si potrebbe dire che come complimento
non vale poi un granché). E un gruppo la cui musica rimane ancora oggi,
a distanza di un quarto di secolo, una riuscitissima miscela di composizione,
improvvisazione, lavoro di studio, abilità esecutiva e canzone dal testo "politico"
mai banale (e questa, ammettiamolo, è tutt’altra cosa). A dispetto di una
piccola notorietà, i This Heat rimasero sempre troppo difficili anche per
un pubblico (neppure di mini-massa, ma) di nicchia. Ma è proprio quell’effimera
notorietà, quell’essere percepiti come parte dello "spirito del tempo",
che ha condotto alle perenni ristampe di gioielli quali il più sperimentale
This Heat (1980) e il successivo Deceit (1981), dove trova maggiore spazio
l’eternamente affascinante "melodia inglese". Ristampe culminate
lo scorso anno in uno di quei classici "cofanetti con tutto".
Ed è
proprio al più melodico (ma tutt’altro che sereno!) Deceit che è appropriato
accostare i Camberwell Now. Gruppo altrettanto rigoroso, coraggioso, affascinante
e lucido, ma che finì ucciso da quel "fuoco amico" che si preparava
ad attribuire punti premio ("Strutturalismo",
"Derrida" e simili) ai campionamenti a 8bit della ZTT. Da cui una
sottovalutazione non solo dell’epoca, ma anche ex post. Cosa oltremodo ingiusta
per un gruppo che attraversò da "osservatore partecipante" gli
"anni d’urto" del governo Thatcher, dalla guerra della Falklands
allo storico sciopero dei minatori (forse l’episodio che ha segnato la fine
della
"lotta di classe" nel Regno Unito).
Sarebbe
palesemente assurdo, parlando del lavoro dei Camberwell Now, dire che viene
qui recuperata un’abilità strumentale messa da parte nei This Heat dando
all’asserzione una valenza peggiorativa, da "prog". E sarebbe
assurdo perché ogni singolo gesto del gruppo è sempre in funzione della
logica d’insieme, e mai virtuosismo fine a se stesso. Ma è anche vero che
quello di Charles Hayward è uno stile batteristico originale e in grado
di caratterizzare un suono (e in ciò Hayward è forse l’ultimo esemplare
del Regno Unito insieme al diversissimo Simon Phillips). E che a differenza
di quello dei This Heat – sempre aggrovigliato, con densa compresenza verticale
di suoni – quello dei Camberwell Now è uno stile che predilige una certa
linearità di sviluppo, laddove l’incedere secco e altamente drammatico
della batteria è uno degli elementi chiave.
Pubblicato
nel 1983, l’EP Meridian metteva in scena una dimensione melodica non poco
wyattiana unitamente a un lavoro strumentale meticoloso ma esteticamente
distante dal gruppo che l’aveva preceduto. Accanto a batteria, voce e tastiere
di Hayward, il polistrumentismo di Trefor Goronwy e il lavoro sui nastri
di Stephen Rickard.
Ed è
la
"tape switchboard" costruita da Peter Keene e adoperata da Rickard
l’elemento che a partire da The Ghost Trade (1986) caratterizzerà il suono
dei Camberwell Now allargandone a dismisura i paesaggi sonori dal vivo e
in studio. Destinato a rimanere l’unico album inciso dal gruppo, The Ghost
Trade è una delle più belle pagine della "musica inglese". Moltissime
le cose che tornano alla memoria, dall’incalzare batteristico di Working
Nights al divenire fratturato di Sitcom, con splendido uso delle voci (Hayward,
Goronwy e, ospite nel finale, Mary Philips), all’attacco solenne e alla chiusa
con percussioni martellanti di Wheat Futures. Assolutamente perfetti gli
oltre undici minuti di The Ghost Trade, con uso intelligente delle due voci
e una coda strumentale la cui tensione non ha perso nulla del suo fascino.
Pubblicato
l’anno successivo, Greenfingers era destinato a deludere. Anche se il brano
che dà il titolo all’EP è un piccolo classico, diremmo il gruppo incerto
tra continuare a coltivare il paziente suono che aveva contraddistinto
i lavori precedenti e virare in direzione di un approccio strumentale maggiormente
"in tempo reale" – e potrebbe essere questo il senso più profondo
dell’aggiunta di un quarto elemento, Maria Lamburn, a sassofoni e viola.
Poi il gruppo si scioglie. Segnaliamo qui il misconosciuto album solista
di Hayward, Survive The Gesture (1987), quale appropriato P.S. alla breve
storia dei Camberwell Now.
I fan
del gruppo avevano ben accolto la ristampa in CD, con il titolo di All’s
Well, della produzione vinilica del gruppo: pubblicata nel 1992, la versione
edita dalla svizzera RecRec era stata masterizzata in digitale da Barry
Woodward nei famosi studi londinesi Townhouse. Pur continuando a preferire
il suono vinilico di Meridian, non potevamo non riconoscere che The Ghost
Trade risultava adesso meno piatto, più presente, più godibile.
E’ storia
di oggi, una nuova ristampa: stesso materiale, di nuovo il libretto con
testi, giunge la graditissima sorpresa di vedere ristampato l’utilissimo
articolo sulla altrimenti misteriosa "tape switchboard" apparso
vent’anni or sono su un numero del ReR Quarterly ormai irreperibile. Va
da sé che il CD è da consigliare a scatola chiusa. Cosa potrebbe andare
storto in una versione la cui rimasterizzazione è stata curata dal gruppo
stesso? (Forse la rimasterizzazione?)
Sorpresa
delle sorprese, il CD fa schifo. Se già il suono dei brani tratti da Meridian
ci sembrava un po’ aspro, eccessivamente nitido, l’attacco del brano di
apertura di The Ghost Trade era destinato a terrorizzarci. In sintesi:
suono ipercompresso, brutto, volgare, piatto, monotono, stancante, inespressivo,
che lavora contro il materiale privandolo di ogni attrattiva e mistero.
Insomma, un suono quasi techno – ma questa non è techno! E la batteria
sferragliante, e le mezze tinte svelate (come la Gioconda vista in piena
luce in mezzo alla strada!), laddove l’orecchio che si tende in avanti,
attento, della vecchia versione, si vede sostituito da un braccio che con
la velocità del lampo si tende in direzione del cursore del volume per
un abbassamento drastico. (E adesso? Tutti in Rete a comprare usato il
vecchio CD della RecRec?)
Beppe Colli
© Beppe Colli 2007
CloudsandClocks.net | Mar. 19, 2007