Oguz Büyükberber/Tobias Klein
Reverse Camouflage
(TryTone)
Una
copertina che nel migliore dei casi potrebbe essere detta anonima e che a
occhio nudo non sembra avere alcuna correlazione con il materiale contenuto nel
CD – ma perché non ricorrere a qualche foto, o dire qualcosa in merito al
processo di registrazione? – è la povera presentazione di musica tra le più
belle e stimolanti da noi ascoltate negli ultimi tempi.
Un album
che nonostante la durata non esattamente contenuta – siamo sotto l’ora – non manca
di incuriosire e coinvolgere l’ascoltatore, con un bel suono registrato (opera
dei titolari, ma con il prezioso apporto di Micha de Kanter in sede di
missaggio e masterizzazione), una tavolozza timbrica varia, un buon
bilanciamento tra momenti improvvisati e composti, una varietà stilistica che
non confligge con una presentazione esteticamente coerente, e un uso della
sovraincisione in grado di arricchire il quadro.
Un album
che solo il timore di trovare una piccola folla di lettori inferociti che impugnano
nodosi bastoni ad attenderci sotto casa ci impedisce di definire come
"sorprendentemente accessibile", anche se in effetti lo è, in ragione
di una chiarezza di idee e di un asciugamento di quanto esposto grazie a un
accurato processo di sintesi. (I risultati rendono palese un lavoro in comune
che si estende nel tempo, o almeno così crediamo.)
Il
bizzarro album denominato President Of The Globe ci diede l’occasione di
conoscere il sassofonista e clarinettista Tobias Klein, all’incirca dieci anni
fa. Più recente, e decisamente più "selettiva", la nostra conoscenza
di Oguz Büyükberber. Reverse Camouflage vede i due
impegnati ai clarinetti, inclusi il clarinetto basso e contrabbasso. Le note di
copertina non ci dicono quale dei due strumentisti compaia su quale lato dello
stereo, e la nostra conoscenza dei timbri usati dai due non ci consente di
azzardare ipotesi. Com’è da attendersi, la tavolozza timbrica tende allo scuro,
con divagazioni in direzione del sax alto e tenore, fischi d’ancia, sovracuti
degni di un flauto, e soffi e borbottii che ci dicono che questo è un disco di
"musica moderna".
Se tra i linguaggi usati il jazz è ovviamente presente, con alcuni
momenti a mostrare collegamenti palesi e nessun timore di apparire
"eccessivamente tonali", non mancano esplorazioni del suono, uso di
ritmi "danzanti", e in generale una tavolozza stilistica che dice di
frequentazioni varie e attente.
Invitando l’ascoltatore a un ascolto diretto, diamo qui di seguito
alcuni cenni sui brani contenuti nell’album.
Eptaenneadeka
si muove tra l’etnico e il blues, tra il berimbau e l’armonica a bocca, con un
tempo dispari che porta con sé un sapore di loop elettronico, echi di sax
tenore e di conch shell. Un brano evidentemente composto.
Pallidus
ha un’apertura in rubato, a metà strada tra Eric Dolphy (soprattutto per il
timbro) e Thelonious Monk (per il suo riallacciarsi all’atmosfera della
versione originale di ‘Round Midnight). Felice il dialogo tra i due strumenti.
Nox
presenta un quadro tra il percussivo e il soffiato, con evidente uso della
sovraincisione. Poi unisono tra gli strumenti, con un ricordo di
"battimenti" degli oscillatori (viene alla mente il Moog modulare
usato da Richard Teitelbaum su un album quale Time Zones). Episodio dialogico
puntillistico. Nuovo quadro con "oscillatori". Un brano composto che
fa un buon uso del tempo di durata.
Superciliosus
vede un quadro mosso, agitato, con bel contrasto tra un "sax free" e
un contrappunto dal sapore cameristico. Buone le sovraincisioni.
Diminutus
ha un inizio timbricamente "free" in stile Rova. Bella varietà dei
timbri e dei "personaggi". Facilmente percepibile una frase melodica,
e sviluppo melodico dialogico.
Arborescens
ha un inizio percussivo e fischi di ancia. Figura ritmica che ci azzarderemmo a
definire "brasiliana". Lo sviluppo sottolinea il carattere percussivo
del pezzo, che a dispetto della sua accessibilità risulta più facile da sentire
che da descrivere.
Selene
offre una lieve melodia dal sapore "cool" il cui andamento ritmico è
reso meno prevedibile dall’altro clarinetto. Dopo una cesura su note lunghe,
gli strumenti si scambiano i ruoli.
Bimaculatus
vede un clarinetto arpeggiato con il secondo strumento che sembra commentare,
con delay, il procedere del primo. Quadro da Rova, o da quartetto d’archi. Fa
seguito una sezione "B" maggiormente "lirica" e
"sussurrata".
Veligero
vede uno strumento solista "lirico" a metà strada tra il flauto e il
clarinetto con contrappunto percussivo/ruminante in gamma bassa sul lato
opposto. Un insieme che diventa progressivamente più denso e
"braxtoniano" e che suonerebbe forse "tradizionale" qualora
accoppiato a una ritmica. L’uso della sovraincisione crea una sezione fiati
ricca di bello "swing". Poi il brano si "spegne".
Niveus
offre un pedale sussurrato e lieve (come da titolo?), in assolvenza. (Potremmo
accostarlo a una composizione mitchelliana quale Tnoona, ma senza il senso del
drammatico.)
Argus è
sorprendentemente "funky", ritmico, con il clarinetto basso a fare
movimento e una pregevole parte solista. Continua l’elemento percussivo.
Berimbau e percussioni varie.
Tenebricus
presenta un unisono tradizionale che sembra riallacciarsi alla famosa Something
Sweet, Something Tender di Eric Dolphy (da Out To Lunch, 1964). Due clarinetti
in lirico contrappunto.
Tung Sten
ha un inizio da subwoofer, una meditazione su toni bassi, poi un pedale basso
udibile a salire di volume. Unisono su toni bassi. Lunghi toni. C’è una cesura
a circa 4′ 20", con aria lirica "hopperiana" e progressione
ascendente. A circa 5′ 50" un ritmo scoppiettante sui bassi, a 6′ 26"
fasce sonore da synth con uso generoso dell’LFO. Brano evidentemente composto.
Beppe Colli
© Beppe Colli 2016
CloudsandClocks.net | Mar. 17, 2016
P. S. 23/03/16:
In data odierna riceviamo comunicazione da Tobias Klein, che – a differenza di quanto da noi supposto – quest’album non contiene sovraincisioni.