Bryan
Beller
Wednesday Night Live
(Onion Boy)
Ascoltare
questo album (inciso dal vivo, come da titolo) ed essere al corrente delle
circostanze relative alla sua realizzazione (cosa di cui si dirà tra poco)
ci ha dato lo spunto per riflettere su quanto importanti siano stati in
passato gli album dal vivo.
Nella musica
rock "adulta" (diciamo: a partire dalla seconda metà degli anni
sessanta) l’esibizione sul palco è chiamata a testimoniare essenzialmente
due cose: innanzitutto se il gruppo "ce la fa", se è all’altezza
della sua (già ben nota) dimensione di studio; poi, se (proprio quella
sera!) si è verificato uno di quei "momenti magici", quando il
palco sembra levitare e il gruppo pare farsi beffe delle leggi della fisica
(nonché, a volte, di quelle della logica).
L’enorme
facilità con cui oggi è possibile avere accesso a miliardi di
"documenti" audio e video non filtrati è inevitabilmente destinata
a far sorgere più di un dubbio sullo spessore reale di moltissimi "nomi
sacri" degli anni sessanta, e comprensibilmente: l’ascoltatore-tipo
ignora infatti quasi tutto delle condizioni oggettive (problemi relativi
all’accordatura degli strumenti, all’intonazione dei cantanti, ai luoghi
fisici in cui si tenevano i concerti) in cui quella musica veniva eseguita;
va anche detto che la maggior parte dei gruppi è oggi in grado di offrire
uno spettacolo maggiormente "professionale", pur se per definizione
impossibilitato a offrire una "serata magica" (se non in un ristretto
senso soggettivo).
Ma la Rete
ha anche abolito le barriere di tempo e di spazio. Se una volta c’era perfino
chi realizzava "giornali in musica" al solo scopo di far sapere
cos’era successo altrove (qualcuno si ricorda di Eric Burdon e delle sue
Monterey e San Franciscan Nights?), oggi i concerti dal vivo sono già in
Rete pressoché in tempo reale. Il che, se da un lato consente a ognuno,
non importa quanto partecipe o appassionato, di essere al corrente di quello
che un gruppo ha appena suonato sull’altra faccia del pianeta, toglie ai
musicisti la possibilità di sperimentare al riparo da orecchie indiscrete
che non siano quelle di chi già si trova fisicamente al concerto (si pensi
a quanti album i Pink Floyd hanno rodato e messo a punto durante i concerti
dal vivo).
Per ultimo
(ma non certo in ordine importanza!), abbiamo riflettuto sul fattore monetario.
Da un lato, la scena concertistica di oggi pare godere di ottima salute,
soprattutto qualora paragonata alla situazione relativa alla musica registrata.
In realtà, tolti i concerti-evento, quelli dei nomi di buona tenuta commerciale
e i festival di più giorni e più palchi (che appaiono sempre più quale
una trasposizione in musica dello zapping in soggiorno), le cose non vanno
per niente bene. E mentre una volta i concerti meno frequentati erano quelli
dove si ascoltava la musica più difficile, oggi la penuria di spettatori
sembra riguardare anche generi e nomi di accessibilità tutt’altro che ardua.
Il che
spiega alla perfezione la "formula magica" che lo scorso anno
ha consentito alla Bryan Beller Band e alla Mike Keneally Band di effettuare
un breve tour del Nord-Est degli Stati Uniti: They’re Both The Same Band!
Ovvero, sono sempre gli stessi cinque musicisti che suonano per due volte
– ovviamente repertori diversi – nel corso della stessa serata.
Wednesday
Night Live è stato registrato in quel di Los Angeles, nel noto locale denominato
The Baked Potato. Alla parte audio contenuta nel CD di cui diciamo si affiancherà
a breve una versione parallela in DVD-V. Quasi contemporaneamente verrà
pubblicata la parte audio e video relativa all’esibizione della Mike Keneally
Band, titolo annunciato Bakin’ @ The Potato.
Wednesday
Night Live mostra per la prima volta sul palco il repertorio composto da
Bryan Beller già apparso sugli album di studio intitolati View (2003) e
Thanks In Advance (2008); ci piace poter dire che le esecuzioni dei brani
provenienti dal primo album suonano enormemente più sciolte e naturali
che in precedenza. Le performance sono eccellenti: cariche e grintose ma
precise, rispecchiano le intenzioni compositive del bassista senza mai
peccare di calligrafismo; assolo come previsto dal genere (quale? buona
domanda! forse rock-jazz, con puntate sul funky e il… metal, in senso
Prog, e in ogni caso più rock che jazz, con la principale eccezione degli
assolo di basso di Beller, armonicamente molto sofisticati, ma il tutto
con timbri rock su amplificatori in saturazione valvolare da "esplosione
dei coni"… insomma, deciderà il lettore).
Registrazione
impeccabile, forte e chiara ma non stancante, i musicisti disposti nell’immagine
stereo come da illustrazione di copertina: Rick Musallam a sinistra, Griff
Peters a destra, Beller e Keneally al centro, la batteria di Joe Travers
mostrata nella (a noi gradita) "prospettiva spettatore", con
le rullate che vanno da destra a sinistra. Con un’eccezione importante,
Keneally è alla tastiera: di lì a poco lo attende un altro concerto! Musallam
bravo al suo solito, per chi scrive anche in questo contesto la rivelazione
è Peters. Bella la varietà timbrica delle chitarre, elemento che aggiunge
possibilità di godimento – e di riflessione. (Azzardiamo: per non pochi
ascoltatori giovani dagli ascolti "selettivi" questo album potrebbe
costituire una rivelazione.)
Attacco
"funky", campanaccio, basso, "organo", Musallam, tema
"latino" con bella sezione "B", Greasy Wheel ha un bel
solo di Musallam con gli humbucker a spargere lava fusa, un po’ alla Zappa;
Beller fa un esuberante assolo di basso con wha-wha, ma l’effetto ricorda
più un filtro di synth che il wha-wha a noi più noto (guardiamo la copertina:
è un Dunlop Bass Wha); bel solo di "organo" di Keneally, tema.
Brano che
in studio era stato eseguito dal solo Beller, impegnato a molti bassi sovraincisi,
Life Story vede il basso affiancato da charleston/hi-hat e rullante con
retino in evidenza, le due chitarre in sapiente armonizzazione con legato
assistito da un feedback (ovviamente) controllatissimo.
Get Things
Done ripropone l’esuberanza dello studio, con più grinta e fantasia. Musallam
a quella frase in stile "steel drums", Peters mattatore alla
solista in un brano che a parere di chi scrive ha il suo corrispettivo
nel Jeff Beck del periodo Blow By Blow/Wired. Bel solo di basso, e una
sezione ritmica che ci ha ricordato la coppia Wilbur Bascomb/Narada Michael
Walden – si ascoltino le rullate di Travers nel finale.
Thanks
In Advance ha un tema di bella e fresca invenzione melodica. Tema eseguito
da Peters con perfetto dosaggio della manopola del volume. Bell’assolo
di Beller con arpeggi e armonici, poi assolo di "piano elettrico" di
Keneally, tema e chiusa.
Love Terror
Adrenaline/Break Through è la "mostruosità" di nodosità crimsoniana
e maestosità floydiana frutto di innumerevoli sovraincisioni già apparsa
su Thanks In Advance e qui riproposta in una versione "semplificata" (!)
tutta appannaggio di un Mike Keneally finalmente chitarristico.
Introduzione
per chitarra, basso e "piano", Seven Percent Grade ha un assolo
di
"piano" jazzato, un assolo "esplosivo" di Musallam e
una chiusura con il basso e i suoi armonici.
Il concerto
propriamente detto finisce qui. Ci sono però due bonus di qualità eccellente,
e ambedue vedono Peters protagonista. Tratta dal DVD-V To Nothing (e anche
lì appariva quale bonus), View è un’esecuzione di grande raffinatezza melodica
ed enorme impatto emotivo. Cave Dweller è un "blues/boogie"
multitematico da ascoltare a tutto volume, vicini permettendo.
Beppe
Colli
© Beppe Colli 2011
CloudsandClocks.net
| Apr. 26, 2011