Bryan Beller
Thanks In Advance
(Onion Boy)
Bassista elettrico che già da giovane era in grado di vantare un’ottima
versatilità e una non inferiore scioltezza esecutiva, Bryan Beller è sbocciato
quale compositore a un’età relativamente tarda: il suo primo (e fino a
ieri unico) album solista, View, vede infatti la luce nel 2003, quando
Beller è già un trenta-e-qualcosa.
Date le sue collaborazioni principali al momento della pubblicazione
di View – con il gruppo Z dei figli di Frank Zappa Dweezil e Ahmet, con
l’ex zappiano Steve Vai e con l’altro ex zappiano Mike Keneally – era in
fin dei conti sorprendente quanto poco la musica di Beller somigliasse
a quella di Zappa. View si qualificava invece come un tipico esemplare
"composito-moderno" di "rock, blues, jazz e un pizzico di
fusion" cui non era estraneo un tocco di classica. Il tutto suonato
con calore, grinta e precisione non comuni.
Solo logico, invece, che per il suo esordio solista Beller si fosse
attorniato di musicisti con i quali poteva già vantare un rapporto di stretta
confidenza: i batteristi Toss Panos e Joe Travers, il chitarrista Rick
Musallam, lo stesso Keneally in veste di chitarrista e tastierista. Un
altro collega keneallyano, il batterista Nick D’Virgilio, aveva registrato
e missato. Beller aveva prodotto. E se tutti i musicisti citati ci avevano
colpito per scioltezza esecutiva, fantasia e varietà timbrica (ma ci saremmo
mai aspettati qualcosa di meno?), a colpirci erano stati soprattutto l’organo
di Jeff Babko e la strepitosa chitarra di Griff Peters (forse perché fino
a quel momento del tutto ignoti a chi scrive?).
Di tanto in tanto, nel corso di questi anni, ci siamo trovati a
interrogarci su un possibile seguito a quell’esordio: sarebbe mai uscito?
Avrebbe avuto Beller l’interesse, la pazienza e i soldi (sono passati i
tempi in cui saper suonare molto bene poteva bastare ad avere un pubblico)
per farne un altro? E avrebbe avuto il nuovo CD un suono "altrettanto
caldo, ma con più definizione" come (se la memoria non ci inganna)
Beller avrebbe desiderato?
Quando ormai cominciavamo a perdere le speranze, ecco Thanks In
Advance. Che si rivela immediatamente (o quasi: in molta di questa musica
abbonda la "complessità nascosta") un lavoro ricco e maturo che
mostra (in molti sensi) la crescita artistica di Beller. Più vario del
predecessore, con un maggior controllo sulla forma, una ricchezza timbrica
dalla tavolozza tutta da ammirare e un’attenzione per il suono (che è sempre
caldo, ma ora maggiormente definito) che è una scelta precisa (che immaginiamo
costosa) in un’epoca in cui il triste orizzonte dello "scarico"
potrebbe indurre a prendere in considerazione scelte sonore più economiche.
Se i musicisti che avevano così ben figurato sull’album precedente
vengono riconfermati, non manca qualche (bella) sorpresa. La prima delle
quali consiste nell’accorgersi che questi brani dal suono tanto "live" dove
il rapporto tra gli strumenti suona "sorprendentemente intuitivo"
sono in realtà frutto di un montaggio accuratissimo di cose registrate separatamente
e in studi diversi!
La prima sorpresa si ha subito all’inizio dell’album, quando pare
quasi di avere introdotto nell’apparecchio il CD sbagliato: parte infatti
un brano lento e dal sapore soul non poco Muscle Shoals (pare quasi di
vedere
"Aretha che arriva"!), pur con chitarre decisamente più
"moderne". Snooze Bar ha un accompagnamento pieno di
"vuoti", una batteria ariosa (Marcus Finnie), pianoforte (Jody
Nardone), organo Hammond (Clayton Ivey) e le chitarre di Bruce Dees (ritmica)
e Chris Cottros (solista); davvero bella la dinamica e la grinta del plettro
di quest’ultimo, con l’amplificatore in distorsione controllatissima.
Sorprende ancora, e piace non meno, Casual Lie Day. Confermata sostanzialmente
la "sezione ritmica" del brano precedente, bel ritmo cadenzato
sul "ride", basso secco in accoppiata con la cassa, bel tema
chitarristico e successivo assolo (di nuovo Cottros) a seguire una mappa
cangiante. Ma qui l’atmosfera – che parte "swing", passa per
certi Steely Dan e finisce dalle parti di una pimpante Big Band di dimensioni
ragguardevoli – rivela un certosino lavoro di arrangiamento dai colori
vivissimi: merito del violino sovrainciso (anche in pizzicato: è Ann Marie
Calhoun), dell’ottima sezione fiati (Jim Hoke, clarinetti; Steve Herrman,
trombe; Doug Moffet, sax tenore e baritono; Roy Agee, trombone e trombone
basso) e ovviamente dell’arrangiamento (opera di Tom Trapp e Bryan Beller).
E proprio mentre ci si chiede cos’altro ci aspetti, ecco arrivare…
il suono di una puntina che atterra su un vinile discretamente frusciante!
(E’ un bel tocco di produzione che rende maggiormente plausibile la transizione
al pezzo che segue.) Atmosfera un po’ sconcertante, ma in senso piacevole,
che rimanda decisamente a… Santana! Greasy Wheel ha la batteria di Joe
Travers, la chitarra di Rick Musallam e l’organo Hammond di Jeff Babko.
Campanaccio a go-go, basso distorto, temi multipli, assolo di Musallam
che a un certo punto pare costeggiare la Variations On The Carlos Santana
Secret Chord Progression zappiana, e un assolo esplosivo di Hammond…
puro Gregg Rolie!
Cost Of Doing Business è un breve e frenetico intermezzo per basso,
batterie, percussioni e tastiere che ben introduce Blind Sideways, brano
dal sapore "fusion" che a parere di chi scrive è l’unico momento
debole dell’album. (Ma la nostra avversione per la Fusion è leggendaria.)
Toss Panos alla batteria, Musallam, Babko al Rhodes. Buoni assolo di Musallam,
Babko e Beller. Life Story è un altro breve intermezzo per bassi multipli,
melodico e d’atmosfera, che ben funge da ponte verso il brano successivo.
Con i
suoi quasi otto minuti di durata, Cave Dweller è un brano che solo per
comodità definiremo un lento "blues/boogie" con impreviste aperture
melodiche. Toss Panos alla batteria, Beller al basso, Griff Peters alle
(numerose) chitarre. E’ il brano che in un certo senso ci ha fatto più
piacere ascoltare, dato che a nostro avviso esso mostra l’intero spettro
delle possibilità (stilistiche, timbriche e di architettura) di Peters,
che sull’album precedente interpretava spesso un personaggio "luminoso" in
stile single coil accoppiato alla timbriche più scure in tipico mogano
humbucker di Musallam. Cave Dweller va senz’altro lasciata all’esplorazione
dell’ascoltatore. Segnaliamo solo quei momenti (soprattutto da 4′ 27" a
4′ 31", ma anche di lì a poco) in cui sembra quasi di vedere il cono
della cassa di Peters indeciso se esplodere.
Strano
davvero, l’unico brano vocale ("Just one more beer/And I won’t have
no fear"), Play Hard ha senz’altro più di una ragione per essere qui
(oltre a quella strutturale di separare i due brani più lunghi).
Con i
suoi dieci minuti abbondanti, Love Terror Adrenaline/Break Through è il
capolavoro di "metal intellettuale" dell’album (e l’anticipazione
di un trio): Beller (qui anche a pianoforte e synth, oltre alle chitarre
ritmiche condivise con Musallam), Keneally (tutte le chitarre soliste,
e vibrafono
"sintetico") e la batteria di Marco Minneman. Ci sono molte tracce
che diremmo visibili in questo pezzo: una tensione King Crimson, una maestosità
scura che potrebbe rimandare agli Univers Zero (o a Steve Vai?), i timbri
chitarristici
"strozzati" di Zappa, le rullate di Terry Bozzio, delle aperture
sinfoniche non poco Floydiane. Ma è un bel brano (la descrizione non rende),
tra l’altro di difficilissima esecuzione. Bella chiusa melodica a mo’ di
risoluzione per soli basso e pianoforte.
Thanks
In Advance ci conduce alla conclusione: bella melodia, ottime chitarre
ritmica (Musallam) e solista (Peters), bell’Hammond di Babko (anche in
assolo, con indovinato rapporto contrappuntistico tra le mani), batteria
di Travers, pertinenti tocchi di Rhodes di Kira Small. E’ un brano dai
molti meriti (e dagli ottimi assolo: Peters, Beller e Babko) ben al di
là del suo valore di contrasto con il brano precedente.
Sorprendente
la conclusione: From Nothing suona come una liberatoria "Free for
All", con Scheila Gonzales a un disinibito sassofono tenore che ci
ha riportato alla mente lo scomparso Gary Windo, e una performance davvero
trascinante di Beller.
(Segnaliamo
l’esistenza di una "edizione speciale" comprendente un CD – identico
a quello di cui si è appena finito di scrivere – e un DVD-V di tre ore
che illustra la lavorazione dell’album e che a oggi non abbiamo avuto la
possibilità di vedere.)
Beppe Colli
© Beppe Colli 2008
CloudsandClocks.net | Sept. 23, 2008