Ballou/Norton/Didkovsky
Zinc Nine Psychedelic
(Punos Music)
Ci abbiamo
messo molto a inserire Zinc Nine Psychedelic nella giusta cornice interpretativa,
e non per colpa dell’album (tra l’altro di non problematica difficoltà
di ascolto). Piuttosto, ha pesato innanzitutto il nostro (inconsapevole)
raffronto con Swim This, l’album a nome Nick
Didkovsky, Gerry Hemingway e Michael Lytle pubblicato un paio di anni or
sono che presentava un approccio decisamente stratificato e altamente tecnologico
all’improvvisazione. Da cui la nostra sorpresa nell’ascoltare una musica
in cui "tempo reale" voleva dire qualcosa di molto diverso.
La seconda
aspettazione (inconsapevole) riguardava l’improvvisazione, che (fermo restando
la ben nota accezione di creazione "in the moment") veniva qui
declinata in modi consonanti e (relativamente) comprensibili ai quali dobbiamo
confessare di essere ormai da tempo poco abituati. Ragion per cui sulle
prime siamo rimasti spiazzati nel trovarci di fronte a evidentissimi (per
chi scrive!) echi di Don Cherry, Milt Jackson, raga-rock e Robert Fripp.
Diremmo altrettanto evidente un uso "poetico" dei materiali,
con esclusione di quella valenza "ironica" tipica della citazione
post-moderna.
Quanto
detto finora riguarda ovviamente una prospettiva critica, che l’ascoltatore
solitamente ignora (nei due sensi del temine).
Avevamo
perso le tracce di Kevin Norton a partire dalla sua collaborazione con
Fred Frith ai tempi del gruppo Keep The Dog. Colpa nostra, come immediatamente
rivela una ricerca in Rete. Ignoto a chi scrive il trombettista
"amplificato e processato" Dave Ballou, ci è ovviamente familiare
Nick Didkovsky: Doctor Nerve, il Fred Frith Guitar Quartet, il trio Bone,
numerosi lavori in solo.
Registrato
dal vivo (bene, con bell’uso della dinamica) il 5 novembre del 2006, Zync
Nine Psychedelic seleziona un’ora delle tre suonate dal gruppo in quell’occasione.
La batteria di Norton ha la secchezza (non il suono "grosso")
di una batteria rock, con bei piatti, Ballou privilegia il registro
"morbido" della tromba e Didkovsky è appropriatamente asciutto.
Kaleidoscopic
apre a basso volume con una frase ritmica echizzata con "repeat"
della tromba, piccoli colpi di piatto e una chitarra con essenziale pizzicato.
Il brano si sviluppa come una "vamp" quasi davisiana, dove la batteria
si fa incalzante e la chitarra aumenta progressivamente il volume, con forse
un cenno alla psichedelia californiana di fine anni sessanta, una (ipotetica)
via di mezzo tra i Grateful Dead e un Fred Frith "in rock".
Una
"infinite note" ci traghetta a Diffraction, buon solo di batteria
con sottofondo dal sapore elettronico di chitarra ed effetti.
Cortex
presenta tracce che diremmo evidenti del Don Cherry "nomade del deserto",
scansione essenziale di chitarra e gli armonici dei piatti suonati con
l’arco. Poi la chitarra si fa clavicembalo, e sfondo alla tromba.
Su un lungo
pedale di tromba e chitarra, Seeing Stars vede quasi il fantasma di Milt
Jackson, in un lungo assolo di vibrafono.
Electricity
è quasi un raga-rock, con il ritorno del "nomade del deserto",
la frase di chitarra "indiana", tromba, piatti in assolvenza,
e un crescendo chitarristico "flamenco".
Focus ha
una batteria grossa e tonante con sotto piccoli contrappunti di tromba
e chitarra, poi l’esplosione che porta a Zap, con ululato sonoro in crescendo.
Transformed
vede la chitarra in un accompagnamento lento e cadenzato, assolvenza dei
piatti, poi a partire da 3′ ca. torna "Don Cherry".
La tromba
si fa quasi davisiana in Woodcut, con chitarra a strappi e rullante con
cordiera a prodursi in estreme variazioni di volume.
Molto curiosamente
la chitarra di Sleep ci ha ricordato per clima generale l’assolo e la parte
finale di chitarra frippiana su The Sailor’s Tale. Ottima batteria, crescendo,
strappi di tromba, cadenza e fine.
Beppe
Colli
© Beppe Colli 2009
CloudsandClocks.net
| Oct. 18, 2009