Ab Baars Trio
Slate Blue
(Wig)
Ancora una volta ci verrà utile quella definizione di
"permanent revolution" coniata dal critico statunitense Francis Davis
– e originariamente da lui riferita alla musica di Ornette Coleman – in
riferimento a un’arte d’avanguardia le cui acquisizioni formali non sono state
assorbite dal mainstream; l’implicazione logica, pur non esplicitamente
dichiarata, essendo che queste non ne diventeranno mai parte.
Nel ricordarci che il trio di Ab Baars – formazione che
vede il contrabbasso di Wilbert de Joode e la batteria di Martin van Duynhoven
affiancarsi al sax tenore, al clarinetto e allo shakuhachi del leader – ha
avuto inizio nel lontano 1990 le note di copertina di Slate Blue ci invitano a
misurare il progresso fatto dalla formazione, ma anche la sua – immutata –
distanza dal "paesaggio".
Slate Blue è stato registrato dal vivo – non sappiamo se
in presenza o meno di pubblico: gli unici suoni che si ascoltano sono quelli
prodotti dai musicisti – il 6 marzo dello scorso anno allo Splendor di
Amsterdam. Registrazione di Micha de Kanter, cristallina com’è sua abitudine,
Slate Blue è stato poi missato e montato dallo stesso de Kanter insieme ad Ab
Baars e a Ig Henneman, con quest’ultima a occuparsi anche del lavoro di
produzione. E qui la decisione sembra essere stata quella di dare ai brani un
aspetto "formale" che ne sottolineasse il carattere di composizioni,
con chiuse "tagliate" e missaggi (che indoviniamo "non
neutri") a mettere in risalto il carattere "deliberato" di
quanto ascoltiamo.
Suono di contrabbasso che rispetto al passato ci è parso
essere più "grosso" e "jazzistico" (e anche lo strumento ci
pare diverso da quanto ci restituisce la memoria), e batteria timbricamente
eccellente, dal rullante con bella cordiera a cassa e timpano profondi a piatti
appropriatamente squillanti.
Ci corre a questo punto l’obbligo di citare un passo
contenuto nello scarno comunicato stampa che cammina insieme all’album ma
stranamente assente nelle note di copertina: "Slate Blue is a collection
of newly written compositions by Ab Baars. These compositions and
improvisations were inspired by the music of French composer Olivier Messiaen
for which Baars has a deep passion."
TA-DA!
(Ma non finiranno mai le sorprese?)
Quasi superfluo dire che l’album non è di agevole ascolto.
Una certa austerità complessiva, il clarinetto come strumento più usato, la
"non presenza" del pubblico, un ricorso alle partiture che – ma forse
è suggestione – ci è parso a tratti avvertibile, Slate Blue è un lavoro che
richiede una buona dose di silenzio, non solo interiore, per essere inquadrato.
Begli impasti strumentali, a tratti ci è venuto in mente il trio degli Air, ma
(ovviamente) senza il blues.
Durata da album in vinile per dieci brani, diamo
lestamente un’occhiata al dettaglio.
Apre Hout, con clarinetto. Il protagonista ci pare un
disegno ritmico a gruppetti di due note, poi replicato-echizzato da batteria e
contrabbasso. Lavoro swing "contro" della sezione ritmica. Chiude il
"tema", con chiusa "tagliata".
Anche Oestermes vede quale protagonista il clarinetto.
Ritmica a suonare "contro", ma a tratti pare di cogliere segni e
cellule che vengono passati dal clarinetto alla ritmica. "Tema", e
chiusa tagliata.
Water vede quale protagonista il sax tenore. C’è un tema
che diremmo "jazzistico" con contrabbasso "walking". Una
grammatica forse "braxtoniana" ma dal tono diverso. Un po’ Air, ma
con meno lirismo. Tema, e cesura.
Con i suoi 6′ 14", Steen, per clarinetto, è il brano
più lungo dell’album. Lunga apertura solitaria di piatti e tamburi con
variazioni di tempo e volume, spuntano contrabbasso e clarinetto, quasi con
funzioni di pedale. Di nuovo la batteria, di nuovo il pedale, poi una
chiusa con bellissimi piatti.
Kauw vede un sax tenore quasi sussurrato ben sostenuto dal
contrabbasso e da una percettiva batteria suonata con le spazzole – "gli
Air meno lo swing". La ritmica raddoppia, poi calma.
Karmozijn è l’unico brano dell’album con lo shakuhachi. In
evidenza il soffiato, un’accelerazione del soffio quale grumo tematico.
Contrabbasso con l’arco, colpi secchi e tonanti della batteria.
Il sax tenore torna protagonista in Fanfare, con una
"fanfara" che però si stende lungo il tempo pigro di una ‘Round
Midnight. Rullante con cordiera, e il contrabbasso che poi va in assolo, con
(diremmo) lo spegnimento dei microfoni degli altri strumenti con funzione di
"primo piano". Chiude il bel tema.
Rode Wurger, per clarinetto, ci ha ricordato il
"minimalismo" di un brano come Thelonious. Tema "danzante",
e tamburi grossi con contrabbasso in appoggio. Un bel momento "light"
che potrebbe funzionare egregiamente quale bis in concerto.
Raaf, per sax tenore, ha un’atmosfera "aviaria"
con fischi e sovracuti del tenore. Arpeggi frenetici nella gamma bassa del
sassofono, ci ha ricordato un po’ certe composizioni del Rova Saxophone Quartet
firmate da Jon Raskin. Spunta un percepibile tema su cui entra la ritmica,
assolo con base "swing", chiusa.
Taan ha un clarinetto "sussurrato" con
contrabbasso con l’arco e batteria scura più rullante. Uno svolgimento
"lirico" ma del tipo "astratto".
Beppe Colli
© Beppe Colli 2015
CloudsandClocks.net
| May 5, 2015