Ab Baars/Meinrad Kneer/Bill Elgart
Give No Quarter

(Evil Rabbit Records)

Per una volta cominceremo dalla fine: Give No Quarter è davvero un bell’album. Musica intensa e ricca di fantasia, magistralmente eseguita, registrata con un sapiente mix di "prossimità" e "ambiente" dove sentirsi partecipi di quanto si ascolta non è mai a spese di quella chiarezza sonora che è requisito primo della comprensione.

Registrazione effettuata da Sebastian Demydczuk, che ha anche curato il missaggio insieme a uno dei titolari, Meinrad Kneer. Bella masterizzazione, opera di Rob Elfrink. Il suono – della musica, e dei singoli strumenti –  è ricco e mai stancante, cosa che al giorno d’oggi non è più possibile dare per scontata anche quando si tratta di lavori come questo. A fronte di una coerenza dei risultati invidiabile, la circostanza che le sedute di registrazione sono avvenute in un solo giorno ci dice di un’intesa poco comune.

Fatto curioso per il "genere", diremmo che in almeno un paio di brani si sia fatto uso della sovraincisione (ne daremo conto nel dettaglio). Se un’ora abbondante per tredici brani ci dice di un lavoro di editaggio che impedisce alle situazioni di durare oltre il dovuto, le proporzioni cangianti di strumenti e di singoli componenti – in primis, piatti e tamburi – ci dicono di un missaggio "teleologico".

Di che musica si tratta? Bella domanda. Correndo il pericolo della ipersemplificazione, la diremmo un felice connubio di "Free Jazz" e "Musica Improvvisata", consapevoli di mettere tra le virgolette di "genere" "cose" che altri classificherebbero come "approcci" o "strategie" dotate in ogni caso di una enorme variabilità intracategoriale. Che dire? Facciamo del nostro meglio!

Dei titolari, Ab Baars è senz’altro il più conosciuto, il suo lavoro – in solo, in duo con Ig Henneman, in trio e in quartetto, in più ampi organici e in svariate collaborazioni – non necessitando oggi di alcuna presentazione. Anche se ha registrato molto, e in contesti diversi, diremmo il contrabbassista Meinrad Kneer non ancora un nome noto; chi scrive ne ha parlato qui nelle occasioni che sono parse le più meritevoli tra quanto da noi ascoltato, in primis un bel lavoro in duo condiviso proprio con Ab Baars intitolato Windfall.

Anche se eravamo certi di averlo incontrato una o due volte, il nome di Bill Elgart non ci diceva molto – e qui il contrasto con l’ottima musicalità e l’appropriatezza del suo contributo non poteva non spingerci a una ricerca in Rete. Voilà! Una voce su Wikipedia ci dice di un batterista jazz statunitense emigrato in Europa. Forse esageriamo il peso di una biografia "confirmatoria" dei nostri sospetti, ma leggere di antiche collaborazioni con nomi quali Paul Bley, Marion Brown, Sam Rivers, Roswell Rudd, John Tchicai – e, più avanti, Karl Berger – ci ha confortato.

Se è vero che non di rado, nel corso degli anni, strizzando gli occhi ci è parso di scorgere dietro il sax tenore di Ab Baars la sagoma di Albert Ayler, è con una certa sorpresa che qui e là su quest’album abbiamo creduto di sentire echi colemaniani – ché Ornette Coleman è sempre, implicitamente o esplicitamente, "blues": una qualità che diremmo affiorare solo di tanto in tanto nell’Ab Baars clarinettista, ma non sul tenore. Dopo lunga riflessione, crediamo di aver trovato la chiave nel lavoro di Kneer al contrabbasso suonato con l’arco, che con il suo retroterra indubbiamente classico ci ha rimandato al David Izenzon di lavori colemaniani quali i due volumi di At The Golden Circle. E così, quello che sulle prime avevamo riferito alla miscela sax e archi dell’Albert Ayler di album quali In Greenwich Village ci pare aver trovato una più appropriata collocazione storica di riferimento.

Quel che segue è un dettaglio decisamente sbrigativo. La musica, va da sé, non è delle più semplici, ma non è mai ardua. Non più, comunque, di quanto non lo fossero ai loro tempi quei lavori "Free" che oggi trattiamo come "classici". Al lettore lo sforzo – e la ricompensa.

Anacrusis apre con una frase melodica che passa dal sax tenore al contrabbasso, dal suono deciso. Aria "colemaniana", batteria agile, cassa, piatti, rullante con cordiera, buon uso delle spazzole. Bel ruminare intorno a un centro tonale.

Eurus ha il clarinetto, contrabbasso con l’arco. Batteria a colpi secchi, staccati, su tom e piatti. Passaggi all’unisono che danno "l’illusione" della scrittura. Fasce sonore "tenute" e gioco di contrasti tra il clarinetto "lirico" e il contrabbasso. Chiude su unisono con piatti quasi "gong" e tamburi risonanti.

Give No Quarter è "Free", con sax tenore, contrabbasso con arco e batteria libera. Viene in mente l’Albert Ayler "In Greenwich Village". Scansione cassa, rullante con cordiera, poliritmi, armonici con arco. Bella frase di piatti squillanti sul quasi-finale.

Zephyrus vede l’uso di uno shakuachi lieve, soffiato, accoppiato a percussioni e tamburi "grossi", con contrabbasso essenziale. Bel contrasto tra il legato dello shakuachi, lo staccato delle percussioni e lo slide del contrabbasso.

Late Preamble ha un clarinetto un po’ cameristico, quasi mitchelliano, contrabbasso con arco, sfondo agile di piatti e tamburi grossi. Brano breve e bello.

Song For Our Predecessors è un po’ Art Ensemble. Rullante con cordiera, note lunghe tenute del sax tenore, "graffiare" del contrabbasso con arco, e poi "motivic variations". Un piatto – lo diremmo un "china crash" – a chiudere.

Specific Gravity suona "Ayleriano/Free". Il clarinetto giocato sul registro acuto, il contrabbasso profondo e sonoro in opposizione, la batteria mobile co-protagonista su tamburi e piatti. Bella chiusa a sorpresa della batteria.

Notus ha di nuovo lo shakuachi, il contrabbasso con l’arco a liberare armonici, una scansione del charleston/hi-hat in evidenza ad ancorare il pezzo.

Logical Consistency, con sovracuti del tenore, contrabbasso con arco, un mid-tempo con percussioni sbattute che a un attento esame si rivelano essere una sovraincisione di contrabbasso dove l’arco viene sbattuto sulle corde, in primo piano. Ottimi piatti di varie dimensioni.

Tale Of The Bewildered Bee ha la "vespa" del contrabbasso, punteggiata da rullante e piatti. Note tenute su gamma medio-alta, batteria movimentata sui tamburi, "fissità" melodica del sax. "Ayleriano", a suo modo.

Complementary Progress offre una fresca dimensione melodica di due clarinetti sovraincisi. Contrabbasso grosso, tamburi, i due clarinetti a dialogare, con insolita piega bluesy. Bello!

Fundamental Ambush presenta un sax tenore dall’incedere bluesato, contrabbasso con arco, a fare da pedale, batteria mobile. Ascoltiamo a tratti due contrabbassi? Bella punteggiatura della batteria a echeggiare i gruppetti ta-ta-ta-ta-ta del sassofono.

Boreas presenta un rullante leggero con cordiera suonato con le spazzole, cassa grossa, tamburi con pelli risonanti, spazzole, piatti squillanti a far da cornice allo shakuachi, il contrabbasso con arco fa da pedale. Bel suono delle spazzole sul rullante, un suono "swing" ricontestualizzato. Shakuachi acuto, contrabbasso grosso. Fasce sonore sottili, e una bella conclusione del CD in assolvenza-dissolvenza.

Beppe Colli


© Beppe Colli 2013

CloudsandClocks.net | Dec. 8, 2013